Energia

Sistema elettrico italiano: è possibile decarbonizzarlo entro il 2040

Nel corso del Convegno “Verso la neutralità climatica con elettricità 100% rinnovabile”, la coalizione100% Rinnovabili Network ha presentato un Rapporto, elaborato da 21 docenti e ricercatori di diverse università e centri di ricerca, che espone come sia possibile, ecologico e conveniente, decarbonizzare il sistema elettrico italiano, utilizzando unicamente fonti energetiche rinnovabili. Nell’occasione sono state messe in evidenza le numerose criticità del nucleare, mettendo in discussione la sua sostenibilità economica e ambientale.

La coalizione 100% Rinnovabili Network, formata da esponenti di Università e Centri di ricerca, da rappresentanti del mondo delle imprese, del sindacato e del terzo settore e da Fondazione per lo sviluppo sostenibile, Greenpeace Italia, Kyoto ClubLegambiente e WWF, nel corso del Convegno “Verso la neutralità climatica con elettricità 100% rinnovabile” trasmesso in streaming ha presentato l’11 marzo 2025 il RapportoElementi per un’Italia 100% rinnovabile”, elaborato da 21 docenti e ricercatori di diverse università e centri di ricerca, che espone come sia possibile, ecologico e conveniente, decarbonizzare la produzione di elettricità utilizzando unicamente fonti energetiche rinnovabili.

Lo studio elenca 40 interventi strategici per un’Italia completamente alimentata da energia pulita, con l’obiettivo di contrastare la crisi climatica, favorire la transizione ecologica, la pace e la cooperazione internazionale. Tra i punti salienti emerge la necessità di accelerare la diffusione delle rinnovabili, anche in vista del passaggio dal Prezzo Unico Nazionale dell’elettricità a quelli zonali, che favorirà economicamente le aree con maggiore produzione di energia pulita. Il rapporto sottolinea, inoltre il forte impatto occupazionale della transizione verde, grazie alla crescita dei green jobs.

Per promuovere una decarbonizzazione veloce e a basso costo occorre puntare su un forte sviluppo del solare e dell’eolico, integrati fra loro in modo da utilizzare in sinergia la diversa produzione stagionale. Il potenziale eolico italiano è più che sufficiente per far fronte al forte fabbisogno della decarbonizzazione in modo integrato con una forte crescita del solare a terra. Lo sviluppo del solare richiede l’utilizzo di piccole percentuali del territorio ed è improprio parlare di “consumo di suolo” perché gli impianti fotovoltaici a terra possono essere un’occasione per la biodiversità.

La transizione avrà un suo paesaggio rinnovabile del quale l’eolico farà parte, diverso da quello fossile. Occorre tenere ben presente che i paesaggi sono sempre storicamente cambiati e che attualmente non è sostenibile un’estetica del paesaggio che prescinda dalla responsabilità di concorrere alla mitigazione di una crisi climatica dagli esiti devastanti.

processi autorizzativi devono essere rapidi e coerenti con la necessità di accelerare la transizione: la tendenza a estendere aree inidonee per gli impianti eolici e solari va contrastata, fatta eccezione solo per aree di particolare valore naturalistico, culturale, storico e paesistico.

Il Rapporto allarga l’analisi anche agli usi razionali e migliori delle biomasse, all’idroelettrico esistente e a un suo ripensamento in un’epoca di estremizzazione climatica, alle reti di teleriscaldamento per aumentare le opzioni di decarbonizzazione, agli accumuli distribuiti per usi termici e alla geotermia ad alta e bassa entalpia. Presenta, infine, indirizzi e proposte per le riqualificazioni energetiche degli edifici, per l’utilizzo razionale dell’idrogeno e degli elettro-bio-combustibili.

Inoltre, nel giorno dell’anniversario dell’incidente nucleare di Fukushima, la coalizione 100% Rinnovabili Network ha portato in primo piano, nel corso dell’incontro, anche 5 questioni cruciali contro il ritorno alle centrali nucleari in Italia.


1. Il declino di questa tecnologia
: dopo il picco, circa il 17% della produzione elettrica mondiale, raggiunto al termine del secolo scorso, è iniziato un trend discendente, che ha portato il contributo del nucleare a calare fino al 9,2% nel 2022.
2.3. I costi molto elevati e i tempi di costruzione lunghissimi, come dimostrano le esperienze di Flamanville in Francia, Olkiluoto in Finlandia e Hinkley Point in Gran Bretagna.
4. Le centrali nucleari a fissione dell’uranio generano isotopi altamente radioattivi, con tempi di dimezzamento della radioattività che, per il plutonio, arrivano a 24 mila anni, generano quindi combustibile esaurito, scorie e rifiuti nucleari pericolosi, difficili e costosi da gestire.
5. L’Italia non dispone né di uranio né di impianti di arricchimento e produzione del combustibile nucleare che è costoso e andrebbe importato, probabilmente dalla Russia che detiene il 38% della capacità globale di conversione dell’uranio e il 46% della capacità di arricchimento.

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