L’indice di percezione della corruzione 2018 di Transparency International rivela che il continuo fallimento della maggior parte dei Paesi a controllare in modo significativo la corruzione sta contribuendo a una crisi della democrazia in tutto il mondo.
Transparency International, Organizzazione della società civile che lotta contro la corruzione, ha presentato a Roma presso la sede dell’A.N.AC. (Autorità Nazionale Anticorruzione) il suo annuale Rapporto “Indice di Percezione della Corruzione “(Corruption Perception Index – CPI), giunto alla sua XXIV edizione.
Si tratta, appunto, di un Indice composito, costruito sulla base sulla base di valutazioni di esperti e sondaggi fatti ad imprenditori, realizzati da vari organismi indipendenti, internazionalmente riconosciuti, che valuta le percezioni dei livelli di corruzione nelle amministrazioni pubbliche e nella classe politica, aggregando dati di 13 fonti diverse (almeno 3 per ogni Paese). Ad ognuno dei 180 Paesi e territori monitorati viene assegnata una valutazione che va da 0 (il livello più alto di corruzione) a 100 ((in pratica non esiste la corruzione).
Ma perché si stima la percezione del fenomeno e non il dato reale?
Semplicemente perché un dato reale non esiste o, meglio, non è calcolabile. La corruzione è infatti un reato difficile, se non impossibile, da rilevare nella sua interezza, soprattutto a causa dell’elevatissima cifra oscura, cioè la parte sommersa del fenomeno.
“La corruzione – ha dichiarato Delia Ferreira Rubio, Presidente di Transparency International – è molto più probabile che fiorisca dove le basi democratiche sono deboli e, come abbiamo visto in molti Paesi, dove i politici antidemocratici e populisti possono usarlo a loro vantaggio”.
Anche quest’anno Danimarca e Nuova Zelanda conquistano rispettivamente il 1° posto (punteggio 88) e il 2° (87), mentre il 3° posto del podio viene assegnato ex-aequo a Finlandia, Singapore, Svezia e Svizzera (85). Completano la Top Ten: Norvegia (84), Paesi Bassi (82), Canada e Lussemburgo (81).
Sono percepiti come i 10 Paesi più corrotti: Somalia (10 punti), Siria (13), Sud Sudan (13), Yemen (14), Corea del Nord (14), Sudan (16), Guinea Bissau (16), Guinea Equatoriale (16), Afghanistan (16), Libia (17).
Oltre due terzi dei Paesi analizzati ha un punteggio inferiore a 50. Dal 2012 solo 20 Paesi hanno visto migliorare in maniera significativa il loro punteggio, mentre sono 16 quelli che hanno subito un forte peggioramento, tra cui l’Australia, l’Ungheria e la Turchia.
Tra i Paesi che negli ultimi anni hanno migliorato la loro posizione c’è l’Italia, attualmente al 53° posto nel mondo con un punteggio di 52 punti, 2 punti in più rispetto alla precedente edizione, confermando il trend positivo di questi ultimi anni. Dal 2012 l’Italia ha guadagnato ben 10 punti e scalato 19 posizioni. Il 2012 ha segnato una svolta importante con l’introduzione della Legge Severino e a rafforzare questo importante traguardo è arrivata due anni dopo anche l’istituzione dell’Autorità Nazionale Anticorruzione.
“Il CPI ci dice che, con fatica e lentamente, la reputazione del nostro Paese sta migliorando – ha dichiarato Virginio Carnevali, Presidente di Transparency International Italia – Siamo sulla strada giusta ma non dobbiamo assolutamente accontentarci. C’è ancora molto da fare, a partire dall’implementazione della recentissima legge anticorruzione, una legge che andrà valutata sulla sua capacità di incidere concretamente nel Paese”.
Permangono per l’Italia, tuttavia, alti livelli di corruzione, scarsa trasparenza e conflitti d’interesse nel settore settore pubblico. Le istituzioni devono prima di tutto riacquistare la fiducia dei cittadini e lo possono fare proprio attraverso la trasparenza e l’integrità.
Le nuove norme sul finanziamento alla politica vanno in questa direzione ma, senza regole sulla trasparenza di chi cerca di influenzare la decisioni pubbliche e quindi delle attività di lobbying, non potranno mai essere pienamente efficaci.
“Ogni tanto, leggendo il giornale, si ha l’impressione che nel Paese il problema non sia la corruzione ma l’anticorruzione, soprattutto per una serie di luoghi comuni che vengono poi smentiti dai fatti – ha sottolineato a sua volta il Presidente dell’A.N.AC. Raffaele Cantone – Se nel Paese ci si avvia all’idea di avere le mani libere dagli appalti alle concessioni ad altri meccanismi è evidente che l’anticorruzione può rappresentare un limite, ma se invece l’anticorruzione viene visto come uno strumento per far applicare le regole non è assolutamente vero che l’anticorruzione è un limite”.
Nel frattempo la Commissione UE ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora per non avere adeguatamente recepito le Direttive UE (2014/23/; 2014/24; 2014/25) sugli Appalti pubblici , a cui il nostro Paese dovrà dare una soddisfacente risposta entro due mesi.