Il primo studio sulla presenza di micro e nano plastiche nelle placche aterosclerotiche di pazienti sottoposti ad endoarterectomia per stenosi carotidea asintomatica, condotto da ricercatori italiani coordinati dall’Università della Campania “Luigi Vanvitelli” di Napoli, rivela il collegamento con un esito clinico peggiore come infarto e ictus.
La presenza di microplastiche e nanoplastiche nelle placche aterosclerotiche fanno raddoppiare il rischio di infarto, ictus e mortalità.
Lo ha verificato un ampio studio (“Microplastics and Nanoplastics in Atheromas and Cardiovascular Events” di ricercatori italiani coordinati dall’Università della Campania “Luigi Vanvitelli” di Napoli, pubblicato il 7 marzo 2024 sulla rivista The New England Journal of Medicine (NEJM).
Le microplastiche sono state trovate sulle sommità delle montagne come negli abissi degli oceani, come pure le nanoplastiche sono state rintracciate anche nel corpo umano, in diversi organi e tessuti, tra cui placenta, fegato, polmoni e anche nel sangue.
Ora lo studio italiano rivela la loro presenza perfino nelle placche aterosclerotiche, depositi di grasso nelle arterie, pericolose per il cuore, contenenti spesso micro e nano plastiche a base di polietilene (PE, rilevato nel 58.4% dei casi) o polivinilcloruro (o PVC, individuato nel 12.5% dei casi), due dei composti plastici di maggior consumo nel mondo, utilizzati per realizzare prodotti che vanno dai contenitori ai rivestimenti, dalle pellicole plastificate a materiali per l’edilizia
Lo studio fornisce soprattutto prova inedita della loro pericolosità. I dati raccolti mostrano infatti che le placche aterosclerotiche “da inquinamento” sono anche più infiammate della norma, quindi più friabili ed esposte a rischio di rottura con un aumento almeno 2 volte più alto del rischio di infarti, ictus e mortalità rispetto a placche aterosclerotiche che non sono infarcite di plastica.
Ad accompagnare lo studio sul New England Medical Journal, un editoriale definisce la ricerca “una scoperta rivoluzionaria che solleva una serie di domande urgenti: l’esposizione a micro e nano plastiche può essere considerato un nuovo fattore di rischio cardiovascolare? Quali organi oltre al cuore possono essere a rischio? Come possiamo ridurre l’esposizione? – si chiede l’epidemiologo Philip J. Landrigan, Fondatore e Direttore del Global Public Health Program del Boston College e del Global Pollution Observatory all’interno dello Schiller Institute for Integrated Science and Society, che firma l’editoriale –Il primo passo è riconoscere che il basso costo e la convenienza della plastica sono ingannevoli e che, di fatto, nascondono grandi danni, come il contributo della plastica agli esiti associati alla placca aterosclerotica. Dobbiamo incoraggiare i nostri pazienti a ridurre l’uso della plastica, in particolare degli articoli monouso non necessari e sostenere il Trattato Globale sulla Plastica delle Nazioni Unite per rendere obbligatorio un tetto globale alla produzione di plastica. Come per i cambiamenti climatici, anche la risoluzione dei problemi associati alla plastica richiederà una transizione su larga scala dal carbonio fossile”.
Lo studio
L’indagine è stata condotta su 257 pazienti con oltre 65 anni sottoposti a un’endoarterectomia per stenosi carotidea asintomatica, procedura chirurgica durante la quale sono state rimosse placche aterosclerotiche che poi sono state analizzate con il microscopio elettronico così da rilevare l’eventuale presenza di micro e nano plastiche, ovvero particelle plastiche con un diametro rispettivamente inferiore a 5 millimetri o a 1 micron (0,001 millimetri).
“L’analisi ha dimostrato la presenza di particelle di PE a livelli misurabili (circa 20 microgrammi per milligrammo di placca) nel 58.4% dei pazienti e di particelle di PVC (in media 5 microgrammi per milligrammo di placca) nel 12.5% – ha dichiarato Giuseppe Paolisso, Coordinatore dello studio e Ordinario di Medicina Interna dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli” – soprattutto, tutti i partecipanti sono stati seguiti per circa 34 mesi e si è osservato che in coloro che avevano placche ‘inquinate’ dalle plastiche il rischio di infarti, ictus o di mortalità per tutte le cause era almeno raddoppiato rispetto a chi non aveva placche aterosclerotiche contenenti micro e nano plastiche, indipendentemente da altri fattori di rischio cardio-cerebrovascolari come età, sesso, fumo, indice di massa corporea, valori di colesterolo, pressione e glicemia o precedenti eventi cardiovascolari. I dati mostrano inoltre un incremento locale significativo di marcatori dell’infiammazione in presenza delle micro- e nanoplastiche”.

