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Morte delle barriere coralline: lo sbiancamento dei coralli

Morte delle barriere coralline: lo sbiancamento dei coralli

Quando si parla delle conseguenze del riscaldamento globale, si citano solitamente effetti negativi quali l’innalzamento del livello del mare o lo scioglimento dei ghiacciai, ma non ci si sofferma quasi mai su un fenomeno altrettanto grave: lo sbiancamento dei coralli “bleaching” e la conseguente e inevitabile morte delle barriere coralline.

Pur coprendo solo una piccola parte della superficie dell’oceano, le barriere coralline rappresentano uno degli ecosistemi marini più importanti e diversificati, poiché forniscono nutrimento e riparo a più di un quarto delle specie oceaniche.

I dati del Coral Reef Initiative e del WWF parlano chiaro: un terzo delle oltre 3.800 barriere che compongono il sistema marino ha risentito del cambiamento climatico causato dall’azione antropica e tra il marzo e il novembre del 2016, come ha precisato Terry Hughes (direttore dell’ARC Centre of Excellence for Coral Reef Studies) in un nuovo studio pubblicato su Nature, abbiamo perso anche il 30% dei coralli che costituivano la grande barriera australiana:

 

«I coralli hanno iniziato a morire dove l’esposizione al calore accumulato superava la soglia critica del riscaldamento, che risultava essere circa 3-4°C la settimana. Dopo otto mesi, un aumento di 6°C per più settimane ha portato ad un cambiamento su scala regionale senza precedenti nella composizione dei coralli»

Non meno preoccupante il caso del Giappone che, solo nel 2017, nell’area di Sekisei, ha perso il 50% della barriera corallina a sud dell’arcipelago.

Ma come avviene il fenomeno del Massive Coral Bleaching?

Gli Antozoi, comunemente denominati coralli, sono piccoli polipi che vivono uno accanto all’altro e che costruiscono scheletri di carbonato di calcio saldati tra loro. Presentano un ritmo di crescita piuttosto lento (circa quindici centimetri ogni anno) e il loro nutrimento è strettamente legato alla simbiosi con le alghe unicellulari della famiglia Zooxanthellae.

L’innalzamento delle temperature comporta, quindi, l’arresto del processo di fotosintesi delle stesse, l’espulsione dal fondale marino, e la conseguente morte dei polipi per sbiancamento… l’erosione marina farà il resto.

Se l’uomo non riuscirà ad invertire questa pericolosa tendenza dunque, non soltanto continueranno le molteplici ripercussioni su una fauna marina già decimata (spugne, molluschi, pesci, artropodi, celenterati), ma seguiranno anche gravissime ripercussioni sull’economia mondiale, considerando che in molte aree del mondo, si pensi alla Thailandia o alle Filippine, le attività legate alla pesca e al turismo dipendono strettamente dalle barriere coralline.

Se non verranno subito adottate misure per ridurre il riscaldamento globale e l’acidificazione degli oceani, prevede l’agenzia IUCN “Unione Mondiale per la Conservazione della Natura”, entro il 2050 avverrà la totale scomparsa di tutte le barriere esistenti, e un perenne bianco soffocherà ogni colore.

D’altro canto l’UNEP sta prendendo di petto la situazione ed ha inserito il monitoraggio e la tutela delle barriere coralline fra i sei temi ambientali prioritari su cui concentrare l’attenzione nel 2018 e nel 2019.

 

Ambra Belloni

 

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