Economia e finanza Società

Mercati finanziari: premiano le imprese virtuose

L’analisi dell’Osservatorio Climate Finance della School of Management del POLIMI, presentata in occasione dell’annuale evento dedicato, evidenzia come i mercati finanziari e i consumatori premino le società che adottano strategie di sostenibilità e penalizzano quelle che non lo fanno.

Il mercato premia le pratiche virtuose e penalizza fino al -5,6% del valore le imprese colpevoli di danni ambientali.

È quanto emerge dall’analisi dell’Osservatorio Climate Finance della School of Management del Politecnico di Milano, presentata il 14 luglio 2022 durante l’annuale evento dedicato, nel corso del quale sono state esaminate le esperienze degli operatori finanziari, le novità normative e le strategie che sono state sviluppate in risposta al climate change.

L’impatto del climate change sui mercati sta diventando sempre più rilevante per i regolatori e gli operatori di settore. Al fine di indirizzare investimenti e finanziamenti a sostegno della transizione climatica gli operatori di mercato dovranno dotarsi di strumenti avanzati per la valutazione dei rischi e delle opportunità associate. La sfida climatica richiede agli stessi di investire per aumentare la propria resilienza alla luce del rapido cambiamento climatico già in essere.

In particolare, l’Osservatorio ha analizzato come il mercato abbia reagito all’aumento del prezzo dei Certificati di emissione di anidride carbonica (Certificati EU-ETS), il meccanismo che incentiva la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili imponendo un costo – l’acquisto di certificati da chi produce energia pulita in eccesso – a chi viceversa utilizza fonti più inquinanti, come carbone e gas.

Con crescente evidenza – si legge nella nota stampa – il mercato tende a premiare le società che adottano pratiche virtuose e a penalizzare quelle che non lo fanno, sia a livello di prezzo delle azioni che di valore stesso dell’impresa, che può ridursi anche del 5,6% nel caso di imprese con una buona reputazione che incorrono in danni ambientali.

Considerando quasi 12.000 impianti di generazione di energia elettrica in Europa, relativi a imprese quotate e sottoposte a questa politica di scambio di emissioni (policy ETS) – ha spiegato Vincenzo Butticè, Vicedirettore dell’Osservatorio – si nota una forte correlazione tra il prezzo dei Certificati ETS e il rendimento di mercato, in base alla carbon intensity della società: solo quelle che hanno un’impronta carbonica limitata, e dunque hanno investito in tecnologie verdi, beneficiano dell’aumento dei prezzi dei Certificati ETS; al contrario, chi inquina è fortemente penalizzato”.

Qual è invece la reazione dei consumatori nei confronti di aziende che provocano danni ambientali?

Per rispondere a questa domanda, sono state analizzate, tra Italia, Francia, Regno Unito e Germania, 700 società quotate che nel periodo 2020-21 hanno presentato dati sul rischio reputazionale.

Quello che si evince – ha proseguito Butticè – è che la riduzione di una ‘tacca’ nel rating reputazionale può comportare una riduzione del valore dell’impresa fino a -5,6%: le imprese virtuose, nel momento in cui si rendono responsabili di un incidente che comporta danni ambientali, vengono penalizzate dal mercato in maniera più consistente rispetto a quelle che non lo sono”.

Consumatori e portatori di interesse possono quindi influenzare molto le scelte aziendali, ad esempio per quanto riguarda la re-internazionalizzazione di multinazionali che abbiano esternalizzato le attività produttive contando su minori costi di gestione e su politiche ambientali più permissive.

La spinta alla mitigazione del cambiamento climatico influenza le strategie di reshoring e la composizione delle catene del valore globali – ha sottolineato Roberto Bianchini, Direttore dell’Osservatorio – Abbiamo analizzato 126 multinazionali nel settore manifatturiero che avevano spostato le attività produttive all’estero. Ebbene, quelle che pubblicano un report di sostenibilità e sono originarie di Stati con politiche ambientali stringenti, e che dunque sono sottoposte al giudizio di stakeholders molto attenti al tema della sostenibilità, hanno una probabilità di rientrare nel Paese d’origine del 64% contro l’1,5% di media”.

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