Il Rapporto sul rischio climatico in Italia, realizzato dalla Fondazione CMCC, evidenzia gli scenari attesi dei cambiamenti climatici e quali rischi principali potranno determinarsi sui settori strategici del nostro Paese e, al contempo, fornisce uno strumento a supporto di concrete strategie di sviluppo resiliente e sostenibile.
Può valere fino all’8% del PIL pro capite; acuire le differenze tra Nord e Sud, tra fasce di popolazione più povere e più ricche; insistere su una serie di settori strategici per l’Italia: i cambiamenti climatici sono un acceleratore del rischio su molti ambiti dell’economia e della società.
È in estrema sintesi, quanto viene evidenziato dal Rapporto “Analisi del Rischio. I cambiamenti climatici in Italia”, realizzato dalla Fondazione CMCC (Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici) e pubblicato il 16 settembre 2020.
Si tratta della prima analisi integrata del rischio climatico in Italia che, partendo dal clima atteso per i prossimi anni, si concentra su singoli settori per fornire informazioni su cosa aspettarci dal futuro e , al contempo, uno strumento a supporto di concrete strategie di sviluppo resiliente e sostenibile.
Il rischio climatico interessa l’intero territorio italiano e tutti i settori economici. Pur con differenze tra diverse aree che sono interessate in maniera diversa, non ci sono regioni che possono considerarsi immuni dal rischio climatico che sta già crescendo in questi anni, con particolare riferimento agli eventi estremi.
L’analisi parte dagli scenari climatici che, attraverso un avanzato utilizzo di modelli climatici ad alta risoluzione applicati allo studio della realtà italiana, forniscono informazioni sul clima atteso per il futuro del Paese. Queste informazioni sono poi applicate all’analisi del rischio in una serie di settori del sistema socio-economico italiano. Ne emerge un quadro in cui il rischio cresce, nei prossimi decenni, in molti ambiti, con costi economico-finanziari consistenti per il Paese e con impatti che interessano in maniera più severa le fasce sociali più svantaggiate e tutti i settori, con particolare riferimento alle infrastrutture, all’agricoltura e al turismo.
“Il rapporto rappresenta il punto più avanzato della conoscenza degli impatti e l’analisi di rischio integrato dei cambiamenti climatici in Italia – ha affermato Donatella Spano, membro della Fondazione CMCC e Docente di Scienze e tecnologie dei sistemi arborei e forestali all’Università di Sassari, che ha coordinato i trenta autori che hanno redatto i 5 capitoli che compongono la ricerca – L’analisi del rischio e dei suoi effetti sul capitale ambientale, naturale, sociale ed economico, consentono di prendere in considerazione le opzioni di risposta individuate dalla ricerca scientifica e di sviluppare piani di gestione integrata e sostenibile del territorio valorizzandone le specificità, peculiarità e competenze dei diversi contesti territoriali”.
“Queste conoscenze sono frutto di ricerca innovativa, di networking tra le Università che contribuiscono alla Fondazione CMCC e di collaborazioni internazionali, nascono dall’utilizzo di una infrastruttura di calcolo di primo livello nella ricerca globale – ha proseguito la Professoressa – Mettere insieme tutti questi aspetti in una prospettiva di ricerca multidisciplinare è un impegno della comunità scientifica, i cui risultati sono al servizio della società e producono conoscenza a beneficio dell’intero sistema Paese”.
“La sfida del rischio connesso ai cambiamenti climatici – ha concluso Donatella Spano – parte dalla conoscenza scientifica per integrare l’adattamento, le soluzioni da mettere in campo di fronte al rischio, in tutte le fasi dei processi decisionali, nelle politiche pubbliche, nei programmi di investimento e nella pianificazione della spesa pubblica, in modo da garantire lo sviluppo sostenibile su tutte le scale territoriali e di governance”.
Corredato da una serie di messaggi chiave, schede infografiche e un estratto di sintesi, realizzati per agevolare la lettura e la fruizione dei contenuti, il rapporto affronta i temi che sono di seguito sintetizzati.
Il clima atteso per il futuro
dell’Italia
I diversi modelli climatici sono concordi nel valutare un aumento della temperatura fino a 2 °C nel
periodo 2021-2050 (rispetto a 1981-2010). Nello scenario peggiore l’aumento
della temperatura può raggiungere i 5 °C. Le precipitazioni estive diminuiranno nelle regioni del centro e del
Sud, mentre aumenteranno gli eventi di
precipitazioni intense. In tutti gli scenari aumenta il numero di giorni caldi e dei periodi senza pioggia. Conseguenze dei cambiamenti climatici
sull’ambiente marino e costiero avranno un impatto su “beni e servizi
ecosistemici” costieri che sostengono sistemi socioeconomici attraverso la
fornitura di cibo e servizi di regolazione del clima.
Rischio aggregato per l’Italia
La capacità di adattamento e la resilienza in Italia sono temi
che interessano l’intero territorio italiano da Nord a Sud. Anche se più ricche
e sviluppate le regioni del Nord non sono immuni agli impatti dei cambiamenti
climatici, né sono più preparate per affrontarli. Per quanto riguarda gli eventi estremi, la probabilità del rischio è aumentata in Italia del 9% negli ultimi
vent’anni.
