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Sussidi pubblici quadrupli alle fonti fossili rispetto a quelli per le rinnovabili

sussidi alle fonti fossili

Così come la Dichiarazione finale del Summit del G20 contiene la consueta promessa con cui i leader mondiali affermano di voler gradualmente porre fine ai sussidi per i combustibili fossili, altrettanto pervicacemente un gruppo di associazioni ambientaliste, capeggiate da Oil Change International (OCI), Istituto statunitense di ricerca, comunicazione e organizzazione per informare sui veri costi dei combustibili fossili e agevolare la transizione verso l’energia pulita, alla vigilia della annuale riunione che quest’anno si è svolta ad Amburgo (7-8 luglio 2017) presenta un Rapporto in cui si denuncia che alle prese di posizione di principio espresse dai leader mondiali non seguono azioni conseguenti.
Nonostante la scienza disponibile dimostra un’urgente necessità di mantenere la temperatura globale aumenti di 1,5 ° C per evitare gravi danni alle persone ed agli ecosistemi e gli impegni previsti dall’Accordo di Parigi per contrastare i cambiamenti climatici – si legge nel Rapporto “Talk is Cheap: How G20 Governments are Financing Climate Disaster” redatto, oltre che da OCI, da Friends of the Earth USASierra Club WWF european policy office – i Paesi del G20 continuano ad incentivare l’uso dei combustibili fossili fornendo quasi 4 volte più fondi pubblici a questo settore che alle energie rinnovabili“.

Tra il 2013 e il 2015 i Paesi del G20 hanno erogato ogni anno finanziamenti pubblici ai progetti di fonti fossili pari a 71,8 miliardi di dollari (215,3 in tre anni) contro 18,7 per le fonti rinnovabili.
Il Giappone con una media annuale di 16,5 miliardi di dollari detiene il primato per i sussidi pubblici alle fonti fossili (vedi grafico), contro i 2,7 miliardi di dollari l’anno a sostegno dell’energia pulita.
Seguono la Cina con 13,5 miliardi di dollari annui di fondi pubblici per i combustibili fossili rispetto a meno di 85 milioni di dollari ogni anno per le energie rinnovabili, e la Corea del sud con 8,9 miliardi di dollari l’anno, contro i soli 92 milioni di dollari ogni anno per le rinnovabili. Al 4° posto si collocano gli USA con 6 miliardi di dollari annui, rispetto ad 1,3 miliardi all’anno per l’energia pulita, oltre ai finanziamenti ricevuti dalle compagnie petrolifere da parte di altri Paesi del G20.

Poi c’è la Germania che ha dato 3,5 miliardi di dollari annui alle fossili, ma anche 2,4 miliardi alle rinnovabili. Quindi, a seguire nella classifica dei finanziamenti ai combustibili fossili, troviamo il Canada e Brasile, rispettivamente con 3 miliardi di dollari contro solo 171 milioni di dollari l’anno per le rinnovabili, e il Brasile con quai 3 miliardi di dollari ai fossili e poco più di 1 milione alle rinnovabili.

La nostra ricerca dimostra che il G20 non è ancora passato dalle parole ai fatti quando si tratta di transizione verso l’energia pulita – i suoi soldi dove la sua bocca è quando si tratta di una transizione di energia pulita – ha dichiarato Alex Doukas di OCI e co-autore del Rapporto- Se gli altri Governi del G20 vogliono davvero difendere l’Accordo sul clima che Trump ha rifiutato, ed adempiere agli impegni assunti bisogna che smettano di sostenere l’industria dei combustibili fossili obsoleti con denaro pubblico“.

All’8° posto si colloca l’Italia,la cui scheda nazionale è stata curata da Legambiente, che ha destinato 2,1 miliardi annui in 21 progetti di combustibili fossili, anche attraverso finanziamenti dei Servizi Assicurativi del Commercio Estero (SACE) e della Cassa Depositi e Prestiti (CDP2), contro i soli 123 milioni di dollari alle energie pulite.
In particolare l’Italia – si legge sul sito di Legambiente – sebbene nell’ambito della sua presidenza del G7 abbia promosso un’agenda per allineare la finanza bancaria multilaterale di sviluppo con gli obiettivi degli accordi di Parigi, ha dimostrato fino adesso scelte e fatti ben diversi“.
“È ora di dire basta alle ipocrisie e di cancellare i sussidi alle fonti fossili, spostando le risorse verso l’innovazione ambientale e l’efficienza energetica – aveva dichiarato Katiuscia Eroe, Responsabile energia di Legambiente – Al G20 di Amburgo i grandi della terra dimostrino con azioni concrete il loro impegno per il clima a partire dalla eliminazione entro il 2020 di tutti i sussidi alle fonti fossili per fermare la crescita delle emissioni di gas serra e contenere entro i 2°C l’aumento della temperatura globale“.

L’invito è caduto ancora una volta nel vuoto. Nel Comunicato finale del “G20 Hamburg Climate and Energy Action Plan for Growth” si legge:
“[…]

– Riaffermiamo il nostro impegno a razionalizzare e eliminare, a medio termine, i sussidi inefficienti ai combustibili fossili, che incoraggiano lo spreco dei consumi, riconoscendo la necessità di sostenere i poveri, cercheremo di compiere ulteriori progressi per andare avanti in questo impegno.

– Incoraggiamo tutti i membri del G20 che non lo hanno ancora fatto ad avviare una revisione paritetica volontaria sulle sovvenzioni inefficienti ai combustibili fossili che eliminino lo spreco dei consumi non appena possibile.

[…]”

La risposta che le Organizzazioni ambientaliste, ma anche la società civile internazionale, attendevano soffia nel vento” (Blowin’ in the wind).

Sono trascorsi 55 anni da quando Bob Dylan ha scritto quella canzone, al suo autore è stato assegnato il Premio Nobel per la Letteratura, ma si continua ancora a perpretare ingiustizie, in questo caso climatiche, perché i meno responsabili del global warming sono quelli che ne patiscono i più gravi effetti.

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