Ricercatori del PIK avvertono i Governi che se vogliono tenere sotto controllo i costi per le azioni climatiche necessarie per l’obiettivo dell’Accordo di Parigi, devono ridurre rapidamente le emissioni di CO2, evitando la lievitazione dei costi e rischi per la loro rimozione e stoccaggio.
Nuove analisi compiute da ricercatori del PIK (Potsdam Institute for Climate Impact Research) e pubblicate il 29 marzo 2018 su Environmental Research Letters avvertono i Governi che se vogliono tenere sotto controllo sia i costi della transizione verso la stabilità climatica sia quelli per la rimozione dei quantitativi di gas ad effetto serra già emessi in atmosfera, devono ridurre rapidamente le emissioni di CO2.
“Gli sforzi di riduzione delle emissioni nel prossimo decennio sottoscritti dai Governi nell’ambito dell’Accordo sul clima di Parigi sono di gran lunga insufficienti per raggiungere l’obiettivo dichiarato di tenere il riscaldamento globale al di sotto di +2 °C – ha affermato Jessica Strefler del PIK e principale autore dello Studio “Between Scylla and Charybdis: Delayed mitigation narrows the passage between large-scale CDR and high costs” – Per stabilizzare il clima prima che il riscaldamento oltrepassi il limite di Parigi, si deve intraprendere l’enorme sforzo di dimezzare le emissioni entro il 2030 e raggiungere la neutralità delle emissioni entro il 2050 oppure le riduzioni dovrebbero essere integrate da tecnologie di rimozione della CO2. Nel nostro studio per la prima volta proviamo a ad indicare i quantitativi minimi di rimozione della CO2 e come questi possano essere ridotti qualora fossero intraprese azioni a breve termine a favore del clima a breve termine“.
Secondo le simulazioni al computer effettuate dagli scienziati, le opportunità di mantenere il riscaldamento al di sotto della soglia concordata a Parigi aumenterebbero in modo sostanziale qualora la rimozione di CO2 dall’atmosfera fosse di 5 miliardi di tonnellate di all’anno durante la seconda metà del secolo. Questo significherebbe, ad esempio, mettere in piedi un’industria per la cattura e lo stoccaggio del carbonio che sia in grado di rimuovere quantitativi di CO2 pari alle emissioni dell’attuale industria petrolifera mondiale. Tuttavia, 5 miliardi di tonnellate di rimozione di CO2 sono modeste rispetto alle decine di miliardi di tonnellate indicati da alcuni scenari nell’attuale dibattito sulle politiche climatiche, alla luce che le attuali emissioni di CO2 nel mondo superano i 35 miliardi di tonnellate all’anno.
“Almeno 5 miliardi di tonnellate di rimozione di CO2 potrebbero far salire le possibilità di stabilizzazione climatica – ha affermato il coautore Nico Bauer anche lui del PIK – Se ad esempio questa quantità di rimozione di biossido di carbonio (CDR) venisse dimezzata, allora le percentuali di riduzione annue di CO2 tra il 2030 e il 2050 dovrebbero essere raddoppiate per rimanere entro i 2 °C. Inoltre, sarebbe necessario aumentare le riduzioni delle emissioni a breve termine, poiché le riduzioni delle emissioni promesse finora dai firmatari dell’Accordo di Parigi non sono sufficienti a mantenere il riscaldamento al di sotto dei 2 °C, se non combinati con la rimozione di CO2 dall’atmosfera”.
Una maggiore rimozione di CO2 potrebbe in linea di principio ridurre i costi visto che , sulla carta, l’implementazione di pertinenti tecnologie per compensare le emissioni dell’industria e dei trasporti sarebbe più economica che spingere la riduzione delle emissioni dal 90% al 100%. Tuttavia, le tecnologie di rimozione della CO2 sono afflitte da tre tipi di incertezze e rischi:
– in primo luogo, la fattibilità tecnica e anche i costi non sono finora ben noti;
– in secondo luogo, potrebbero avere effetti negativi per la sostenibilità, perché una massiccia scalabilità della produzione di bioenergia, ad esempio, potrebbe innescare conflitti di utilizzo dei suoli e andare a scapito della produzione alimentare e della protezione degli ecosistemi;
– infine, la fattibilità politica non è scontata, come è accaduto in Germania, dove i timori espressi da alcuni settori della popolazione hanno costretto il Governo a bloccare persino l’implementazione su piccola scala di cattura e stoccaggio del carbonio.
“Questo studio fornisce importanti informazioni ai Governi – ha osservato Ottmar Edenhofer, Capo economista del PIK e co-autore dello Studio – In primo luogo, perché le riduzioni rapide delle emissioni a breve termine si dimostrano come il modo più efficace per prevenire i danni climatici, e poi perché l’impiego su larga scala delle tecnologie CDR può essere evitato solo quando verranno introdotti prima possibile prezzi attendibili di CO2. Intensificare l’ambizione di politiche climatiche al 2030 per ridurre del 20% le emissioni è economicamente fattibile. Si tratta solo di definire a breve termine il momento iniziale: la progressiva e rapida eliminazione del carbone nei Paesi sviluppati come la Germania e l’introduzione di prezzi minimi perla CO2 in coalizioni pionieristiche europee e cinesi ha senso indipendentemente dall’obiettivo climatico che si vuole raggiungere. Invece, la nostra ricerca dimostra che l’azione ritardata fa salire i costi e i rischi. La gente e le imprese vogliono stabilità, e questo è ciò che i responsabili politici possono fornire, se agiscono rapidamente”.
Le analisi del PIK sulla convenienza economica di accelerare quanto prima sulla riduzione delle emissioni di CO2, fanno da pendant con altri studio recentemente pubblicati che indicano come le azioni di riduzione dei gas ad effetto serra, necessarie per centrare l’obiettivo dell’Accordo di Parigi, qualora fossero implementate rapidamente limiterebbero i rischi relativi all’aumento del livello del mare e il numero di morti premature nelle principali aree metropolitane mondiali.