Costi economici, strumenti e risorse finanziarie
I costi degli impatti dei cambiamenti climatici in Italia aumentano rapidamente e in modo esponenziale al crescere dell’innalzamento della temperatura nei diversi scenari, con valori compresi tra lo 0,5% e l’8% del PIL a fine secolo. I cambiamenti climatici aumentano la disuguaglianza economica tra regioni. Tutti i settori dell’economia italiana risultano impattati negativamente dai cambiamenti climatici, tuttavia le perdite maggiori vengono a determinarsi nelle reti e nella dotazione infrastrutturale del Paese, nell’agricoltura e nel settore turistico nei segmenti sia estivo che invernale. I cambiamenti climatici richiederanno numerosi investimenti e rappresentano un’opportunità di sviluppo sostenibile che il Green Deal europeo riconosce come unico modello di sviluppo per il futuro. È il momento migliore in cui nuovi modi di fare impresa e nuove modalità per una gestione sostenibile del territorio devono entrare a far parte del bagaglio di imprese ed enti pubblici, locali e nazionali.
Le città e l’ambiente urbano
In seguito all’incremento nelle temperature medie ed estreme, alla maggiore frequenza (e durata) delle ondate di calore e di eventi di precipitazione intensa, bambini, anziani, disabili e persone più fragili saranno coloro che subiranno maggiori ripercussioni. Sono attesi, infatti, incrementi di mortalità per cardiopatie ischemiche, ictus, nefropatie e disturbi metabolici da stress termico e un incremento delle malattie respiratorie dovuto al legame tra i fenomeni legati all’innalzamento delle temperature in ambiente urbano (isole di calore) e concentrazioni di ozono (O3) e polveri sottili (PM).
Rischio geo-idrologico
Dall’analisi combinata di fattori antropici e degli scenari
climatici si evince che è atteso l’aggravarsi di una situazione di per sé molto
complessa. L’innalzamento della temperatura e l’aumento di fenomeni di
precipitazione localizzati nello spazio hanno un ruolo importante
nell’esacerbare il rischio. Nel primo caso, lo scioglimento di neve, ghiaccio e
permafrost indica che le aree maggiormente interessate
da variazioni in magnitudo e stagionalità dei fenomeni di dissesto sono le zone alpine e appenniniche. Nel secondo
caso, precipitazioni intense contribuiscono a un ulteriore aumento del rischio idraulico per piccoli bacini e del rischio
associato a fenomeni franosi superficiali nelle aree con suoli con maggior
permeabilità.
Risorse idriche
Gran parte degli impatti dei cambiamenti climatici sulle risorse
idriche prospettano una riduzione della
quantità della risorsa idrica rinnovabile, sia superficiale che sotterranea,
in quasi tutte le zone semi-aride con conseguenti aumenti dei rischi che ne
derivano per lo sviluppo sostenibile del territorio. I cambiamenti climatici
attesi (periodi prolungati di siccità, eventi estremi e cambiamenti nel regime
delle precipitazioni, riduzione della portata degli afflussi), presentano rischi per la qualità dell’acqua e per la
sua disponibilità. I rischi più rilevanti per la disponibilità idrica sono
legati a elevata competizione settoriale (uso civile, agricolo, industriale,
ambientale, produzione energetica) che si inasprisce nella stagione calda
quando le risorse sono più scarse e la domanda aumenta (ad esempio per
fabbisogno agricolo e turismo).
Un recente Studio, pubblicato su Nature Geosciences e a cui ha collaborato la Fondazione CMCC, che ha ricostruito la disponibilità di acqua a livello mondiale, ha dimostrato per la prima volta come i cambiamenti climatici di origine antropica abbiano influenzato la disponibilità d’acqua terrestre nei mesi più secchi dell’anno, dal periodo preindustriale ad oggi.
Agricoltura
I sistemi agricoli possono andare incontro ad una aumentata variabilità delle produzioni con
una tendenza alla riduzione delle rese per molte specie coltivate,
accompagnata da una probabile
diminuzione delle caratteristiche qualitative dei prodotti, con risposte
tuttavia fortemente differenziate a seconda delle aree geografiche e delle
specificità colturali. Impatti negativi sono attesi anche per il settore dell’allevamento, con impatti sia diretti
che indiretti sugli animali allevati e conseguenti ripercussioni sulla qualità e la quantità delle produzioni.
Incendi
L’aumento delle temperature e la riduzione delle precipitazioni medie annue, la maggiore frequenza di eventi meteorologici estremi quali le ondate di calore o la prolungata siccità, interagiscono con gli effetti dell’abbandono delle aree coltivate, dei pascoli e di quelle che un tempo erano foreste gestite, del forte esodo verso le città e le aree costiere, e delle attività di monitoraggio, prevenzione e lotta attiva sempre più efficienti. Si prevede che i cambiamenti climatici esacerberanno ulteriormente specifiche componenti del rischio di incendi, con conseguenti impatti su persone, beni ed ecosistemi esposti nelle aree più vulnerabili. Sono attesi incrementi della pericolosità di incendio, spostamento altitudinale delle zone vulnerabili, allungamento della stagione degli incendi e aumento delle giornate con pericolosità estrema che, a loro volta, si potranno tradurre in un aumento delle superfici percorse con conseguente incremento nelle emissioni di gas a effetto serra e particolato, con impatti quindi sulla salute umana e sul ciclo del carbonio.
Ma qual è la capacità oggi di resilienza delle nostre città e territori? Quali politiche e azioni mettere in campo e come coinvolgere i diversi attori per far sì che città e territori si adattino ai cambiamenti climatici?
A questo scopo è stato avviato e concluso il Progetto europeo Master Adapt, finanziato dal programma LIFE, che ha messo a punto strumenti concreti che sono a disposizione delle Amministrazioni del Paese, tra cui le “Linee guida per le strategie regionali di adattamento ai cambiamenti climatici“.