Uno studio condotto dalla Fondazione CMCC mette in luce come le opzioni di mitigazione basate sul settore agricolo, specialmente alla piccola scala, possano portare all’azzeramento delle emissioni delle aziende zootecniche, fornendo un’ampia gamma aggiuntiva di benefici ecologici, ambientali e socio-economici a livello locale.
Le emissioni di gas serra del settore agricolo, forestale e altri usi del suolo (il cosiddetto settore AFOLU, Agriculture, Forestry and Other Land Use), rappresentano il 24% delle emissioni globali; i principali driver sotto accusa sono le emissioni legate alla deforestazione, le emissioni di metano degli allevamenti o prodotte dalla fermentazione anaerobica di materia organica, principalmente dalle coltivazioni di riso, o di protossido di azoto (N2O) legato all’uso di fertilizzanti in agricoltura. Tale settore è pertanto uno dei principali responsabili del cambiamento climatico, secondo solo al settore energetico.
Lo Studio “A land-based approach for climate change mitigation in the livestock sector”, pubblicato sul Journal of Cleaner Production, una rivista accademica peer-reviewed che copre la ricerca transdisciplinare sulla produzione più pulita e sostenibile, e condotto dalla Fondazione CMCC (Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici) ha esplorato come la gestione sostenibile del territorio possa contribuire agli obiettivi di mitigazione globali e di sviluppo sostenibile a livello locale.
I ricercatori hanno identificato alcune possibili opzioni di mitigazione land-based per ridurre e compensare le emissioni del settore zootecnico, che ancora oggi a livello europeo rappresentano più del 60% del totale delle emissioni del comparto agricolo, anche se a partire dagli anni ’90 le emissioni degli allevamenti sono diminuite, con una riduzione del 20% nel 2018.
“Il settore agricolo ha la caratteristica unica di essere sia parte del problema che della soluzione: da un lato genera emissioni di gas serra, dall’altro può riassorbirle, soprattutto con un’appropriata gestione sostenibile, grazie all’attività di fotosintesi e alla biodiversità dei suoli, rappresentando un importante sink di carbonio – ha spiegato Maria Vincenza Chiriacò, ricercatrice CMCC e primo autore dello studio – Tutti gli altri settori (energia, edilizia, trasporti) possono impegnarsi per ridurre le proprie emissioni e farle tendere progressivamente a zero, ma non hanno possibilità di sottrarre dall’atmosfera quell’eccesso di CO2 ormai già presente. Il nostro approccio si articola in due fasi successive: per prima cosa realizziamo una stima delle emissioni di gas serra derivanti dalle attività delle aziende zootecniche, ovvero calcoliamo la loro impronta di carbonio, quindi valutiamo il potenziale di alcune attività nel settore agricolo e forestale per la mitigazione delle emissioni stimate nel passaggio precedente”.
I risultati dello studio hanno messo in luce come le opzioni di mitigazione prese in esame, basate sulle pratiche agricole maggiormente sostenibili, possano non solo compensare, ma persino arrivare a portare il settore zootecnico a zero emissioni, a raggiungere, cioè, la carbon neutrality.
I ricercatori CMCC si sono concentrati su un primo caso studio pilota in Italia centrale, in un’area della provincia di Viterbo con una forte vocazione agricola, con l’obiettivo di comprendere come e in che misura le emissioni di gas serra delle aziende zootecniche potevano essere ridotte o compensate attraverso rimozioni di carbonio nella stessa area.
Con questo obiettivo in mente, i ricercatori hanno sviluppato e messo a punto un approccio land-based dato dalla combinazione di diverse metodologie, come elaborazioni GIS, misurazioni delle emissioni delle aziende zootecniche attraverso il metodo LCA (life cycle assessment) e altre metodologie dell’IPCC, per arrivare a una stima precisa delle emissioni di gas serra del comparto zootecnico e del potenziale di mitigazione di diverse opzioni di gestione agricola e forestale su scala locale, nelle immediate vicinanze della fonte emissiva (cioè in prossimità delle aziende zootecniche presenti nell’area analizzata).
“I risultati del nostro studio mostrano la possibilità di una totale compensazione delle emissioni delle aziende zootecniche dell’area pilota, indicando i percorsi possibili per arrivare a zero emissioni o persino a emissioni negative – ha commentato il Prof. Riccardo Valentini (Fondazione CMCC e Università della Tuscia) – Se opportunamente gestito il settore agricolo appare quindi un settore chiave, in grado di contribuire in maniera significativa agli obiettivi di mitigazione dei cambiamenti climatici a livello globale”.
“È importante sottolineare il concetto di prossimità alla base di questo approccio – ha aggiunto la Chiriacò –Esistono già molti meccanismi di compensazione delle emissioni, ma spesso seguono una logica di compensazione su scala globale, per cui l’assorbimento del carbonio emesso in atmosfera avviene in aree geograficamente molto distanti da quelle in cui sono state generate le emissioni da compensare. Nell’approccio di prossimità realizzato dal CMCC, la compensazione delle emissioni avviene vicino alla fonte emissiva. Questo, oltre a contribuire al raggiungimento degli obiettivi globali di mitigazione del cambiamento climatico, comporta un miglioramento ad ampio raggio dell’intero sistema agro-forestale su scala locale, fornendo tutta una serie di co-benefici ambientali e socio-economici per la comunità e il territorio”.
L’approccio land-based sviluppato dai ricercatori CMCC è diventato di recente anche un web tool, gratuito ed accessibile online, ideato e sviluppato da CMCC e Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare (ISMEA), con il supporto finanziario del Programma “Rete Rurale Nazionale 2014–2020”. Strumento rigorosamente scientifico, basato su dati e informazioni scientificamente fondate, il web tool nasce con l’obiettivo di essere facilmente accessibile a tutti i suoi potenziali utenti. La piattaforma consente agli allevatori zootecnici italiani di fare una stima dell’impronta di carbonio della propria azienda zootecnica compilando un breve questionario: poche domande che prendono in considerazione le principali caratteristiche dell’azienda, dal numero di capi allevati, al consumo energetico, alla tipologia di allevamento e al foraggio e ai mangimi acquistati, etc. In questa prima fase si ottiene una stima delle emissioni generate dall’azienda zootecnica. Quindi si passa a una seconda fase dove sono ipotizzate tutta una serie di azioni, ciascuna con il suo protocollo, per ridurre e compensare le emissioni dell’allevamento.
Il tool aiuterà, pertanto, i diversi portatori d’interesse a individuare le migliori opzioni per una gestione più sostenibile del territorio in Italia, in special modo a livello locale.
Inoltre, i ricercatori CMCC stanno lavorando con ISMEA e il Programma “Rete Rurale Nazionale 2014-2020” alla creazione di un sistema di tracciabilità della sostenibilità dell’uso del suolo, basato sull’approccio sviluppato, attraverso un meccanismo volontario di incentivazione di pratiche agricole e forestali sostenibili per ridurre e compensare le emissioni zootecniche a livello locale. Il meccanismo utilizzerà dei crediti, che i ricercatori hanno soprannominato “crediti di sostenibilità”, per i molteplici benefici, non solo climatici, che porteranno alle comunità e ai distretti agricoli locali.