Dopo 5 anni di segretezza è stata finalmente pubblicata, anche per effetto delle procedure di infrazione avviate dalla Commissione UE e della condanna della Corte europea di giustizia, la Carta dei 67 siti potenzialmente idonei ad ospitare il Deposito nazionale e il Parco tecnologico per i rifiuti radioattivi chederivano dall’esercizio e dallo smantellamento degli impianti nucleari per la produzione di energia elettrica e dagli impianti nucleari di ricerca, nonché dalle sostanze radioattive usate dal settore medico e ospedaliero per la diagnosi clinica, per le terapie anti tumorali.
Dopo il nulla osta del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM) e del Ministero dello Sviluppo Economico (MiSE), la SOGIN, la Società pubblica incaricata del decommissioning (smantellamento) degli impianti nucleari italiani e dell’individuazione del Deposito nazionale, l’infrastruttura dove saranno sistemati definitivamente i rifiuti radioattivi, oggi stoccati in una ventina di depositi temporanei distribuiti sul territorio italiano, non idonei ai fini dello smaltimento definitivo, ha pubblicato il 5 gennaio 2020 la Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee (CNAPI) il progetto preliminare e tutti i documenti correlati alla realizzazione del Deposito e del Parco Tecnologico, che permetterà di sistemare in via definitiva i rifiuti radioattivi italiani di bassa e media attività.
Sulla gestione dei rifiuti radioattivi l’Italia ha accumulato ritardi e inadempienze tant’è che la Commissione UE aveva adottato nel 2017 un parere motivato per la mancata notifica del Programma nazionale di gestione del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi.
La Direttiva sui rifiuti radioattivi (2011/70/UE) che ha istituito un quadro per garantire la gestione responsabile e sicura del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi al fine di evitare ogni onere indebito a carico delle generazioni future, ha previsto che le autorità nazionali dei Paesi membri dell’UE adottassero adeguati provvedimenti in ambito nazionale per un elevato livello di sicurezza, al fine di proteggere i lavoratori e la popolazione dai pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti.
I rifiuti radioattivi derivano dalla produzione di energia elettrica in centrali nucleari o da altri utilizzi di materiali radioattivi per scopi medici, di ricerca, industriali e agricoli, per cui tutti i Paesi dell’UE producono rifiuti radioattivi e che, pertanto, erano tenuti a notificare i programmi nazionali entro il 23 agosto 2015.
La SOGIN aveva consegnato all’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) nel gennaio 2015 la proposta sulla base delle linee guida dell’IEAE (International Atomic Energy Agency) di Carta delle aree potenzialmente idonee a ospitare il deposito, e nel marzo seguente l’ISPRA aveva inviato la sua relazione al MATTM e al MiSE i quali a loro volta avevano rinviato la palla a SOGIN e ISPRA per “ulteriori approfondimenti tecnici”.
Durante la fase istruttoria, dalla mappa delle possibili aree idonee, erano state stralciate lagune, zone protette, miniere, dighe, poligoni di tiro e tutte le aree con una delle seguenti caratteristiche: sismiche; soggette a frane o ad alluvioni; sopra i 700 metri di quota, sotto i 20 metri di quota; a meno di 5 chilometri dal mare; a meno di un chilometro da ferrovie o strade di grande importanza; vicino alle aree urbane; accanto ai fiumi. Pertanto, sono rimaste poche aree da considerare per ospitare i rifiuti radioattivi, che rappresenterebbero meno dell’1% del territorio nazionale. Tuttavia, le Regioni che avevano il sentore di avere quelle aree all’interno del loro territorio erano entrate in fibrillazione, temendo la reazione dei cittadini.
Nonostante i costi della SOGIN (abbondantemente superiori ai 100 milioni di euro all’anno), le preoccupazioni per gli eventuali contraccolpi elettorali avevano fatto rinviare ogni decisione in merito. Così la Commissione UE, trascorsi inutilmente i due mesi concessi senza che il nostro Paese ottemperasse ai suoi obblighi, aveva deferito l’Italia alla Corte europea di giustizia che non ha potuto far altro che condannarla nel luglio 2019, non avendo preso in considerazione le giustificazioni addotte relative da un lato “alla previa consultazione pubblica e, dall’altro, alla modifica della compagine governativa che avrebbe ritardato il processo di adozione del programma nazionale”.
