Cambiamenti climatici Energia Fonti fossili Fonti rinnovabili

Ambientalista e fautore del nucleare è un ossimoro?

James Hansen

James Hansen ed altri scienziati ed economisti di fama mondiale in un recente Studio sottolineano che per stabilizzare il sistema climatico ed evitare che le giovani generazioni vivano in un ambiente incontrollabile, bisogna far ricorso, oltre che alle rinnovabili, soprattutto al nucleare i cui rischi sarebbero inferiori a quelli indotti dall’aumento continuo del consumo di fonti fossili.

La Rivista statunitense PLoS, una peer reviewed internazionale di studi scientifici, sta avviando una raccolta di articoli dedicati a “Rispondere ai cambiamenti climatici”, con l’obiettivo di raccogliere i contributi per ricondurre la Terra a uno stato di equilibrio energetico.

Il progetto è stato avviato con la pubblicazione di uno Studio condotto da un gruppo di ricercatori e scienziati, coordinati dal celebre climatologo della NASA James Hansen, una icona degli ambientalisti per essere stato il primo scienziato fin dal 1988 a denunciare i rischi del global warming e a protestare pubblicamente nel corso degli anni contro l’uso dei combustibili fossili, tanto da essere arrestato più volte durante manifestazioni di fronte alla Casa Bianca, per ultima quella contro l’oleodotto XL Keystone che dal Canada dovrebbe portare il petrolio da scisti bituminosi alle raffinerie texane sul golfo del Messico.

Lo Studio “Assessing ‘Dangerous Climate Change’: Required Reduction of Carbon Emissions to Protect Young People, Future Generations and Nature”  sottolinea che limitare la temperatura globale entro i +2 °C alla fine del secolo, come convenuto dai Governi nell’Accordo di Copenhagen (2009), nel corso della COP 15 dell’UNFCCC, non mette l’umanità al riparo da eventi climatici estremi.

Pur avendo registrato finora solo un aumento di meno di 1 °C, denunciano gli studiosi, tra i quali ci sono economisti come Jeffrey Sachs (il suo ultimo best-seller è stato tradotto in Italia con il titolo “Il prezzo della civiltà. La crisi del capitalismo e la nuova strada verso la prosperità”), il ghiaccio artico si sta già sciogliendo a un ritmo più veloce di quanto previsto, gli oceani si stanno acidificando e le ondate di calore e di siccità si stanno intensificando, come attesta il recente primo Summary dell’A5R dell’IPCC

Secondo gli studiosi, l’asticella a + 2 °C è troppo alta, comportando il raggiungimento in soli 30 anni del limite di 1.000 Gigatoni di CO2 (1 GTC corrisponde ad un miliardo di m3 di carbonio), tetto oltre il quale la Terra si avvierebbe verso un’inarrestabile catastrofe ambientale.

Non si tiene adeguatamente conto, si afferma nello Studio, dell’effetto cumulativo delle emissioni di CO2 da combustibili fossili, la maggior parte delle quali rimarranno nel sistema climatico per 100.000 anni. 

A tutt’oggi le fonti fossili rappresentano l’85% della produzione energetica mondiale e il fabbisogno in continua ascesa di energia di Paesi come la Cina e l’India sta comportando un aumento nell’uso di tali fonti, indicato in ascesa anche dagli ultimi rapporti dell’Agenzia Internazionale dell’Energia.

L’urgenza di mettere un freno alla rapida crescita delle emissioni necessita di uno straordinario cambio dei sistemi energetici e di una cooperazione internazionale, per cui le maggiori potenze di oggi, rendendosi conto che stanno sulla stessa barca, debbono remare insieme per non affogare. 

In un tale momento, quando sarebbe necessaria una vera leadearship – si legge – vale la pena rammentare nel 50° anniversario della morte, le parole pronunciate da John F. Kennedy: Nessuno dei problemi legati al destino umano è al di là degli esseri umani. Spesso la ragione e lo spirito dell’uomo sono riusciti a risolvere ciò che in apparenza era irrisolvibile e noi siamo certi che ciò possa accadere di nuovo”.

Fossil fuel CO2 emissions and carbon content (1 ppm atmospheric CO2 ~ 2.12 GtC).
Estimates of reserves (profitable to extract at current prices) and resources (potentially recoverable with advanced technology and/or at higher prices) are the mean of estimates of Energy Information Administration (EIA) [7], German Advisory Council (GAC) [8], and Global Energy Assessment (GEA) [9]. GEA [9] suggests the possibility of >15,000 GtC unconventional gas. Error estimates (vertical lines) are from GEA and probably underestimate the total uncertainty. We convert energy content to carbon content using emission factors of Table 4.2 of [15] for coal, gas and conventional oil, and, also following [15], emission factor of unconventional oil is approximated as being the same as for coal. Total emissions through 2012, including gas flaring and cement manufacture, are 384 GtC; fossil fuel emissions alone are ~370 GtC.
Fonte Assessing “Dangerous Climate Change”: Required Reduction of Carbon Emissions to Protect Young People, Future Generations and Nature 
James Hansen, Pushker Kharecha, Makiko Sato, Valerie Masson-Delmotte, Frank Ackerman David…


Per stabilizzare il clima e ripristinare l’equilibrio energetico della biosfera a 350 ppm entro il 2100, non possono essere superati i 100 GTC. Un tale scenario, oltre alla graduale riduzione dei combustibili fossili, compresi quelli non convenzionali (da sabbie bituminose e scisti), presuppone politiche globali di massiccia implementazione delle energie rinnovabili (3a e 4a generazione), anche al fine di trarre fuori dalla povertà miliardi di persone, condizione questa che permetterebbe tassi di natalità più bassi ed un limitato aumento della popolazione mondiale.

Ma tali fonti di energia non possono offrire velocemente energia di scala a basso costo ed affidabile, quale l’economia globale richiede, per cui una necessaria rapida riduzione delle emissioni richiede un impiego del nucleare, la cui tecnologia negli ultimi decenni è avanzata in modo significativo tanto che i reattori di terza generazione incorporano una maggiore sicurezza di esercizio, tra cui lo spegnimento automatico in caso di anomalie e la capacità di raffreddare il combustibile nucleare senza alimentazione esterna.
Ogni fonte di energia ha costi ambientali ed economici, e questi devono essere soppesati e considerati dalle popolazioni locali, ma data l’enorme sfida di stabilizzare il clima non è opportuno eliminare a priori alcune opzioni e “gli ambientalisti devono riconoscere che i tentativi di forzare sulle politiche per le rinnovabili dappertutto servirà solo a garantire che i combustibili fossili continueranno a dominare ancora per la produzione di energia elettrica, rendendo improbabile che possa esserci energia abbondante a prezzi accessibili e che i combustibili fossili possano essere eliminati”.

Questa parte dello Studio ricalca le posizioni espresse da Hansen e da altri 3 massimi esperti di questioni climatiche ed energetiche (Kenneth CalderaKerry Emanuel e Tom Wigley) che in una lettera aperta, indirizzata nel mese scorso alle organizzazioni ambientaliste, chiedevano di riconsiderare le loro posizioni sul nucleare: “Analisi quantitative indicano che i rischi connessi con l’uso esteso dell’energia nucleare sono di gran lunga inferiori rispetto a quelli connessi con i combustibili fossili. Nessun sistema energetico è senza inconvenienti. Chiediamo solo che le decisioni sul sistema energetico si basino sui fatti e che emozioni e pregiudizi non si applichino alla tecnologia nucleare del 21° secolo”.

In copertina: James Hansen alla conferenza “Energy Crossroads” tenutasi in Danimarca il 12 marzo 2009

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