I ricercatori delle Università di Stanford e Berkely lanciano un duro monito ai decisori politici, che si riuniranno alla COP21 di Parigi, per le perdite economiche di una inadeguata azione di contrasto ai cambiamenti climatici.
Una mappa interattiva con le proiezioni Paese per Paese.
Mentre è sempre più evidente che le condizioni climatiche possono avere grandi impatti sul funzionamento delle moderne società umane, non sempre i loro effetti sulle attività economiche sono coerenti, anche per il fatto che gli studi si erano limitati a settori specifici, come la produttività del lavoro o in agricoltura, non già a livello macroeconomico.
Così, ricercatori delle Università californiane di Stanford e Berkeley nel recente studio “Global non-linear effect of temperature on economic production”, pubblicato on line da Nature, hanno cercato di rispondere a due domande:
– Come è stata influenzata dalle variazioni di temperatura e delle precipitazioni la produzione economica in tutto il mondo negli ultimi anni?
– Quali implicazioni hanno queste risposte storiche sui potenziali futuri impatti dei cambiamenti climatici?
Per rispondere alla prima domanda i ricercatori hanno analizzato i cambiamenti di temperatura intervenuti in 166 Paesi per gli anni 1960-2010 e le variazioni della loro produzione economica (misurata in termini di PIL).
Per dare risposta al secondo interrogativo, questi dati storici sono stati incrociati con le previsioni dei futuri cambiamenti climatici tramite i modelli del clima globale.
Dallo studio è emerso che i cambiamenti di temperatura hanno plasmato sostanzialmente la crescita economica sia nei Paesi ricchi che in quelli poveri nel corso dell’ultimo mezzo secolo, ma che il futuro riscaldamento sarà in grado probabilmente di ridurre entro il 2100 del 23% la produttività economica globale, aumentando al contempo le disuguaglianze di reddito globale.
“I dati ci dicono che non ci sono particolari temperature dove la produttività umana è maggiore – ha dichiarato Marshall Burke, Professore di Scienza del Sistema Terra alla Stanford University e principale autore dello studio – Nei Paesi che sono normalmente piuttosto freddi, per lo più i ricchi Paesi nordici, con l’innalzamento delle temperature c’è una crescita economica più rapida, ma solo fino ad un certo punto, dopo del quale la produttività declina rapidamente”.
Quel punto è la temperatura media annua 12,78 °C.
Oltre tale soglia i Paesi ricchi vedranno diminuire la produttività economica, mentre i Paesi più poveri che si collocano tra i tropici subiranno perdite maggiori, dal momento che sono già oltre questo limite.
Due possibili futuri scenari. Questa immagine simula come si vedrebbe dallo spazio la Terra illuminata di notte, stante che i Paesi più ricchi tendono ad essere più brillanti, con il global warming che continua “business-as-usual (a sinistra) e l’immagine che si avrebbe se fossero attuate politiche aggressive nei confronti dei cambiamenti climatici (a destra). Un mondo più caldo dell’attuale determinerà una maggiore disuguaglianza, mentre con le temperature più basse la crescita globale risulta essere più equa (fonte Marshall Burke).
Capire quali costi economici dovranno essere sopportati in seguito ai futuri cambiamenti climatici dovrebbe aiutare i responsabili politici a prendere decisioni adeguate alla prossima COP21 di Parigi per investire oggi nella riduzione delle emissioni.
“La nostra ricerca è importante per la COP21, perché suggerisce che i danni economici potrebbero risultare molto più grandi di quanto siano stati finora stimati – ha aggiunto Burke – Questo presuppone che la politica dovrebbe decidere di spendere molto sulle azioni di mitigazione dei cambiamenti climatici, perché i benefici che ne derivano sono molto più grandi di quanto si sia finora supposto, come altrettanto più gravi di quel che si è creduto sono i costi dell’inazione”.
Il gruppo di ricercatori ha creato, inoltre, una mappa interattiva che mostra le proiezioni al 2100 del PIL Paese per Paese con una concisa spiegazione della metodologia utilizzata.
Il grafico mostra gli impatti dei cambiamenti climatici sul PIL pro capite per l’Italia al 2100, rispetto ad una situazione senza cambiamenti climatici. La linea nera rappresenta la stima che i ricercatori ritengono la più probabile (-26%), mentre le sfumature del rosso sono il grado di incertezza della stima, che è percentualmente indicata con il numero alla destra del grafico, con l’indicazione delle probabilità che le perdite economiche siano dello 0%, del 10%, del 20% e del 50%).