Lanciato dalle Nazioni Unite il “2014 Anno Internazionale dei Piccoli Stati Insulari in via di sviluppo” con lo scopo di sensibilizzare la comunità internazionale sui gravi rischi che corrono le comunità che vivono nei piccoli Stati in mezzo agli oceani, costrette in alcuni casi già ora ad un esodo forzoso per l’innalzamento del livello del mare, che erode coste attraenti ed incontaminate, oltre che culture millenarie.
“Se non facciamo qualcosa alcune delle nostre isole non arriveranno alla fine del secolo”: è stato l’allarme lanciato dal Presidente di Nauru, Baron Divavesi Waqa, nel corso della riunione per il lancio dell’“Anno Internazionale dei Piccoli Stati Insulari in via di sviluppo” (International Year of Small Island Developing States) promosso dalle Nazioni Unite con l’obiettivo di suscitare l’attenzione globale su 39 Stati che per le loro peculiarità, da un lato apportano un contributo inestimabile alla biodiversità e alla bellezza paesaggistica con alcune tra le spiagge più belle del mondo, dall’altro richiedono maggiore tutela perché sono particolarmente vulnerabili agli effetti del global warming.
Con riferimento a questo tema, quest’anno la Giornata Mondiale della Diversità Biologica (22 maggio 2014) verrà dedicata alla biodiversità insulare e, inoltre, è stata anche organizzata la Conferenza Internazionale sui Piccoli Stati insulari in via di sviluppo che si terrà dal 1° al 4 settembre 2014 ad Apia, sull’isola di Samoa.
“I piccoli Stati Insulari in via di sviluppo (SIDS) devono affrontare le sfide dei cambiamenti climatici ed una situazione socio-economica che richiedono l’appoggio della comunità mondiale – ha dichiarato John Ashe, Presidente dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, nonché diplomatico del piccolo Stato antilliano di Antigua e Barbuda – I SIDS presentano problemi in materia di migrazione, energia, salute, risorse umane, nella creazione di lavori e di commerci, con l’impossibilità per le loro piccole imprese di competere nei mercati globali”.
I SIDS sono noti, infatti, per essere particolarmente vulnerabili ai cambiamenti climatici a causa delle loro ridotte dimensioni, delle scarse risorse di base, dell’elevata vulnerabilità ai rischi naturali, della bassa resilienza economica, della limitata capacità tecnologica e umana.
Nel 2007, il Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC) ha stimato che il riscaldamento globale porterà ad un innalzamento del livello del mare da 180 a 590 millimetri nel 2100, mentre la ricerca più recente suggerisce che queste stime potrebbero essere almeno due volte più grandi.
In questo scenario, nazioni come Kiribati, Maldive, Isole Marshall e Tuvalu diventeranno inabitabili, mentre una gran parte della popolazione di molti altri SIDS sarà spostata altrove, come è già accaduto a Samoa o, comunque, subirà significativi impatti, pur avendo contribuito a meno dell’1% alle emissioni globali.
Si avranno impatti negativi anche sull’acqua potabile e sulla produzione agricola a causa dell’intrusione di acqua salata negli acquiferi costieri.
Altri effetti negativi correlati ai cambiamenti climatici includono la distruzione delle infrastrutture a causa di cicloni tropicali sempre più forti, come quelli nel 2004 (Grenada, Haiti e Niue), 2005 (Isole Cook) e il 2008 (Cuba, Fiji e Haiti). Ad esempio, l’uragano Ivan ha danneggiato il 90% del patrimonio immobiliare dell’isola di Grenada, con un danno economico pari al 38% del PIL del Paese.
L’adattamento ai cambiamenti climatici è stato identificato come una priorità assoluta per SIDS. Esso rappresenta anche un importante costo economico, stimato in 187 miliardi dollari US entro il 2080, in uno scenario business-as-usual, affinché le comunità dei Paesi Caraibici possano adattarsi all’innalzamento del livello del mare.
Secondo lo scenario dell’IPCC, anche la pesca sarà indirettamente influenzata dai cambiamenti climatici, per l’innalzamento della temperatura e dell’acidificazione degli oceani che incideranno i sugli ecosistemi delle barriere coralline e delle mangrovie, che costituiscono fonti di cibo e riparo per i pesci.
La pesca ha un notevole peso nell’economia (fino al 12% del PIL) e nella sicurezza alimentare (tra il 50 e il 90% delle proteine di origine animale nella dieta delle comunità costiere) dei SIDS.
Ambrym. La famosa spiaggia di sabbia nera dovuta alla geomorfologia di origine vulcanica dell’isola che fa parte dell’arcipelago melanesiano della Repubblica di Vanuatu, Stato situato nell’oceano Pacifico meridionale ad est dell’Australia, conosciuto in epoca coloniale (durata fino al 1980) con la denominazione di Nuove Ebridi, data dal navigatore ed esploratore James Cook.
La principale fonte di entrate in valuta estera per questi Paesi è il turismo che costituisce il 30% della voce esportazioni, quando la media globale, secondo la Banca Mondiale, è poco più del 5%. I cambiamenti climatici rappresentano una delle sfide più significative per il settore, determinando eventi che potrebbero ridurre notevolmente i flussi turistici, sia per la riduzione delle spiagge erose dall’innalzamento del livello del mare, sia per lo sbiancamento dei coralli che comporterebbe una riduzione di attrattività dei luoghi.
L’industria del turismo, inoltre, è un grande consumatore di energia e la maggior parte dei SIDS ha scarso o nessun accesso alle fonti energetiche moderne e accessibili, con conseguenti prezzi energetici tra i più alti a livello mondiale. In alcuni casi il costo dell’energia elettrica è del 500% più cara di quella pagata negli Stati Uniti, principalmente a causa della dipendenza dai combustibili petroliferi importati.
Un turismo sostenibile presuppone il passaggio a fonti di energia rinnovabile (mareomotrice, geotermico, solare, eolico e biocarburanti), ma la transizione energetica richiede investimenti che i SIDS non sono in grado di sostenere.
“È responsabilità prioritaria di questi Paesi avere una forte leadership e buona governance, nonché di mobilitare risorse nazionali per questi scopi – ha affermato il nepalese Gyan Chandra Acharya che rappresenta ufficialmente i SIDS nel sistema delle Nazioni Unite – Ma nel mondo interconnesso e globalizzato di oggi, non possono fare tutto da soli. Devono avere il sostegno internazionale a causa della loro mancanza di capacità, di istituzioni e, naturalmente, di risorse”.
Per questo il giorno del lancio ufficiale dell’“Anno Internazionale dei Piccoli Stati Insulari in via di sviluppo”, il Segretario delle Nazioni Unite Ban Ki-moon ha twittato l’appello “Il Pianeta Terra è la nostra Isola Condivisa. Uniamo le forze per proteggerla”.