Biodiversità e conservazione

Finanza per la Natura: triplicare gli investimenti per affrontare le crisi

Il Rapporto sullo Stato della Finanza per la Natura, pubblicato da UNEP, WEF e ELD Initiative, sottolinea che se si vuole affrontare con successo le crisi correlate a clima, biodiversità e degrado del suolo, gli investimenti in soluzioni basate sulla natura dovranno essere equivalenti a 536 miliardi di dollari all’anno, contro gli attuali 133 miliardi.

Se il mondo vuole raggiungere gli obiettivi climatici, di biodiversità e degrado del suolo deve colmare un deficit di finanziamento di 4,1 trilioni di dollari in natura entro il 2050, mentre gli attuali investimenti in soluzioni nature based ammontano a 133 miliardi di dollari – circa lo 0,10% del PIL globale, la maggior parte dei quali proviene da fonti pubbliche. Gli investimenti totali necessari equivalgono a 536 miliardi di dollari all’anno, contro gli attuali investimenti di 133 miliardi di dollari.

È quanto emerge dal RapportoState of Finance for Nature”, pubblicato il 27 maggio 2021 da UNEP (Programma per l’Ambiente delle nazioni Unite), WEF (World Economic Forum) e ELD (Economics of Land Degradation) Initiative, e redatto dalla società di consulenza Vivid Economics, a supporto del Decennio delle Nazioni Unite per il Ripristino dell’Ecosistema (2021-2030).

Per superare il divario di investimenti per porre la natura al centro del processo decisionale economico del futuro, i Governi, le Istituzioni finanziarie e le Imprese vengono esortati ad accelerare rapidamente i flussi di capitali verso soluzioni basate sulla natura, ponendola al centro del processo decisionale del settore pubblico e privato relativo alle sfide della società, compresa la lotta alle crisi climatiche e della biodiversità.

Attualmente la natura rappresenta solo il 2,5% della spesa globale prevista per la ripresa dalla pandemia, e anche il capitale privato dovrà essere aumentato drasticamente per colmare il divario di investimenti. Lo sviluppo e l’aumento dei flussi di entrate dai servizi ecosistemici e l’utilizzo di modelli di finanza mista come mezzo per raccogliere il capitale privato sono tra le soluzioni necessarie per realizzare ciò e richiede anche la condivisione del rischio da parte di entità del settore privato.

La perdita di biodiversità sta già costando all’economia globale il 10% della sua produzione annuale – ha affermato la Direttrice esecutiva dell’UNEP, Inger AndersenSe non finanziamo a sufficienza soluzioni basate sulla natura, avremo un impatto sulle capacità dei Paesi di compiere progressi in altri settori vitali come l’istruzione, la salute e l’occupazione. Se non salviamo la natura ora, non saremo in grado di raggiungere uno sviluppo sostenibile. Il rapporto è un campanello d’allarme per i governi, le istituzioni finanziarie e le imprese affinché investano nella natura, compresi la riforestazione, l’agricoltura rigenerativa e il ripristino dell’Oceano. I Paesi e i leader dell’industria avranno l’opportunità dei prossimi vertici relativi a clima, biodiversità, degrado del suolo e sistemi alimentari, e nel contesto del Decennio delle Nazioni Unite sul ripristino dell’ecosistema”.

Secondo il Rapporto, le sole soluzioni basate sulle foreste, compresa la loro gestione, conservazione e ripristino, richiederanno 203 miliardi di dollari di spesa annua totale a livello globale, equivalente a poco più di 25 dollari all’anno per ogni cittadino nel 2021. Abbinando gli investimenti in azioni di ripristino al finanziamento di misure di conservazione, si potrebbe aumentare la superficie forestale e agroforestale (la combinazione di produzione alimentare e coltivazione di alberi) di circa 300 milioni di ettari entro il 2050, rispetto al 2020.

Il Rapporto sullo stato delle finanze per la natura sottolinea l’urgenza e la criticità di aumentare gli investimenti nella natura – ha dichiarato Justin Adams, a capo dellaTropical Forest Alliance al World Economic Forum – Si evidenzia quanto poco sia investito fino ad oggi: 133 miliardi di dollari rappresentano solo lo 0,1% del PIL globale e triplicarlo sarebbe un gioco da ragazzi, data la maggiore resilienza che ciò fornirebbe alle economie globali e locali. Gli studi dimostrano che questo è positivo anche per le imprese: investendo in soluzioni favorevoli alla natura potrebbero essere creati circa 10 trilioni di dollari in opportunità commerciali e 395 milioni di nuovi posti di lavoro”.

Secondo il Rapporto, l’investimento annuale del settore privato in soluzioni basate sulla natura è stato di 18 miliardi di dollari nel 2018. La finanza privata rappresenta solo il 14%, compreso il capitale mobilitato attraverso filiere agricole e forestali sostenibili, investimenti di private equity, compensazioni della biodiversità finanziate dai settori privatii, capitale filantropico, finanza privata sfruttata da organizzazioni multilaterali e mercati del carbonio legati all’uso di foreste e altri terreni.

Viceversa, nella finanza per il clima, gli investimenti del settore privato rappresentano la maggior parte dei flussi di capitale (56% secondo la Climate Policy Initiative). L’aumento del capitale privato per soluzioni basate sulla natura è una delle sfide centrali dei prossimi anni con un focus specifico sugli investimenti nella natura per sostenere una crescita economica sostenibile.

Investitori, sviluppatori, produttori di infrastrutture di mercato, clienti e beneficiari possono svolgere un ruolo nella creazione di un mercato in cui le soluzioni basate sulla natura accedono a nuove fonti di reddito, aumentano la resilienza delle attività commerciali, riducono i costi o contribuiscono alla reputazione e allo scopo.

Sebbene siano già emerse numerose iniziative guidate dal settore privato, il Rapporto sottolinea la necessità per le aziende e le istituzioni finanziarie di essere sempre più parte della soluzione condividendo il rischio e impegnandosi a promuovere i finanziamenti e gli investimenti in soluzioni basate sulla natura in modo ambizioso e con obiettivi chiari e vincolati ai tempi.

Gli investimenti in soluzioni basate sulla natura non possono essere sostitutivi di quelli necessari per la profonda decarbonizzazione di tutti i settori dell’economia, ma possono contribuire al ritmo e alla portata richiesti della mitigazione e dell’adattamento ai cambiamenti climatici.

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