La Corte di giustizia europea ha emesso una sentenza “storica” che aprirà la strada a una serie di sfide legali in tutta Europa, dove sono numerosi i Governi che non riescono a proteggere i cittadini dall’inquinamento atmosferico, come peraltro testimonia l’annuale Rapporto sulla Qualità dell’aria pubblicato nello stesso giorno dall’Agenzia Europea dell’Ambiente.
“Quando uno Stato membro rileva che i valori limite non possono essere rispettati entro il termine stabilito dalla Direttiva sulla qualità dell’aria e intende poter prorogare tale termine di cinque anni al massimo, deve chiedere la proroga presentando un piano per la qualità dell’aria che dimostri come i valori limite saranno conseguiti entro il nuovo termine”.
Questa in sintesi è la storica sentenza con cui la Corte di giustizia dell’Unione europea si è espressa il 19 novembre 2014, a seguito del rinvio da parte della Corte Suprema del Regno Unito di quattro domande riguardanti l’interpretazione e l’applicazione della Direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa.
Tale Direttiva stabilisce i valori limite per taluni inquinanti nell’aria ambiente. Per quanto riguarda il biossido di azoto i valori limite non devono essere superati dopo il 1° gennaio 2010. Tuttavia, la direttiva prevede che, se in una determinata zona o agglomerato, nel quale le condizioni sono particolarmente difficili, non è possibile raggiungere i valori limite fissati entro tale data nonostante l’attuazione di adeguate misure, uno Stato membro può prorogare il termine fino al 1° gennaio 2015, al massimo, a condizione che lo Stato membro predisponga, conformemente ai requisiti previsti dalla Direttiva, un piano per la qualità dell’aria che dimostri come i valori limite saranno conseguiti entro il nuovo termine. Nel Regno Unito, in 40 delle 43 zone stabilite ai fini della Direttiva, essendo stati superati al 2010 i valori limite di biossido di azoto (NO2) in 40 delle 43 zone stabilite ai fini della Direttiva, il Governo presentava nel settembre 2011 alla Commissione UE tali piani corredati da domanda di proroga del termine per 24 zone per le quali la Gran Bretagna riteneva che i valori limite dovessero essere rispettati entro il 1° gennaio 2015. Per le altre zone o agglomerati, tra cui “Great London”, i cui piani per la qualità dell’aria prevedevano il rispetto dei limiti tra il 2015 e il 2025, non veniva presentata alcuna domanda.
ClientEarth, una ONG ambientalista che ha per mission di facilitare la possibilità per i cittadini europei di adire legalmente ai tribunali per questioni di carattere ambientale, ha portato il Governo britannico dinanzi ai giudici nazionali per chiedere la rettifica di tali piani al fine di indicarvi le condizioni in presenza dei quali i valori limite stabiliti per il NO2 avrebbero potuto essere rispettati il più presto possibile e, al più tardi, entro il 1° gennaio 2015.
Investita del caso, la Corte suprema del Regno Unito si rivolgeva alla Corte di giustizia europea, chiedendo:
– se uno Stato membro debba presentare una domanda di proroga, qualora i valori limite non siano rispettati al 1° gennaio 2010;
– se la predisposizione di un piano per la qualità dell’aria sia rilevante al fine di stabilire se uno Stato membro abbia ottemperato o no alla Direttiva;
– quale misura debba prendere il giudice nazionale, in caso di non conformità.
La Corte europea ha evidenziato che per il NO2 la Direttiva prevede che i valori limite “non possono essere superati”, il che corrisponde ad un obbligo di risultato. La proroga del termine inizialmente stabilito è possibile unicamente qualora persistano problemi acuti di conformità nonostante l’attuazione di adeguate misure di lotta contro l’inquinamento. Pertanto, per poter prorogare al massimo per 5 anni il termine previsto dalla Direttiva, uno Stato membro deve presentare la domanda quando emerge in modo oggettivo, tenendo conto dei dati esistenti e nonostante l’attuazione da parte di tale Stato di adeguate misure di lotta contro l’inquinamento, che tali valori non potranno essere rispettati in una zona o in un determinato agglomerato entro il termine indicato. Nessuna deroga a tale obbligo viene consentita dalla Direttiva.
Inoltre, la Corte rammenta che, qualora il superamento dei valori limite di NO2 abbia luogo dopo il termine previsto e una domanda di proroga non sia stata precedentemente presentata, lo Stato membro è egualmente tenuto a predisporre un piano per la qualità dell’aria che preveda misure adeguate affinché il periodo di non conformità sia il più breve possibile, dal momento che il semplice fatto di aver predisposto tale piano non consente di considerare che lo Stato di cui trattasi abbia pienamente adempiuto gli obblighi ad esso incombenti in forza della Direttiva.
Qualora uno Stato membro non abbia rispettato i valori limite e non abbia richiesto la proroga del termine nelle condizioni previste, spetta al giudice nazionale competente, eventualmente adito, adottare nei confronti dell’autorità nazionale ogni misura necessaria, come un’ingiunzione, affinché tale autorità predisponga il piano richiesto dalla Direttiva nelle condizioni previste da quest’ultima, di modo che, in particolare, il periodo di superamento dei valori limite sia il più breve possibile.
Ora sarà la Corte Suprema del Regno Unito che dovrà emettere la sentenza definitiva applicando quella della Corte di giustizia europea, costringendo probabilmente il Governo britannico ad elaborare un nuovo piano per rispettare i limiti, ma in un lasso di tempo così breve da indurre le autorità a vietare il transito a tutti i veicoli a diesel.
Questa sentenza costituisce anche un precedente giuridico innovativo nel diritto comunitario, che potrebbe aprire la strada a una serie di sfide legali in tutta Europa, dove sono numerosi i Governi (in particolare quello italiano) che non riescono a proteggere i cittadini dall’inquinamento atmosferico, come testimonia l’annuale Rapporto “Air Quality in Europe 2014” presentato nello stesso giorno (19 novembre 2014) dall’Agenzia Europea dell’Ambiente (EEA), che raccoglie i dati provenienti dalle stazioni di monitoraggio europee.
In un Comunicato la Commissione UE ha accolto con soddisfazione la sentenza della Corte di giustizia europea, e che “ora la sta esaminando attentamente dal momento che confermerebbe il dovere di tutti gli Stati membri dell’UE di proteggere i cittadini europei e realizzare gli standard di qualità dell’aria entro un termine ragionevole”.
Speriamo che tale sentenza serva a far ritornare sui suoi passi il Presidente della Commissione UE Jean-Claude Juncker che, secondo quanto denunciato nei giorni scorsi da Business Green, entrato in possesso di una lettera indirizzata ai 26 nuovi Commissari, avrebbe intenzione di rivedere, ammorbidendolo, il nuovo pacchetto di politiche per ripulire l’aria in Europa che la precedente Commissione aveva presentato nel dicembre 2013, prevedendo di abbassare ulteriormente i valori limite degli inquinanti atmosferici per renderli più ravvicinati a quelli proposti dall’OMS.