Clima

Indicatori clima: il 2019 è stato il 3° anno più caldo dal 1961

L’ISPRA ha diffuso il Rapporto “Indicatori del clima in Italia 2019” che costituisce un’ulteriore conferma che l’emergenza climatica è altrettanto urgente di quella del contenimento della pandemia di Covid-19, con conseguenze socio-economiche altrettanto rilevanti.

È online il RapportoGli indicatori del clima in Italia nel 2019” dell’ISPRA (Istituto Superiore per Protezione e la Ricerca Ambientale), giunto alla XV edizione, che illustra l’andamento del clima nel corso del 2019 e aggiorna la stima delle variazioni climatiche negli ultimi decenni in Italia.

Il Rapporto si basa in gran parte su dati, indici e indicatori climatici derivati dal Sistema nazionale per la raccolta, l’elaborazione e la diffusione dei dati Climatologici di Interesse Ambientale (SCIA), realizzato dall’ISPRA in collaborazione e con i dati degli organismi titolari delle principali reti osservative presenti sul territorio nazionale. Le informazioni di sintesi sono poi trasmesse all’Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO), contribuendo a comporre il quadro conoscitivo sullo stato del clima a scala globale.

Anche se l’emergenza socio-sanitaria indotta dalla pandemia di Covid-19 è attualmente in cima all’Agenda politica, il Rapporto costituisce un’ulteriore conferma che l’emergenza climatica è altrettanto urgente, con conseguenze socio-economiche altrettanto rilevanti.

Temperatura
A scala globale il 2019 è stato il secondo anno più caldo della serie storica dopo il 2016. In Italia, con un’anomalia media di +1.56 °C rispetto al valore climatologico di riferimento 1961-1990, il 2019 è stato il 3° anno più caldo dal 1961, dopo il 2018 e il 2015. Ad eccezione di gennaio e maggio, tutti i mesi dell’anno sono stati nettamente più caldi della norma, con punte di anomalia positiva nel mese di giugno: +4.25 °C al Nord; +4.0 °C al Centro; +3.27 °C al Sud e Isole. Il 2019 è stato il 23° anno consecutivo con anomalia positiva rispetto alla norma; otto dei dieci anni più caldi della serie storica sono stati registrati dal 2011 in poi, con anomalie comprese tra +1.26 e +1.71 °C. L’anomalia della temperatura massima è stata più elevata di quella della temperatura minima; il 2019 si colloca, insieme al 2017, al 2° posto della serie di temperatura massima dopo il 2015 e al quarto posto della serie di temperatura minima. Su base stagionale, l’autunno (+1.77 °C) e l’estate (+2.88 °C) si collocano al 3° posto tra le più calde delle rispettive serie storiche; l’inverno e la primavera, invece, hanno registrato anomalie positive di temperatura più contenute. Tale andamento è analogo a quello della temperatura superficiale dei mari italiani. Il 2019, che si colloca al 7° posto dell’intera serie storica (+0.83 °C), ha registrato un’anomalia positiva in tutti i mesi dell’anno ad eccezione di gennaio e maggio; le anomalie più marcate sono state registrate in estate e in autunno, con un picco nel mese di luglio (+1.9 °C).
La stima aggiornata del rateo di variazione della temperatura media dal 1981 al 2019 è di +0.38 ± 0.05 °C /10 anni. Il rateo di variazione della temperatura massima (+0.42 ± 0.06 °C / 10 anni) è maggiore di quello della temperatura minima (+0.34 ± 0.04 °C / 10 anni). Su base stagionale i trend di aumento della temperatura più forti si registrano in estate e in primavera (rispettivamente +0.52 ± 0.10°C / 10 anni e +0.44 ± 0.10 °C / 10 anni).
Per quanto riguarda gli indici di estremi di temperatura, il 2019 è stato il 24° anno consecutivo con indice dei “periodi caldi” (WSDI) superiori alla norma e si colloca al 6° posto, insieme al 2017, tra gli anni con indice WSDI più elevato.
Sia per il numero medio di notti tropicali che per quello dei giorni estivi, il 2019 è stato il 23° anno consecutivo con anomalie positive rispetto alla media climatologica. Per il numero medio di notti tropicali, il 2019 si colloca al 2° posto della serie storica dal 1961, dopo il 2003.
Tra gli altri indici, si conferma che le notti e i giorni freddi mostrano una chiara tendenza a diminuire, mentre i giorni e le notti calde mostrano una chiara tendenza ad aumentare; il 2019 ha fatto registrare il 4° valore più alto di notti calde (TN90p), il 5° valore più basso di notti fredde (TN10p), l’8° valore più basso di giorni freddi (TX10p) e il 4° valore più alto di giorni caldi (TX90p). Negli ultimi 35 anni le notti e i giorni freddi sono stati quasi sempre inferiori alla media climatologica e le notti e i giorni caldi sono stati quasi sempre superiori alla media climatologica.

