L’annuale Rapporto della Fondazione Symbola e Unioncamere, conferma che cultura e creatività sono la struttura portante di molti settori economici in Italia, producendo un valore aggiunto complessivo pari 16,9% di quello nazionale (+2,9% sul 2017) e 1,55 milioni occupati (+1,5%).
La cultura è uno dei motori trainanti dell’economia italiana, uno dei fattori che più esaltano la qualità e la competitività del made in Italy, generando quasi 96 miliardi di euro e arrivando a muovere, con gli altri settori dell’economia attivati, 265,4 miliardi, equivalenti al 16,9% del valore aggiunto nazionale. Nel complesso, quello produttivo culturale e creativo è un sistema con il segno più: nel 2018 cresce il valore aggiunto del 2,9% (a prezzi correnti) rispetto all’anno precedente, superiore a quella del complesso dell’economia (+0,9%), e sono 1.55 milioni gli occupati con una crescita dell’1,5%.
È quanto emerge dal Rapporto 2019 “Io sono cultura. L’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi”, l’unico studio in Italia che, annualmente, quantifica il peso della cultura e della creatività nell’economia nazionale.
Arrivato alla IX edizione ed elaborato da Fondazione Symbola e Unioncamere, con la collaborazione e il sostegno della Regione Marche, il Rapporto è stato presentato il 20 giugno 2019 a Roma, al MIBAC, dal Presidente di Symbola, Ermete Realacci e dal Segretario generale di Unioncamere Giuseppe Tripoli.
“Cultura, creatività e bellezza sono la chiave di volta di molti settori produttivi di un’Italia che fa l’Italia e consolidano la missione del nostro Paese orientata alla qualità e all’innovazione: un soft power che attraversa prodotti e territori e rappresenta un prezioso biglietto da visita – ha commentato Ermete Realacci – Un’infrastruttura necessaria anche per affrontare le sfide che abbiamo davanti a cominciare dalla crisi climatica. Se l’Italia produce valore e lavoro puntando sulla cultura e sulla bellezza, aiuta il futuro e favorisce un’economia più a misura d’uomo e, anche per questo, più competitiva”.
Il Rapporto prende in esame il Sistema Produttivo Culturale e Creativo (SPCC) ovvero tutte quelle attività economiche che producono beni e servizi culturali, ma anche tutte quelle che non producono beni o servizi strettamente culturali, ma che utilizzano la cultura come input per accrescere il valore simbolico dei prodotti, quindi la loro competitività, a cominciare dal turismo.
Il Sistema si articola in 5 macro settori:
– industrie creative (architettura, comunicazione, design);
– industrie culturali propriamente dette (cinema, editoria, videogiochi, software, musica e stampa);
– patrimonio storico-artistico (musei, biblioteche, archivi, siti archeologici e monumenti storici);
– performing arts e arti visive (spettacoli dal vivo, letture di testi letterari, illustrazioni con immagini virtuali, ecc.);
– imprese “creative-driven”(imprese non direttamente riconducibili al settore ma che impiegano in maniera strutturale professioni culturali e creative, come la manifattura evoluta e l’artigianato artistico).
Le industrie culturali producono, da sole, 35,1 miliardi di euro di valore aggiunto (il 2,2% del complessivo nazionale), dando lavoro a 500 mila persone (il 2,0% degli addetti totali).
Un contributo importante viene anche dalle industrie creative, capaci di produrre 13,8 miliardi di valore aggiunto, grazie all’impiego di quasi 267 mila addetti.
Le Performing arts generano, invece, 8,2 miliardi di euro di ricchezza e 145 mila posti di lavoro;
– la conservazione e valorizzazione del patrimonio storico-artistico si devono 2,9 miliardi di euro di valore aggiunto e 51mila addetti.
A questi quattro ambiti, che rappresentano il cuore delle attività culturali e creative, si aggiungono i rilevanti risultati delle attività creative-driven: 35,8 miliardi di euro di valore aggiunto (il 2,3% del complessivo nazionale) e più di 591 mila addetti (2,3% del totale nazionale).
Approfondendo l’analisi è interessante individuare le varie componenti che contribuiscono alla produzione di ricchezza in ciascun settore culturale. Le performance più rilevanti, all’interno delle industrie creative, appartengono al sottosettore del design (che produce 8,9 miliardi di euro di valore aggiunto insieme all’architettura; lo 0,6% del valore complessivo) e della comunicazione (4,9 miliardi di euro, lo 0,3%). Ad alimentare la ricchezza prodotta dalle industrie culturali, invece, vi sono il comparto dell’editoria e stampa (da cui deriva lo 0,9% del valore aggiunto nazionale, corrispondente a 13,7 miliardi di euro) e quello dei videogiochi e software (0,9%, pari a 13,6 miliardi di euro).
Nel suo complesso il Sistema Produttivo Culturale e Creativo ha prodotto un valore aggiunto e un’occupazione superiore rispetto all’anno precedente, rispettivamente del +2,9% e +1,5%.
