In attesa dell’imminente “Vision for Agriculture and Food”, annunciata dalla Presidente della Commissione dopo le proteste degli agricoltori dell’anno scorso per le politiche agricole dell’UE e indicata dal nuovo Commissario all’Agricoltura come “una roadmap condivisa per le iniziative future e non di un progetto imposto dall’alto secondo il principio prendere o lasciare”, More in Common, organizzazione internazionale che si prefigge di far luce su grandi questioni su cui si polarizza l’attenzione dei governi e dell’opinione pubblica, ha svolto un’inchiesta in 3 Paesi europei, tra cui l’Italia, per una migliore comprensione delle percezioni, degli atteggiamenti e dei bisogni degli agricoltori e degli allevatori, in particolare per quanto riguarda la loro visione del mondo, la transizione ecologica e la loro rappresentazione come collettività.
“Le proteste degli agricoltori hanno influenzato le politiche verdi in tutta Europa nell’ultimo anno. Da Bruxelles a Madrid, da Varsavia a Parigi e Roma, la reazione dei lavoratori agricoli si è fatta sentire nelle strade di molte grandi capitali, dove hanno espresso la loro rabbia e frustrazione. L’impatto di queste proteste è stato significativo: lo slancio della transizione agricola si è arrestato, e la volontà politica di perseguire un’ambiziosa agenda verde è svanita. La transizione agricola è uno degli elementi centrali dei piani europei per raggiungere l’obiettivo di zero emissioni nette entro il 2050. Il modo in cui questa transizione verrà attuata sarà una delle chiavi del suo successo o del suo fallimento, e il coinvolgimento degli agricoltori nel processo è fondamentale. Comprendere le sfide dal loro punto di vista e trovare il modo adattare queste politiche ai loro bisogni può rendere il lavoro molto più facile”.
Così l’incipit di Europe Talk Farming, il sondaggio condottoda More in Common, un’iniziativa internazionale nata nel 2017 con lo scopo di creare società più forti, unite e resilienti nei confronti delle crescenti minacce rappresentate dalla polarizzazione e dalle divisioni sociali, per una migliore comprensione delle percezioni, degli atteggiamenti e dei bisogni degli agricoltori e degli allevatori, in particolare per quanto riguarda la loro visione del mondo, la transizione ecologica e la loro rappresentazione come collettività.
L’inchiesta si è basata su interviste condotte tra il 18 novembre e l’11 dicembre 2024, con la consulenza di esperti di organizzazioni nazionali ed europee che lavorano con gli agricoltori e gli allevatori, a 600 responsabili di aziende agricole in Italia, 600 in Spagna e 600 in Polonia (per il 14% da donne e per l’86% da uomini), il cui obiettivo è fornire ai decisori politici e alla società civile un quadro della situazione ad un n anno dalle le massicce proteste degli agricoltori in Europa, che stanno determinando ripensamenti nelle politiche dell’UE.
La Presidente della Commissione UE Ursula von der Leyen nelle Linee programmatiche per il nuovo mandato presentate il 18 luglio 2024 aveva annunciato che avrebbe presentato entro i primi 100 giorni (perciò di imminente adozione) una Vision for Agriculture and Food, che indirizzerà nei prossimi anni la politica agricola e alimentare dell’UE, basata sulle Raccomandazioni del Dialogo strategico sul futuro dell’agricoltura, e che il nuovo Commissario per l’Agricoltura, Christophe Hansen ha indicato come “una roadmap condivisa per le iniziative future e non di un progetto imposto dall’alto secondo il principio prendere o lasciare”.

Dal report dedicato all’Italia di More in Common, per quanto riguarda la transizione ecologica, emerge che:
– solo il 4% degli agricoltori e degli allevatori nega l’esistenza dei cambiamenti climatici;
– sebbene il negazionismo climatico non sia dominante tra gli operatori agricoli, il 45% nega l’influenza del proprio settore sul clima, nonostante questo sia responsabile del 7,4% delle emissioni di gas serra in Italia;
– il 57% ammette però che la propria professione sarà redditizia solo se si agirà sul cambiamento climatico;
– l’80% afferma di voler contribuire maggiormente alla protezione della natura e del clima;
– l’82% è preoccupato per i cambiamenti climatici sono l’82%;
– l’86% è preoccupato per il deterioramento dell’ambiente;
– solo il 14% ritiene che la transizione ecologica in agricoltura/allevamento sia un errore;
– il 38% afferma di aver installato impianti a energia rinnovabile;
– il 61% ritiene che l’installazione di pannelli solari o mulini a energia eolica è un’opportunità per diversificare le fonti di reddito.

In merito alle proteste agricole dell’anno scorso, il 46% esprime pieno sostegno e la percentuale è più alta tra chi ha più di 65 anni (52%) e chi ha più di 50 ettari (55%).
Il livello di insoddisfazione per le risposte seguite a quelle proteste è alto:
– nei confronti del Governo italiano è dell’81%;
– nei confronti dell’UE è dell’86%;
– del 79% nei confronti del proprio Governo regionale;
– del 75% nei sindacati.
Nonostante le sfide, la maggioranza dei gestori di aziende agricole pensa che la propria azienda sarà ancora in attività tra dieci anni, anche se con notevoli differenze se andiamo ad analizzare i vari segmenti:
– i giovani sono i più ottimisti;
– tra gli over 65 c’è minor convinzione che qualcuno porterà avanti la loro impresa;
– gli ettari a disposizione impattano proporzionalmente sulla propensione a credere se l’impresa abbia un futuro a lungo termine;
– si sente più sicuro chi ha una certificazione biologica (o è in procinto di averla), e chi ha avuto accesso a una formazione superiore (istituti tecnici/agrari, università);
– poche le differenze a livello geografico, ad eccezione del Veneto e della Lombardia, dove solo il 47% degli agricoltori crede che l’azienda sarà ancora aperta tra 10 anni.