Secondo uno Studio pubblicato su Nature Climate Change con il contributo della Fondazione CMCC, ignorare i segni dei cambiamenti climatici porterà a ondate di calore senza precedenti in Medio Oriente e Nord Africa (MENA), con gravi impatti sulla società.
La regione del Medio Oriente e dell’Africa del Nord (MENA) rappresenta un hot spot dei cambiamenti climatici, poiché le temperature estive stanno aumentando molto più velocemente che nel resto del mondo ed alcune parti sono già tra le località più calde a livello globale. Un nuovo studio internazionale rileva che ignorare i segnali dei cambiamenti climatici e una mancata azione nel ridurre le emissioni di gas serra porterà a ondate di calore estreme e pericolose per la vita nella regione, con gravi impatti sulla popolazione della zona.
Lo Studio “Business-as-usual will lead to super and ultra-extreme heatwaves in the Middle East and North Africa”, pubblicato su Climate and Atmopheric Science, è stato condotto da scienziati del Climate and Atmosphere Research Center (CARE-C) del Cyprus Institute e del Max Planck Institute for Chemistry, con il contributo di ricercatori della Fondazione CMCC (Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici) e di altri istituti di ricerca, principalmente appartenenti alla regione interessata.
“I nostri risultati – spiega George Zittis del Cyprus Institute e principale autore dello Studio –indicano che, in un percorso business-as-usual, soprattutto nella seconda metà di questo secolo emergeranno ondate di calore super ed ultra-estreme, senza precedenti“,
Questi eventi comporteranno temperature eccessivamente elevate fino a 56 °C e superiori negli ambienti urbani e potrebbero durare per più settimane, rappresentando potenziali pericoli per la vita di esseri umani e animali, anche di quelli più tolleranti alle alte temperature come i dromedari. Nella seconda metà del secolo, circa la metà della popolazione del MENA, ovvero circa 600 milioni di persone, potrebbe essere esposta a tali condizioni meteorologiche estreme ricorrenti ogni anno, che influenzeranno la salute, l’agricoltura e la biodiversità.
Il team di ricerca ha utilizzato un multi-model ensemble di proiezioni climatiche, ovvero un insieme di scenari climatici prodotti da modelli con caratteristiche similari ma indipendenti tra loro, primo nel suo genere per quest’area geografica. I ricercatori hanno esaminato le proiezioni in termini di future ondate di calore e le hanno classificate secondo lo Heat Wave Magnitude Index, indice che permette di quantificare l’intensità dei singoli eventi, considerando sia la loro durata che l’anomalia di temperatura.
Studi così dettagliati sul futuro delle ondate di calore in questa regione mancavano.
“La comunità scientifica che si occupa di modellistica climatica regionale è concentrata principalmente in Europa e Nord America – spiega Paola Mercogliano, Direttrice della Divisione REMHI (REgional Model and geo-Hydrological Impacts) alla Fondazione CMCC – C’è ancora poco interesse e ci sono pochi finanziamenti per studiare gli impatti dei cambiamenti climatici nella regione del Mediterraneo e del Nord Africa. Avere uno studio così importante e dettagliato su quest’area, ancora povera di dati e conoscenze scientifiche sui cambiamenti climatici, è per noi un grande successo. Al CMCC, crediamo nell’importanza di far progredire la ricerca scientifica nella regione del Mediterraneo, che è altamente vulnerabile agli impatti dei cambiamenti climatici, e stiamo investendo forze e risorse per fornire a questi paesi i dati per conoscere meglio le caratteristiche del loro clima futuro, con l’intento di supportarli nelle azioni“.

Per evitare di raggiungere tale intensità nelle ondate di calore della regione, gli autori raccomandano misure immediate ed efficaci di mitigazione dei cambiamenti climatici. Si prevede che nei prossimi 50 anni quasi il 90% della popolazione esposta nella regione considerata vivrà in centri urbani che dovranno essere pronti a far fronte a queste condizioni meteorologiche estreme.
“Le ondate di calore sono tra i principali impatti dei cambiamenti climatici che interessano l’area mediterranea, Italia compresa – conclude Edoardo Bucchignani, Ricercatore della Divisione REMHI nella Fondazione CMCC e tra gli autori – Finalmente esiste uno studio valido focalizzato su questa regione, con dati scientifici in grado di supportare e guidare i decisori nel gestire per tempo questi impatti, per proteggere la salute dei cittadini, soprattutto di quelli più vulnerabili. Il nostro investimento in termini di ricerca in questa direzione prosegue, fornendo dati sempre più dettagliati che saranno messi a disposizione dell’intera comunità scientifica, per stimolare ulteriori studi e ricerche sul clima atteso in quest’area nel prossimo secolo”.
Uno Studio precedente, condotto da un altro team internazionale di ricercatori, aveva previsto che nei prossimi 50 anni, da 1,2 a 3,5 miliardi di individui, soprattutto i poveri che non possono permettersi l’aria condizionata, non riusciranno più a vivere nella fascia climatica nella quale sono vissuti per almeno 6.000 anni. A quel punto quella “nicchia” climatica dove attualmente si colloca il 30% della popolazione mondiale sarebbe sottoposta alle stesse condizioni di temperatura di quella che attualmente sopporta meno dell’1% di individui, esponendo 3 miliardi e mezzo di persone a condizioni invivibili, senza tecnologie di raffrescamento, e saranno costrette a migrare verso climi più freschi.
Foto di copertina postata da George Zittis su Twitter