“L’Italia vanta la quota più elevata di imprese dei settori culturali in Europa, precedendo Francia, Germania, Spagna e Regno Unito – ha sottolineato Giuseppe Tripoli, Segretario generale di Unioncamere – Questo primato si deve a un rapporto molto fecondo nel nostro Paese tra cultura e attività di impresa: la cultura si fa impresa e l’impresa fa cultura. Basti pensare a quanto i settori del made in Italy, che sono leader nel mondo, traggano alimento dal nostro grande patrimonio culturale. Inoltre, proprio le imprese del sistema produttivo culturale e creativo hanno performance migliori rispetto alle altre in termini di occupazione e valore aggiunto. Questi risultati si devono anche all’adozione delle tecnologie 4.0, che riguarda circa il 70% delle industrie creative, quota più elevata rispetto agli altri settori”.
Il Sistema Produttivo Culturale e Creativo italiano conta, a fine 2018, 416.080 imprese che incidono per il 6,8 % sul totale delle attività economiche del Paese. In particolare, le imprese che operano nei settori del Core Cultura, direttamente collegate alle attività culturali e creative, sono 289.792, a cui va ad aggiungersi la stima relativa alla componente creative driven, dove confluiscono tutte le attività economiche non strettamente riconducibili alla dimensione culturale ma caratterizzate da strette sinergie con il settore (125.054 imprese).
Più del 95% delle imprese operanti nel settore Core Cultura appartiene a due soli ambiti: industrie culturali (147.153 mila imprese, pari al 50,6 % del totale) e industrie creative (129.533 imprese, pari al 44,5% del totale).
La grande area metropolitana di Milano è al 1° posto nelle graduatorie provinciali per incidenza di ricchezza e occupazione prodotte, con il 10,1% e il 10,3%. Roma è seconda per valore aggiunto (9,9%) e terza per occupazione (8,7%) mentre Torino si colloca, rispettivamente, terza (9,2%) e quarta (86%). Seguono, per valore aggiunto, Siena (8,8%), Arezzo (7,9%) e Firenze (7,3%), Aosta al 7,1%, Ancona (6,8%), Bologna al 6,6% e Modena al 6,4%.
In termini di occupazione, come sopra menzionato, la leadership per incidenza dei posti di lavoro sul totale dell’economia è da attribuire a Milano, seguita da Arezzo (9%), poi Roma, Torino, Firenze.
A livello regionale, il peso delle grandi aree metropolitane a specializzazione culturale e creativa di Milano e Roma si fa sentire. Il Lazio si colloca al 1° posto (8,8%) seguito dalla Lombardia (7,3%). A seguire, Valle d’Aosta e Piemonte (7,1%), poi le Marche (6,0%) che subiscono tuttora gli effetti negativi correlati al sisma.
In linea con quanto osservabile per l’intera economia, si conferma una forbice tra Nord e Sud, a dimostrazione di una evidente correlazione fra ricchezza complessiva, specializzazione culturale e creatività delle economie territoriali. Il Mezzogiorno, ricco di giacimenti culturali e un patrimonio storico e artistico di primo ordine a livello mondiale, non riesce ancora a tradurre tutto ciò in ricchezza.
In tutte le regioni del Mezzogiorno, l’incidenza delle attività culturali sul valore aggiunto e sull’occupazione non riesce mai a superare il 4,6%. In termini di incidenza sull’economia, è la Calabria ad occupare l’ultima posizione nella classifica delle regioni italiane, con un contributo del 3,2% al valore aggiunto prodotto e del 3,4% all’occupazione.
L’esempio di Matera “Capitale europea della cultura 2019”, a cui all’interno del Rapporto viene dedicato il focus “La co-creazione come volano per le imprese culturali del territorio”, dopo le iniziali difficoltà sta capitalizzando l’occasione, fornendo riferimenti di capacità culturali e creative per altre regioni del Sud.
“Che il comparto cultura stia crescendo, non mi sorprende – ha osservato a sua volta il Ministro per i Beni e le Attività Culturali, Alberto Bonisoli, tirando le conclusioni del Convegno di presentazione – Uno degli argomenti che affronto sempre, quando incontro le delegazioni di altri Paesi, sono proprio le potenziali collaborazioni con l’Italia sul fronte delle industrie culturali e creative. E spesso sono proprio loro a chiedermi di avviare delle cooperazioni in tal senso. Il trend in crescita, però, potrebbe anche essere più accentuato ed è su questo che stiamo lavorando al Ministero. Presto al Mibac ci sarà un servizio dedicato alla moda e al design. Questo perché il design e la moda sono due settori culturali trainanti per l’economia italiana, sia in casa che all’estero. Inoltre ho voluto investire sulla formazione di una commissione di studio per trovare le migliori strategie di interazione tra le reti museali e i sistemi territoriali. Grazie, infatti, alla collaborazione tra tutti i soggetti in campo, istituzioni, aziende e associazioni, si possono ottenere risultati molto più efficaci in termini di promozione del nostro patrimonio e di presenze turistiche. Non è mai stato un problema di fondi ma di come spenderli in modo efficace ed efficiente”.