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Il tabù del legame tra crescita demografica e cambiamenti climatici

tabu del legame tra crescita demografica e cambiamenti climatici

Una nuova ricerca smentisce la previsione diffusa in questi ultimi decenni che dava la popolazione mondiale in crescita fino al 2050 per poi calare lentamente. Secondo tale studio, è assai probabile che al 2100 si arrivi a 11 miliardi di individui, con il Continente africano a trainare tumultuosamente la crescita, passando dall’attuale miliardo a 4 miliardi. Ma il problema, nonostante le conseguenze sull’ecosistema Terra, continua a non trovare inserimento nell’agenda politica, come dimostra la scelta di tenere distinto l’argomento Popolazione da quello dei Cambiamenti Climatici alla 69a Sessione plenaria dell’ONU.

Alla vigilia dello svolgimento a New York (22 settembre 2014) della Sessione speciale della 69a Assemblea Generale delle Nazioni Unite (UNGASS) per discutere i progressi e i risultati degli obiettivi definiti alla Conferenza Internazionale su Popolazione e Sviluppo di venti anni fa, sulla Rivista Science è comparso on line, prima della pubblicazione cartacea, uno Studio che non solo demolisce le precedenti analisi demografiche secondo le quali dopo il 2050 la popolazione mondiale si stabilizzerebbe attorno ai 9 miliardi di individui, ma peggiora anche i numeri dell’ultima revisione 2013 dell’ONU che indicava la possibilità che Terra ospiti alla fine del secolo 11 miliardi di individui, stante l’aumento dell’indice di fertilità in Africa.
Il Rapporto, pur utilizzando i dati dell’ONU, ha condotto la ricerca con un approccio metodologico di tipo bayesiano (l’inferenza statistica) per definire i limiti superiori e inferiori della futura crescita della popolazione,giungendo alla conclusione che “contrariamente alla letteratura precedente, è improbabile che la popolazione mondiale smetta di crescere entro questo secolo”.

Questa nuova ricerca, condotta da un team internazionale tra cui esperti delle Nazioni Unite, ha definito un range di crescita della popolazione al 2010 compreso tra 9,6 e 12,3 miliardi di individui, con un indice probabilistico dell’80%, che sale al 95% per una forbice compresa tra 9,0 e 13,2 miliardi, mentre si riducono del 2,5% le probabilità di superare il limite di 13.250 milioni. Lo scenario più probabile, secondo i ricercatori, è che al 2100 si arrivi a 10,9 miliardi di individui ovvero al 55% in più rispetto all’attuale popolazione, prima di diminuire lentamente.

La crescita della popolazione è stata una delle principali preoccupazioni a livello globale fino al 1990, ma poi è retrocessa nell’agenda politica internazionale a favore di altre questioni importanti come i cambiamenti climatici e l’epidemia di HIV/AIDS. Ora c’è un serio motivo perché la crescita della popolazione mondiale ritorni all’ordine del giorno – ha dichiarato Adrian Raftery, Professore di Statistica e Sociologia all’Università di Washington e co-autore dello studio, secondo il quale l’aumento della popolazione è il driver di tutte le sfide che l’umanità dovrà affrontare nei prossimi decenni – La mancanza di assistenza sanitaria, la povertà, l’inquinamento, le tensioni politiche e la criminalità sono tutti problemi legati al forte aumento delle popolazioni”.

La maggior parte della crescita dovrebbe verificarsi in Africa, dove la popolazione passerebbe da 1 miliardo di oggi a 4 miliardi alla fine del secolo, dal momento che la prevista discesa dei tassi di natalità nell’Africa sub-sahariana ha rallentato notevolmente, con una dimensione media di 4,6 figli per ogni donna. La Nigeria, già oggi il Paese più popoloso del Continente con 174 milioni di abitanti, raggiungerebbe quasi il miliardo.

Se così fosse, l’Africa avrebbe una densità di popolazione al 2100 all’incirca pari a quella della Cina di oggi.
Le proiezioni sviluppate nello studio indicano che le altre regioni del mondo avranno incrementi minori: l’Asia passerebbe dagli attuali 4,4 miliardi, a circa 5 miliardi di persone nel 2050, per poi iniziare a diminuire, mentre Nord America, Europa, e America Latina e i Caraibi rimarrebbero al di sotto di 1 miliardo ciascuna.

La chiave per rallentare la crescita della popolazione, secondo la maggior parte degli esperti, non è il controllo statale delle nascite, ma la maggiore istruzione delle donne, un più facile accesso alla pianificazione familiare e alla disponibilità di contraccettivi. Nel Ghana,per esempio, le donne senza istruzione hanno una media di 5,7 figli, mentre le donne con un’istruzione secondaria 3,2 figli e quelle con un titolo di studio post-secondaria e universitario soltanto 1,5 figli.

Quantunque in proposito si siano fatti progressi (ancora troppo lenti in alcuni Paesi), le donne e le ragazze devono essere lasciate libere di decidere circa la loro salute riproduttiva e di acquisire consapevolezza dei loro diritti – ha spiegato Patrick Gerland, un demografo presso le Nazioni Unite e principale autore della ricerca – Le politiche per favorire una più rapida transizione di riduzione della fertilità dovrebbero concentrarsi sul rafforzamento dell’istruzione femminile e sugli investimenti in programmi di pianificazione familiare, che non avrebbero peraltro grossi impatti sul PIL”.

Le implicazioni di questo boom della popolazione sono molteplici e variabili, da un impatto pesante sulla sicurezza alimentare all’incidenza inevitabile sui cambiamenti climatici, dalla scarsa disponibilità di un lavoro per tutti agli effetti sull’economia globale.

La creatività umana, la ricerca e l’innovazione potranno contribuire a risolvere alcuni aspetti di tali problenmatiche – ha continuato Gerland  – Ma l’aumento della popolazione presuppone anche la creazione di maggiori opportunità di lavoro, per soddisfare un aumento di abitazioni, assistenza sanitaria, istruzione, fabbisogno e consumo di energia. Queste sfide possono aggravare e rendere più difficile affrontare questioni globali quali il contrasto ai cambiamenti climatici, il diritto alla salute, la riduzione della povertà e raggiungere, in definitiva, qualsivoglia sviluppo sostenibile “.

Nonostante negli ultimi anni siano stati diffusi studi e ricerche che mostrano che l’aumento della popolazione mondiale sta progressivamente erodendo i servizi ecosistemici e la biodiversità del Pianeta e peggiorando il livello di concentrazioni di emissioni in atmosfera, a livello politico questo collegamento viene esorcizzato, come dimostra l’indizione a New York di due distinte e separate Conferenze per parlare di popolazione e cambiamenti climatici.

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