Oltre a celebrare la Giornata che quest’anno ha per focus “Investire nei giovani”, bisogna anche iniziare a parlare dell’impatto di una popolazione mondiale in continua crescita su un Pianeta che ha risorse e superficie limitate?
L’enorme effetto mediatico suscitato dal superamento della soglia dei 5 miliardi di individui presenti sulla terra, che avvenne simbolicamente l’11 luglio 1987, spinse il Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione (UNFPA) ad istituire “La Giornata Mondiale della Popolazione” che si celebra dal 1989 l’11 luglio di ogni anno e che mira ad aumentare la consapevolezza sia su questioni demografiche quali l’importanza della pianificazione familiare, sia sui diritti quali la parità di genere, la povertà e la salute materna.
Ogni anno viene prescelto un tema specifico sul quale riflettere, così per l’edizione 2014 il focus è “Investire nei giovani” attraverso la promozione di sane abitudini e garantendo loro istruzione, opportunità di lavoro, accesso ai servizi sanitari e copertura previdenziale per tutti i lavoratori: questo è infatti il miglior investimento che possiamo fare per migliorare la vita delle generazioni future.
“Oggi ci sono nel mondo 1,8 miliardi di giovani, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, con un potenziale enorme per contribuire ad affrontare le principali sfide dell’umanità – ha dichiarato nel suo messaggio il Segretario esecutivo delle Nazioni Unite, Ban ki-moon – Ma a troppi di loro sono negate le legittime opportunità per ottenere un’istruzione di qualità, per trovare un lavoro decente e partecipare alla vita politica della loro società. La Giornata mondiale della popolazione è l’occasione per rinnovare il nostro impegno per aiutare i giovani a progredire. Questa azione è urgente. Troppi giovani non hanno le risorse necessarie per uscire dalla povertà. Sono particolarmente preoccupato per ragazze adolescenti che debbono subire la discriminazione, la violenza sessuale, il matrimonio precoce e le gravidanze indesiderate”.
Oggi siamo oltre i 7 miliardi e si stima che entro il 2025 raggiungeremo gli 8 miliardi. La giornata rappresenta quindi non solo un’occasione per celebrare la nostra comune umanità e la nostra diversità, ma è anche un richiamo alla nostra responsabilità nei confronti del genere umano e del nostro pianeta.
Ci sono voluti circa 200.000 anni per raggiungere una popolazione globale di un miliardo di individui, ma in 200 anni abbiamo moltiplicato per sette tale numero e negli ultimi 40 anni abbiamo aggiunto un ulteriore miliardo ogni 12 anni circa. Le Nazioni Unite prevedono che ne aggiungeremo altri 4 miliardi per un totale di 11 miliardi, entro la fine del secolo, correggendo la precedente stima che il picco della popolazione mondiale si sarebbe raggiunto a 9-10 miliardi per poi diminuire gradualmente. Nonostante questi numeri, sono pochi gli scienziati, i politici e anche gli ambientalisti disposti a collegare pubblicamente l’incredibile crescita della popolazione al peggioramento dei cambiamenti climatici, alla perdita di biodiversità, alla scarsità di risorse o alla crisi ambientale globale, più in generale.
“Siamo già ad un punto in cui le dimensioni della popolazione è insostenibile – Jeffrey McKee, Professore di Antropologia all’Ohio State University – In altre parole, siamo già oltre il punto del concetto biologico di ‘capacità di carico’. Milioni di persone soffrono la fame ogni giorno e un numero imprecisabile non ha nemmeno accesso all’acqua potabile pulita. Un mondo di 11 miliardi di individui sarebbe deprecabile per l’uomo, ma anche per le altre specie”.
Nello Studio condotto assieme ad altri scienziati “Human Population Density and Growth Validated as Extinction Threats to Mammal and Bird Species” pubblicato l’anno scorso su Human Ecology, McKee ha stabilito per la prima volta che vi è una correlazione tra l’incremento della popolazione umana e quello del numero delle specie in via di estinzione, calcolando che entro il 2050 l’aumento delle specie minacciate sarà del 10,8%.
Un’espansione dell’impronta della popolazione umana è “una delle più grandi preoccupazioni di questo secolo – ha sottolineato McKee, autore del libro “Sparing Nature: The Conflict between Human Population Growth and Earth’s Biodiversity” – Parte della resistenza ad affrontare il problema è che è difficile parlare delle dimensioni e della crescita della popolazione umana e altrettanto difficile è fare qualcosa in merito. Per gestire la popolazione umana in arrivo, ci sono due opzioni: aumentare il tasso di mortalità o diminuire il tasso di natalità. Penso che la seconda sia la scelta migliore”.
Anche lo scienziato Camilo Mora, Dipartimento di Geografia dell’Università delle Hawaii si è recentemente espresso sull’argomento “Revisiting the Environmental and Socioeconomic Effects of Population Growth: a Fundamental but Fading Issue in Modern Scientific, Public, and Political Circles”.
“Due delle maggiori preoccupazioni della nostra generazione sono: migliorare il benessere umano e prevenire la perdita continua di biodiversità – ha affermato Mora –Più di un miliardo di persone vive o in condizioni di estrema povertà e di fame, e gli ecosistemi stanno perdendo specie a tassi che si sono manifestati solo in precedenti eventi di estinzione di massa”.
Secondo Mora, ci sono ragioni storiche e religiose che fanno di questo argomento un tabù e che limitano la discussione sull’argomento, ma anche “le religioni cambiano, lentamente, ma cambiano. Se si inizia una rivoluzione culturale che ponga l’importanza di affrontare questo argomento, le religioni non avranno altra scelta. Io preferisco avere la libertà di scelta, ma che la scelta sia informata. Proprio come è accaduto con il tabacco e l’HIV su cui le informazioni hanno creato una consapevolezza globale sui relativi problemi che sono ancora presenti, ma ora le persone sono consapevoli di ciò che può accadere”.
E il primo passo in tal senso, spetta proprio agli scienziati.