Uno studio condotto dall’Università della California del Sud su un campione caratteristico delle famiglie statunitensi ha rilevato che termini come “cambiamento climatico” e “riscaldamento globale” generano nell’opinione pubblica più preoccupazione, urgenza e volontà di sostenere politiche rispettose del clima, a differenza di altre terminologie quale “crisi climatica”, “emergenza climatica” e “giustizia climatica”, anche se le differenziazioni sono notevoli tra gli elettori democratici e indipendenti, a confronto con quelli repubblicani.
I termini “cambiamento climatico” e “riscaldamento globale” non solo sono più familiari alle persone rispetto ad alcuni dei loro sinonimi più comuni, ma generano anche maggiore preoccupazione per il riscaldamento della Terra.
È quanto emerge dallo Studio “Should we change the term we use for “climate change”? Evidence from a national U.S. terminology experiment”, pubblicato il 12 agosto 2024 sulla Rivista Climate Science e condotto da ricercatori della Behavioral Science and Policy Initiativeaffiliata allo Schaeffer Institute for Public Policy & Government Servicedell’University of Southern California. iniziativa che conduce ricerche sulle scienze comportamentali per informare le politiche su cambiamenti climatici, salute, insicurezza alimentare e altri argomenti politici chiave, attraverso l’interazione diretta con i decisori politici.
Lo studio che ha coinvolto 5.137 residenti negli Stati Uniti, selezionati casualmente dall’Understanding America Study (UAS), un panel di famiglie rappresentative della popolazione statunitense, esaminando il grado in cui ogni termine generava preoccupazione, urgenza, volontà di sostenere politiche rispettose del clima e volontà di mangiare meno carne rossa la cui produzione contribuisce in modo significativo al cambiamento climatico e ad altri impatti ambientali.
La ricerca è iniziata esaminando quanta familiarità abbiano le persone con i termini “riscaldamento globale“, “cambiamento climatico“, “crisi climatica“, “emergenza climatica” e “giustizia climatica“. È emerso che circa il 90% degli intervistati aveva familiarità con “cambiamento climatico” e “riscaldamento globale”, ma la familiarità calava drasticamente per gli altri termini, con solo il 33% degli intervistati che aveva conoscenza di “giustizia climatica”.
Nel complesso, secondo lo studio, “cambiamento climatico” e “riscaldamento globale” sono stati classificati come i più familiari, i più preoccupanti e i più urgenti, mentre “giustizia climatica” è il termine meno conosciuto, e le valutazioni per “crisi climatica” ed “emergenza climatica” si sono collocate nel mezzo. Il sostegno complessivo alla politica climatica e la volontà di mangiare meno carne rossa sono stati più o meno gli stessi, indipendentemente dai termini utilizzati.

“I termini familiari hanno maggiori probabilità di trovare riscontro nelle persone -ha affermato l’autore principale Wändi Bruine de Bruin, Direttore della Behavioral Science & Policy Initiative – È più difficile provare preoccupazione per qualcosa di cui non si è sicuri di averne sentito parlare“.
Infine, lo studio ha esaminato in che modo le percezioni differivano in base all’affiliazione politica, evidenziando risultati sorprendentemente diversi. Ad esempio:
– Il 91% dei democratici e il 74% degli indipendenti hanno espresso preoccupazione per il “cambiamento climatico”. Solo il 37% dei repubblicani ha espresso preoccupazione.
– Il 71% dei democratici era preoccupato per la “giustizia climatica”, contro il 46% degli indipendenti e il 23% dei repubblicani. Il documento ha osservato che la familiarità e la preoccupazione per la “giustizia climatica” potrebbero essere inferiori perché meno persone riconoscono il termine e/o perché è più polarizzante politicamente.
– Quando il termine “riscaldamento globale” è stato associato alla volontà di sostenere le politiche, il 96% dei democratici era d’accordo, rispetto all’85% degli indipendenti e al 61% dei repubblicani.
– La maggior parte degli intervistati ha dichiarato di essere disposta a mangiare meno carne rossa indipendentemente dal termine a cui era associata l’azione. Ma suddivisi per affiliazione politica, meno della metà dei repubblicani ha dichiarato che avrebbe mangiato meno carne, mentre l’89% o più dei democratici ha sostenuto l’azione. Gli indipendenti si sono espressi nel mezzo.

Quando la candidata democratica per la Presidenza degli USA Kamala Harris ha annunciato il 7 agosto di aver scelto come candidato alla Vicepresidenza Tim Walz si è assicurata il plauso dei gruppi attivisti verdi.
Gli attivisti hanno affermato che il governatore del Minnesota ha avuto una solida esperienza nel promuovere politiche climatiche ambiziose. L’anno scorso Walz ha firmato la legge che impone a tutte le centrali elettriche del Minnesota di utilizzare energia ecosostenibile al 100%, come l’eolico e il solare, entro il 2040.
“Come il Vicepresidente Harris, il governatore Walz sa che il cambiamento climatico è la minaccia esistenziale del nostro tempo – ha affermato in un post Ben Jealous, Direttore esecutivo del Sierra Club la più antica e grande organizzazione ambientalista degli Stati Uniti – Il biglietto Harris-Walz è quello che comprende la lotta che abbiamo davanti.”
Sebbene il cambiamento climatico non sia ancora emerso come un elemento chiave di questa campagna, l’aggiunta di Tim Walz significa che i candidati alle Presidenziali di novembre avranno opinioni (e precedenti) molto diversi sul cambiamento climatico.
In copertina: immagine di Dennis Lan, USC