Precipitazione
Con un’anomalia di precipitazione cumulata media in Italia di +12% circa, il 2019 si colloca all’11° posto tra gli anni più piovosi della serie dal 1961. Le precipitazioni sono state superiori alla norma soprattutto al Nord, dove l’anomalia annuale del 2019 (+21%) risulta essere la 5a più elevata di tutta la serie.
Nel corso dell’anno mesi molto piovosi si sono alternati ad altri più secchi. Maggio, luglio e soprattutto novembre sono stati caratterizzati da piogge abbondanti, estese a tutto il territorio nazionale, mentre a marzo e giugno, le piogge sono state scarse in tutte le regioni. Al Nord il mese relativamente più piovoso è stato novembre, con un picco di anomalia positiva di + 200%, seguito da dicembre (+77%) e maggio (+75%); al Centro e al Sud i mesi relativamente più piovosi sono stati maggio (rispettivamente +142% e +122%), novembre e luglio. I mesi più secchi rispetto alla norma sono stati giugno (soprattutto al Centro, anomalia di -86%) seguito da marzo (soprattutto al Centro e al Nord, anomalia rispettivamente – 76% e -72%), febbraio, gennaio limitatamente al Nord ed al Centro, ed agosto. Su base annuale le anomalie positive di precipitazione sono state particolarmente elevate (fino a +130% circa) sull’arco alpino centro-occidentale e sulle Prealpi orientali, sulla Liguria e sulla parte centro-settentrionale dell’Appennino tosco-emiliano. Le precipitazioni sono state invece inferiori alla norma (fino a -40% circa) su Sardegna orientale e alcune aree del Sud (tra cui Campania, aree di confine tra Basilicata e Calabria) e leggermente inferiori alla norma su alcune aree del Centro e del Sud (tra cui aree occidentali di Marche, Umbria ed Abruzzo, gran parte del Molise e Puglia settentrionale) e della Sicilia.
Riguardo ai valori medi stagionali, l’autunno (anomalia media +47%) e la primavera (+19%) sono state stagioni più piovose della norma e si collocano rispettivamente al 6° e al 7° posto tra le più piovose dell’intera serie dal 1961. Stagioni mediamente più secche della norma sono state invece l’inverno (-37%), che si colloca al 7° posto tra le meno piovose della serie, e l’estate.
Dall’analisi statistica dei trend della precipitazione cumulata annuale e stagionale nel periodo 1961- 2019 non emergono tendenze statisticamente significative.
Anche nel 2019 non sono mancati eventi di precipitazione intensa, di breve, media e lunga durata. I valori più elevati di precipitazione giornaliera sono stati registrati il 21 ottobre in Liguria e Piemonte, nelle province di Genova e Alessandria, dove sono state registrate precipitazioni cumulate nelle 24 ore comprese fra 400 e 500 mm, con un massimo di 502 mm a Campo Ligure (GE). Il 25 ottobre in Sicilia sono stati registrati 249 mm di precipitazione a Ispica (RG, rete SIAS). Altre aree che hanno registrato precipitazioni giornaliere intense sono la parte settentrionale del Veneto e buona parte del Friuli Venezia Giulia, dove sono stati superati localmente i 200 mm di precipitazione.

Riguardo agli indici climatici rappresentativi delle condizioni di siccità, i valori più elevati del numero di giorni asciutti nel 2019 si registrano a Catania (318 giorni); valori elevati si registrano anche in Pianura Padana, sulla Liguria di Levante, sulla costa toscana e del Lazio settentrionale, sulle coste adriatica, ionica e su gran parte di Sicilia e Sardegna.
Un altro indice di siccità è il numero massimo di giorni consecutivi nell’anno con precipitazione giornaliera inferiore o uguale a 1 mm. I valori più alti si registrano nella parte meridionale della Sardegna e della Sicilia (fino a 97 giorni secchi consecutivi). I valori più bassi si registrano sulla dorsale appenninica e su Alpi e Prealpi (fino a 15 giorni).
Per quanto riguarda le tendenze nel medio e lungo periodo degli indici rappresentativi della frequenza, dell’intensità e dei valori estremi di precipitazione non emergono segnali evidenti di variazioni significative, sulla base delle stazioni disponibili. Si può tuttavia segnalare che il 2019 ha registrato anomalie positive di tutti gli indici al Nord e al Centro, a conferma di un anno caratterizzato da diversi eventi di precipitazione intensa.

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