Il meccanismo dei danni creati al cuore dalla plastica
“L’effetto pro-infiammatorio potrebbe essere uno dei motivi per cui le micro e nano plastiche comportano una maggiore instabilità delle placche e quindi un maggior rischio che si rompano, dando luogo a trombi e provocando così infarti o ictus – ha spiegato Raffaele Marfella, ideatore dello studio e Ordinario di Medicina Interna dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli” – Dati raccolti in vitro e negli animali da esperimento hanno già mostrato che le micro- e nanoplastiche possono promuovere lo stress ossidativo e l’infiammazione nelle cellule dell’endotelio che ricopre i vasi sanguigni, ma anche che possono alterare il ritmo cardiaco e contribuire allo sviluppo di fibrosi e alterazioni della funzionalità del cuore: questi risultati mostrano per la prima volta nell’uomo una correlazione fra la presenza di micro- e nanoplastiche e un maggior rischio cardiovascolare”.
La diffusione delle plastiche
Il PE è una delle plastiche più utilizzate al mondo, tanto da costituire il 40% del volume totale della produzione mondiale di materie plastiche; leggero e resistente a urti e corrosione, è usato ampiamente per realizzare contenitori, oggetti, rivestimenti. Il PVC è altrettanto diffuso ed è una delle materie plastiche più versatili, perché può essere modellato e stampato a caldo, ma anche sciolto per spalmare tessuti e superfici; si trova in innumerevoli prodotti, dai rivestimenti alle pellicole, dai tubi fino ai dischi in vinile. Entrambi possono dare origine a microscopiche particelle plastiche che si riversano nell’ambiente e possono poi essere assorbite.
Stando al Future Brief (un servizio della Direzione generale Ambiente della Commissione UE che fornisce previsioni degli esperti di politiche ambientali su questioni che cominciano a delinearsi all’orizzonte), in media un adulto inala o ingerisce dalle 39.000 alle 52.000 particelle plastiche all’anno, pari a 5 grammi di plastica alla settimana, l’equivalente di una carta di credito.
“L’aumento esponenziale della produzione è la causa principale del peggioramento dei danni da plastica – si legge nell’editoriale -. In tutto il mondo, la produzione annuale è cresciuta da meno di 2 milioni di tonnellate nel 1950 a circa 400 milioni di tonnellate a oggi. Si prevede che questa produzione raddoppierà entro il 2040 e triplicherà entro il 2060”.
Cosa resta ancora da chiarire
“Il nostro studio non ha indagato l’origine delle micro e nano plastiche rilevate nelle placche aterosclerotiche: considerata l’ampia diffusione di PE e PVC, attribuirne la fonte di provenienza nell’uomo è pressoché impossibile – ha precisato il Prof. Antonio Ceriello dell’IRCSS Multimedica di Milano – Sono soprattutto le particelle plastiche più piccole, le nanoplastiche, a poter penetrare in profondità nei tessuti, ma numerosi studi ne hanno rinvenute anche di dimensioni maggiori e in quantità rilevabili in molti organi umani: si sono trovate particelle con un diametro fino a 10 micron nella placenta, fino a 15 micron nel latte materno e nelle urine, fino a 30 micron nel fegato, fino a 88 micron nei polmoni, con un diametro superiore a 0,7 micron nel sangue. Sebbene i nostri dati non stabiliscano un rapporto di causa-effetto, tuttavia suggeriscono che le micro e nano plastiche potrebbero costituire un nuovo, importante fattore di rischio cardiovascolare di cui tenere conto”.
Lo Studio sta suscitando grande interesse della comunità scientifica ed ha avuto recensioni, come quella su Nature o articoli sui maggiori quotidiani e televisioni. Personalità del mondo della sanità e della scienza medica hanno postato le loro apprensioni per i risultati e gli apprezzamenti per la qualità della ricerca, tra cui la Direttrice del Dipartimento di salute pubblica, ambiente e determinanti sociali della salute dell’OMS Maria Neira e la Vice-presidente della British Society of Lifestyle Medicine, Ellen Fallows.
“La qualità di questo studio – ha osservato il Rettore dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”, Prof. Gianfranco Nicoletti– dimostra ancora una volta quanto sia cresciuta la nostra Università in questi anni e che grandi potenzialit