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Rischi climatici: anche le imprese italiane sono impreparate

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DNV GL, uno dei principali Enti di certificazione a livello mondiale e Società di consulenza aziendale per i settori Energia, Petroli & Gas e Assicurazioni, ha pubblicato una nuova indagine sulla consapevolezza delle imprese sugli impatti dei rischi climatici sulla propria attività, svolta in collaborazione con l’Istituto di ricerca GfK, dal titolo “Are companies resilient enough to climate change?” (Le imprese sono sufficientemente resilienti ai cambiamenti climatici).

I cambiamenti climatici non sono un fenomeno ipotetico che appartiene a un futuro remoto, ma un evento attuale e imprevedibile con cui tutti noi dobbiamo imparare a convivere da subito.

I livelli di emissioni di gas serra sono i più alti mai raggiunti nella storia e gli effetti del “climate change” sono già significativi e vanno dal cambiamento dei modelli meteorologici, all’innalzamento del livello del mare, fino a condizioni climatiche estreme.

Di recente, uno Studio dell’Università di Stanford (California) che ha immesso nei modelli climatici due scenari, uno che prevede il conseguimento dell’obiettivo di mantenere il riscaldamento globale entro i +2 °C, l’altro che tiene conto degli impegni nazionali dei Paesi sottoscrittori dell’Accordo di Parigi, ha rivelato che, quand’anche fossero rispettati gli uni o gli altri, non si eviterà l’aumento del rischio di eventi meteorologici estremi.

Qualche giorno prima, un’altra ricerca condotta dall’Università del Colorado-Boulder, in collaborazione con la NOAA, la NASA e l’Università della Florida meridionale, aveva calcolato che l’innalzamento del livello del mare sarebbe superiore a quanto calcolato da precedenti studi.

Le conseguenze sulle economie nazionali e sui mercati, nonché sulle vite delle persone sono dirompenti e i costi sono sostenuti da tutti: singoli individui e comunità; imprese e nazioni di ogni continente.

Nell’ultimo Rapporto “Global Risks Report 2018” del World Economic Forum, basato sul sondaggio condotto tra esperti, decision-maker e Ceo dei vari settori dell’economia globale, nei primi 5 posti dei rischi che avrebbero probabilità di verificarsi e che darebbero luogo ai maggiori impatti a livello globale, ben 3 rischi sono di carattere ambientale (eventi meteorologici estremidisastri naturali e fallimento delle azioni di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici), anche se in realtà la crisi idrica (5° posto), inserita nella macroarea sociale, può essere ricondotta a situazioni di tipo ambientale.

Secondo l’indagine DNV GL-GfK, quantunque la maggior parte delle aziende a livello globale abbia forte consapevolezza dei problemi e dei rischi che i cambiamenti climatici possono comportare per il loro business, solo un quarto ha dichiarato di aver già adottato misure ad hoc.

La percentuale sale al 40% se si considerano solo le grandi aziende (con più di 1.000 dipendenti), ma è da considerarsi comunque esigua rispetto alla gravità delle minacce.

Le aziende stanno già constatando gli impatti dei cambiamenti climatici sulle loro operazioni o riconoscono un alto rischio per le imminenti conseguenze – ha affermato Luca Crisciotti, Amministratore delegato di DNV GL- Business Assurance – Nonostante ciò, il nostro studio registra una mancanza di proattività, con una minoranza che agisce per adattarsi o aumentare la resilienza. Le aziende stanno sottovalutando quanto possano essere dirompenti gli impatti e quanto sia urgente affrontare questo problema?“.

La maggioranza delle aziende (l’indagine ha coinvolto 1.241 imprese di tutto il mondo) sembra spinta all’azione principalmente da “motivazioni esterne”, per lo più dalla necessità di rispettare leggi e regolamenti. Tuttavia, non per tutte è così.

Lo studio ha anche identificato un (ristretto) gruppo di aziende – definite “leader” nel Rapporto di ricerca – che si distinguono sia per maggiore sensibilità al tema, sia per aver già implementato azioni di adattamento o di resilienza con l’obiettivo di garantire la continuità operativa. Aspetto che, per queste aziende, percentualmente pesa ancor più della necessità di conformarsi alle normative, e che va di pari passo con la convinzione di poter trarre benefici da queste iniziative anche in termini di vantaggio competitivo.

In linea generale, invece, i risultati dell’indagine suggeriscono che la maggior parte delle imprese sia solo all’inizio del proprio percorso di gestione dell’adattamento al climate change.

A livello mondiale, più di un’impresa su due ha condotto almeno una valutazione di rischio in relazione ai cambiamenti climatici o prevede di effettuarne uno nel breve termine. L’adozione di strumenti e servizi ad hoc è prevista da più del 50% dei partecipanti all’indagine entro i prossimi 3 anni.

Dell’indagine hanno fatto parte anche 148 aziende italiane, il 40% delle quali, pur riconoscendo già gli effetti dei cambiamenti climatici su almeno una delle principali aree della propria attività (asset, operazioni, catena di fornitura o clienti e mercati) o se li aspetti nel breve termine, sono poche quelle che hanno già preso precauzioni.

Solo due imprese italiane su dieci (19%; -6% rispetto alla media globale) hanno già implementato iniziative di adattamento e resilienza al climate change, mentre il 14% le sta pianificando. Il 36% del campione si propone di valutare quali siano le azioni rilevanti da intraprendere entro il breve termine, mentre il 30% dichiara che non saranno avviate azioni su questo fronte nei prossimi tre anni.

Dall’indagine emerge che a frenare le nostre imprese sembrano essere:
– la mancanza di consapevolezza (30%);
– l’idea che i cambiamenti climatici avranno un impatto limitato sulla propria attività (36%);
– i costi per le azioni di adattamento (31%);
– la mancanza di incentivi (36%).

Comunque, interrogate sulla propensione all’adozione di strumenti o servizi per costruire la propria resilienza al clima nei prossimi tre anni, il 71% delle imprese italiane partecipanti all’indagine ha risposto positivamenteuna su 4 condurrà un assessment per valutare i rischi climatici a cui sarà esposto il proprio business; mentre una su 5 investirà per sviluppare la propria conoscenza e capacità di risposta alla problematica.

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