Dal “1° Rapporto” del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente” si evidenzia che l’inquinamento acustico, nonostante sia uno dei principali problemi ambientali, non riesce ancora a trovare sul territorio l’adeguata implementazione delle normative.
In occasione della presentazione in un unico evento dell’ “Annuario dei Dati Ambientali” dell’ISPRA e del “Rapporto Ambiente” del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA), pur avendo offerto un quadro sintetico dei due Rapporti, non era possibile dare un’informazione completa delle tematiche affrontate.
Tuttavia, dal momento che “I report rappresentano un efficace mezzo di conoscenza delle condizioni ambientali in Italia per decisori politici e istituzionali, per scienziati, per tecnici e per cittadini, dal quale attingere tanto informazioni quanto suggerimenti per promuovere una visione olistica e una corretta analisi anche delle cause sistemiche dei fenomeni”, come giustamente sottolinea neIla Prefazione, il Presidente ISPRA e SNPA Stefano Laporta, approfondiamo ora una tematica affrontata dal Rapporto di SNPA e sulla quale non avevamo offerto adeguata informazione, pur avendo una notevole incidenza ambientale: Inquinamento acustico, curato da Cristina Frizza e Francesca Sacchetti dell’ISPRA, all’interno del Cap. 7 (“Rumore, Campi elettromagnetici, Radiazioni ionizzanti”).
L’ inquinamento acustico costituisce uno dei principali problemi ambientali, soprattutto negli agglomerati urbani dove si concentrano le principali sorgenti di rumore (traffico stradale, ferroviario e aeroportuale) , ed è, dopo l’inquinamento atmosferico, è la seconda causa di decessi prematuri nell’UE.
Nello studio “Burden of disease from environmental noise“, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha stimato che in Europa quotidianamente a causa del rumore ambientale vengano persi 61mila anni per cardiopatia ischemica, 45mila anni per difficoltà cognitive dei bambini, 903mila anni per disturbi del sonno, 22mila anni per acufene (ronzio o fischio che si sente nell’orecchio per infiammazione del nervo acustico) e 654mila anni per fastidi. Da questi numeri, secondo l’OMS stima che almeno un milione di anni di vita sana siano persi ogni anno, soprattutto per il rumore legato al traffico stradale, raccomandando il rispetto delle soglie di esposizione, fissate a 65 decibel (dB) durante il giorno e a 55 per la notte.
L’UE nel 7° Programma di Azione Ambientale (2014-2020), ha fissato livelli limite di inquinamento acustico ancora più restrittivi: 55 dB di giorno e 50 dB di notte.
Nell’ultimo aggiornamento sull’esposizione al rumore dei cittadini europei, l’Agenzia Europea dell’Ambiente AEA stima che siano circa 100 milioni i cittadini esposti a rumore del traffico stradale superiore a 55 dB, di questi 32 milioni sono esposti a livelli di rumore molto elevati (superiori a 65 dB). Nell’occasione sono state fornite le schede nazionali di 26 Paesi, ma quella dell’Italia non c’era.
Gli ultimi dati disponibili in merito sono quelli dell’ultima rilevazione di Eurostat, riferita al 2016, secondo cui il 16,2% degli Italiani afferma di soffrire per il rumore causato dalle abitazioni vicine o dalla strada.
Secondo la Commissione UE che ha adottato lo scorso gennaio un parere motivato nei confronti del nostro Paese, l’Italia è inadempiente rispetto alle disposizioni della Direttiva 2002/49/CErelativa alla determinazione e alla gestione del rumore ambientale, che prevede che gli Stati membri adottino mappe acustiche che rappresentino l’esposizione al rumore nei maggiori agglomerati, lungo gli assi stradali e ferroviari principali e in prossimità degli aeroporti più importanti, che costituiscono la base per definire misure antirumore nei piani di azione.
In riferimento a questo tema, il Rapporto Ambientale del SNPA, osserva che l’attenzione da parte dei cittadini e la richiesta di tutela personale e dell’ambiente sono elevate: nel 2016 il 93,1% dei controlli effettuati da ARPA/APPA sono stati svolti a seguito di esposti della cittadinanza e nel 40,6% di sorgenti controllate sono stati riscontrati superamenti dei limiti normativi, “evidenziando un problema di inquinamento acustico ancora significativo”.
Analizzando le attività di controllo del rispetto dei limiti normativi svolte dalle ARPA/APPA, nel 2016, risultano 2.736 le sorgenti controllate con misurazioni, distinte in attività (produttive, servizio e/o commerciali, temporanee) e infrastrutture di trasporto (stradali, ferroviarie, aeroportuali e portuali), con un’incidenza di 4,6 sorgenti controllate ogni 100.000 abitanti. per competizioni motoristiche, discoteche, macchine e attrezzature destinate a funzionare all’aperto che generano impatti significativi ecc.
Le sorgenti maggiormente controllate risultano le attività di servizio e/o commerciali (56,6%), seguite dalle attività produttive (29,6%). Tra le infrastrutture di trasporto, che rappresentano il 7,7% delle sorgenti controllate, le infrastrutture stradali rimangono le sorgenti più controllate (5,6% sul totale delle sorgenti controllate). Nel 2016 le attività di servizio e/o commerciali, oltre ad essere le sorgenti più controllate, sono anche quelle in cui si riscontra il maggior numero di superamenti sui controlli effettuati, pari al 44,8%, seguono le infrastrutture stradali (37,9 %) e le attività produttive (36,9%).
Ad oggi, si evince che solo il 59% dei comuni ha approvato un piano di classificazione acustica, principale strumento di pianificazione e gestione sul territorio dell’inquinamento acustico, con differenze notevoli su scala regionale. Eppure, la Legge quadro sull’inquinamento acustico che prevedeva l’obbligo di redigere valutazioni di impatto acustico e di clima acustico per determinate tipologie di opere, risale al 1995.
“Ancora più critica – sottolinea il Rapporto – è la situazione relativa all’approvazione del Piano di risanamento acustico comunale che rappresenta l’atto conseguente alla classificazione acustica comunale”.
Previsto dal D.lgs n. 195/2005 di recepimento della Direttiva 2002/49/CE, il Piano di risanamento acustico comunale è lo strumento fondamentale di gestione e risoluzione delle problematiche di inquinamento acustico sul territorio. “Ad oggi questo strumento di pianificazione risulta scarsamente utilizzato sull’intero territorio nazionale – si legge nel Rapporto – dai dati disponibili, solo 62 comuni dei 4.688 dotati di classificazione acustica hanno approvato il Piano di risanamento, confermando negli anni una percentuale di poco superiore all’1%, ovvero una situazione di stasi generale delle politiche di risanamento acustico in ambito comunale”.
Se è vero, come concludono le ricercatrici dell’ISPRA, che “l’entrata in vigore del D.Lgs. 42/2017 rappresenta un passo importante e l’avvio di un riesame più generale della materia”, non c’è dubbio che il nostro Paese ha sempre bisogno di avere il fiato sul collo della Commissione UE, come avvenuto in occasione appunto del D.lgs n. 42/2017 che, come riportato dalla nota del Consiglio dei Ministri che l’ha approvato, si è posto l’obiettivo di ridurre le procedure di infrazione comunitaria aperte nei confronti dell’Italia in materia di rumore ambientale. Obiettivo,tuttavia, che non è scongiurato come abbiamo sopra indicato.