Un Rapporto redatto da ex-negoziatori delle Parti dell’UNFCCC indica quali potrebbero essere le linee guida di un nuovo Accordo alla COP21 di Parigi.
L’UE ratifica il proseguimento del Protocollo di Kyoto che costituisce formalmente un ponte verso un Accordo sui cambiamenti climatici globale post-2020.
Dopo la Conferenza scientifica di Parigi (CFCC15) che ha indicato l’evidenza scientifica dei cambiamenti climatici, nonché i punti critici da risolvere e le soluzioni economicamente interessanti e abbordabili a disposizione dei policy maker, è stato diffuso un Rapporto che affronta la questioni delle opzioni politiche per un Accordo sul Clima a Parigi, dal punto di vista dei negoziatori.
“Vision for Paris: Building an Effective Climate Agreement“, è infatti il Rapporto che tiene conto delle indicazioni emerse durante approfondite discussioni tra ex-negoziatori di alto livello sul clima provenienti da 20 Paesi leader, che si sono svolte tra marzo 2014 e maggio 2015, nell’ambito di “Toward 2015: An International Climate Dialogue“, l’iniziativa avviata appunto dal Center for Climate and Energy Solutions (C2ES), un’organizzazione nonprofit statunitense che ha per mission la promozione di politiche efficaci e adeguate azioni per affrontare le sfide climatiche ed energetiche. Lo scopo dell’iniziativa, appunto, di favorire un franco dialogo e un aperto scambio di idee sulla Piattaforma di Durban che aveva posto le basi per un Accordo da raggiungersi entro il 2015 per mantenere il riscaldamento globale entro i +2 °C alla fine del secolo.
Il Rapporto è stato predisposto dal sudafricano Mohammed Valli Moosa, ex-Ministro dell’Ambiente del suo Paese, e dal norvegese Harald Dovland, anche lui ex-Ministro dell’Ambiente ed ex co-Presidente del Gruppo di Lavoro (Ad Hoc Working Group) dell’UNFCCC sulla Piattaforma di Durban e Presidente del Gruppo di Lavoro sul Protocollo di Kyoto, in questa occasione dai co-Presidenti del “Dialogo”, a cui hanno partecipato a livello personale, come del resto gli altri del Panel, senza che le posizioni espresse rappresentino in qualche modo quelle dei rispettivi Paesi.
“Le nostre discussioni sono state franche, sostanziali e produttive – ha dichiarato Moosa – Abbiamo constatato una forte convergenza su molte delle questioni chiave per Parigi. Questa è stata una rara opportunità per un dialogo autentico e con spirito decisamente costruttivo“.
“Di certo, le trattative sono complesse, ma le grandi linee di un accordo sono sempre più evidenti – ha aggiunto Dovland – Siamo ottimisti perché dietro le quinte vediamo un reale desiderio di trovare un terreno comune“.
Il Rapporto prevede che a Parigi sia raggiunto un accordo “ibrido” che dovrà combinare elementi di un approccio dall’alto verso il basso e di un altro dal basso verso l’alto, per ottenere sia un’ampia partecipazione che una forte ambizione.
Secondo il Rapporto, si dovrebbe:
– riaffermare l’obiettivo di limitare l’aumento della temperatura media globale al di sotto dei 2 °C, riconoscendo che questo obiettivo richiede la decarbonizzazione progressiva dell’economia globale;
– includere nel cuore dell’accordo legale che gli impegni assunti nei contributi nazionali (INDC) siano vincolanti e monitorati;
– riflettere una differenziazione non sulla base di esplicite categorie di Paesi, ma rispetto ai vari punti di partenza delle Parti che si impegnino a definire i propri sforzi e a rafforzarli nel corso del tempo;
– richiedere un aggiornamento periodico negli INDC (Intended Nationally Determined Contributions), ad esempio, ogni 5 anni), con le parti impegnate a progredire nel tipo, la portata e/o livello dei propri sforzi, in linea con le rispettive situazioni;
– definire un quadro comune di trasparenza e responsabilità, con una flessibilità per il variare delle capacità nazionali;
– stabilire una visione più forte per l’adattamento nell’ambito dell’UNFCCC, con l’impegno di tutte le parti ad attuare e comunicare gli sforzi nazionali di adattamento e con un procedimento per valutare periodicamente i progressi e le priorità di adattamento;
– impostare un obiettivo collettivo per mobilitare finanziamenti e investimenti, impegnando tutte le parti ad investire proprie risorse a livello nazionale e ad approntare condizioni favorevoli per gli investimenti, consentendo l’allargamento della cerchia dei contributori e stabilendo un processo per monitorare regolarmente flussi e valutare i bisogni;
– riconoscere gli impegni e le azioni da parte di attori non statali, inclusi i governi subnazionali, le imprese, le istituzioni internazionali e le organizzazioni della società civile, a sostegno degli INDC.
Nel frattempo il Consiglio europeo, il 13 luglio 2015 ha adottato la decisione concernente la conclusione, a nome dell’Unione europea, dell’emendamento di Doha del Protocollo di Kyoto alla Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici e l’adempimento congiunto dei relativi impegni, che formalmente funge da ponte verso un accordo sul cambiamento climatico globale post-2020.
“L’Unione europea ha compiuto un passo decisivo per gli ultimi preparativi per ratificare il secondo periodo di impegno del Protocollo di Kyoto – ha dichiarato Miguel Arias Cañete, Commissario per l’Azione per il Clima e l’Energia- Stiamo già attuando le misure per raggiungere il nostro obiettivo di riduzione delle emissioni nell’ambito del Protocollo. Mentre il mondo si prepara per un nuovo accordo globale sul clima, la ratifica formale ancora una volta dimostrerà che l’UE tiene fede ai suoi impegni“.