La perseverante inosservanza del nostro Paese agli obblighi imposti dall’appartenenza all’UE ha costretto quindi lo scorso ottobre la Commissione ad avviare una nuova procedura di infrazione (lettera di costituzione in mora), così che non era più possibile tergiversare e il Governo si è assunto la responsabilità di dare il via libera alla pubblicazione della CNAPI.
La pubblicazione dei 67 luoghi potenzialmente idonei (non sono tutti equivalenti ma presentano differenti gradi di priorità a seconda delle caratteristiche), di fatto dà l’avvio alla fase di Consultazione dei documenti per la durata di due mesi, all’esito della quale si terrà, nell’arco dei 4 mesi successivi, il Seminario nazionale. Sarà questo l’avvio del dibattito pubblico vero e proprio che vedrà la partecipazione di Enti locali, Associazioni di categoria, Sindacati, Università ed Enti di ricerca, durante il quale saranno approfonditi tutti gli aspetti, inclusi i possibili benefici economici e di sviluppo territoriale connessi alla realizzazione delle opere.
Le località considerate come più adatte, si possono suddividere in diverse macroaree:
– Piemonte, con aree tra le province di Torino e Alessandria;
– Toscana e Lazio con Grosseto, Siena e Viterbo;
– Puglia e Basilicata, con Matera, Potenza, Bari e Taranto;
– Sardegna, con Oristano e il Sud dell’isola;
– Sicilia con Trapani, Palermo e Caltanissetta.

In base alle osservazioni e alla discussione nel Seminario Nazionale, Sogin aggiornerà la CNAPI che verrà nuovamente sottoposta ai pareri del MiSE, del MATTM e del MIT e validata dall’ente di controllo ISIN (ex ISPRA),. In base a questi pareri, il MiSE convaliderà la versione definitiva della Carta, ovvero la CNAI (Carta Nazionale delle Aree Idonee) che sarà il risultato dell’aggiornamento della CNAPI sulla base dei contributi emersi durante la consultazione pubblica.
“Sarà una procedura fortemente partecipata e trasparente – sottolinea la nota congiunte MiSE-MATTM – condotta coinvolgendo gli amministratori e i cittadini tutti, e al termine della quale potranno pervenire le candidature dei comuni”.
Il Deposito nazionale e il Parco tecnologico (Centro di ricerca sullo smantellamento delle installazioni nucleari e sulla gestione dei rifiuti radioattivi);saranno costruiti in un’area di circa 150 ettari, di cui 110 dedicati al Deposito e 40 al Parco. Il deposito avrà una struttura a “matrioska”: all’interno di 90 costruzioni in calcestruzzo armato, dette celle, verranno collocati grandi contenitori in calcestruzzo speciale, i moduli, che racchiuderanno a loro volta i contenitori metallici con all’interno i rifiuti radioattivi già condizionati.
In totale circa 78 mila metri cubi di rifiuti a bassa e media attività, la cui radioattività decade a valori trascurabili nell’arco di 300 anni. Di questi rifiuti, circa 50.000 metri cubi derivano dall’esercizio e dallo smantellamento degli impianti nucleari per la produzione di energia elettrica, circa 28.000 metri cubi dagli impianti nucleari di ricerca e dalle sostanze radioattive usate dal settore medico e ospedaliero per la diagnosi clinica, per le terapie anti tumorali.
Inoltre, nel Deposito nazionale sarà compreso anche il Complesso Stoccaggio Alta attività (CSA), per lo stoccaggio di lungo periodo di circa 17.000 metri cubi di rifiuti a media e alta attività. Una minima parte di questi ultimi, circa 400 metri cubi, è costituita dai residui del riprocessamento del combustibile effettuato all’estero e dal combustibile non riprocessabile. In questo caso il Deposito nazionale costituirà un passaggio intermedio, in attesa di una soluzione definitiva che sarà individuata congiuntamente con gli altri Paesi europei.
In copertina: Fusti di scorie radioattive nella ex-miniera di salgemma di Morsleben (Germania) – 4 ° livello (immagine storica). Fonte: DMT