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Vendemmia 2019: presentati i dati previsionali di Uiv, Ismea e Assoenologi

Anche il settore vitivinicolo è costretto a fare i conti con gli eventi meteorologici anomali indotti dai cambiamenti climatici, che stanno determinando una riduzione complessiva di ettolitri del 16% rispetto al 2018, pur mantenendo il primato mondiale.

Al MiPAAFT sono stati presentati i dati previsionali sulla vendemmia 2019 , curati da Unione Italiana Vini(Uiv), Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare (Ismea) e Assoenologi, che mostrano variazioni negative diffuse su tutto il territorio con la sola eccezione della Toscana che lo scorso anno era però la regione che aveva sofferto di più, registrando la caduta produttiva più forte.

La stima della produzione nazionale di vino si attesta a 46 milioni di ettolitri con un calo del 16% rispetto all’annata record del 2018, quando erano stati sfiorati i 55 milioni di ettolitri. Il dato stimato, come di consueto, risulta da una media tra un’ipotesi minima di 45 milioni di ettolitri e una massima di oltre 47 milioni, comunque inferiore alla media degli ultimi 5 anni. Le perdite maggiori si contano sulle uve precoci, mentre per quelle più tardive l’evoluzione produttiva sarà legata all’andamento meteo di settembre.

La Toscana dunque aumenta la produzione rispetto allo scorso anno del 10%, ma è un dato in controtendenza rispetto a tutte le altre regioni, si salva solo il Molise a crescita zero assieme alla Valle d’Aosta. Per il resto a soffrire di più è la Lombardia con una decrescita del 30%, seguita da Umbria (-24%), Emilia Romagna e Sicilia (-20%) e dal Friuli Venezia Giulia (-18%).

Nonostante una vendemmia meno generosa, peraltro né inattesa né tanto meno vissuta come problematica dagli operatori, stando alle previsioni sembra salva anche per il 2019 la leadership mondiale del nostro Paese, dal momento che la Francia è attesa a un dato di 43,4 milioni di ettolitri e la Spagna non dovrebbe andare oltre i 40 milioni.

Il calo produttivo è da imputare essenzialmente alle condizioni climatiche di gran lunga meno favorevoli rispetto a quelle che avevano portato all’abbondante vendemmia 2018. Le anomalie sono iniziate già in inverno, che ha registrato temperature leggermente superiori rispetto alla norma e precipitazioni inferiori alla media. Andamento meteo che si è protratto anche per i mesi di marzo e aprile, mentre maggio ha registrato una decisa inversione di tendenza: l’abbassamento delle temperature e le abbondanti precipitazioni hanno causato un ritardo della fioritura e un rallentamento del ciclo vegetativo della vite. I mesi di giugno e di luglio hanno invece fatto registrare scarse precipitazioni, che hanno obbligato ad interventi di irrigazione di soccorso, in particolare su impianti giovani.

Peraltro, il recente Rapporto dell’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA) ha messo in guardia circa le ripercussioni negative che i cambiamenti climatici, al di là delle differenze a livello regionale e colturali, comporteranno sulla produttività agricola dell’Europa, in particolare per quella meridionale, con conseguenti perdite economiche per l’intero comparto agricolo dell’UE, sollecitando misure di adattamento a livello di impresa agricola.

Alla fine di agosto – momento della rilevazione, lo stato sanitario delle uve si presenta generalmente buono: il ritorno delle piogge in alcuni areali ha favorito un buon accrescimento dei grappoli e, fortunatamente, sono stati rari i problemi da attacchi di peronospora e oidio, circoscritti e ben contenuti da opportuni trattamenti, risultati tuttavia superiori rispetto allo scorso anno.

Questo mix di fattori, accompagnato da buone escursioni termiche tra il giorno e la notte che hanno favorito una lenta ma graduale maturazione delle uve e un ottimale sviluppo degli aromi, ha permesso di ottenere una qualità generalmente buona su tutto il territorio nazionale. I primi riscontri analitici, peraltro, evidenziano gradazioni medie nella norma, un buon rapporto zuccheri/acidità e per le prime uve vendemmiate un buon quadro aromatico. Si evidenzia anche una sintesi ottimale delle sostanze coloranti nelle uve a bacca rossa.

Tutte le vicissitudini climatiche e meteorologiche hanno portato un ritardo della maturazione di circa 10/15 giorni rispetto alla passata campagna, così da far rientrare in un calendario normale l’epoca di vendemmia, dopo gli anticipi registrati negli ultimi anni. Ne è dimostrazione il fatto che per i primi giorni di settembre si stima l’arrivo in cantina di poco più del 15% delle uve, mentre solo due anni fa si parlava già di oltre il 40%.

Anche quest’anno, ad aprire la vendemmia è stata la Sicilia nella prima settimana di agosto, seguita, a cavallo di Ferragosto, dalla Puglia e poi dalla Lombardia (Franciacorta) nella seconda decade di agosto. Tra la fine di agosto e la prima settimana di settembre, nella maggior parte delle regioni si sono svolte le operazioni di raccolta per le varietà precoci (Chardonnay, Pinot, Sauvignon).

Per quanto riguarda il mercato, l’abbondante produzione del 2018 ha avuto riflessi negativi sulle quotazioni dei vini che nel complesso hanno segnato un -13%. A determinare la riduzione dei listini sono stati soprattutto i vini comuni, da sempre i più esposti alle dinamiche dell’offerta internazionale e alla concorrenza degli altri Paesi produttori, Spagna in primo luogo.

Il mercato dei vini comuni nella campagna 2018/2019, infatti, è stato caratterizzato da ribassi piuttosto consistenti tanto che, soprattutto nei bianchi si è tornati a sfiorare i prezzi di dieci anni prima. Nel complesso l’ultima campagna si è chiusa con un -27% per i vini comuni, maturato da un -34% nel segmento dei bianchi e da un -21% nei rossi. Per i vini a denominazione (Doc-Docg) la riduzione si è limitata al -6%, a dimostrazione che i vini di qualità hanno mercati in qualche modo più consolidati e meno esposti alla concorrenza dei prodotti dei Paesi competitor.

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