Maria van der Hoeven sottolinea che la tecnologia nel settore energetico del nostro Paese sarebbe in grado di offrire ottime opportunità alle aziende italiane di internazionalizzarsi, inserendosi con successo nelle filiere energetiche emergenti dei Paesi non OCSE dove si concentrerà la crescita delle rinnovabili nei prossimi 5 anni.
Partecipando al Seminario “Energia e Ambiente: sinergie al servizio della sostenibilità”, promosso dal Ministero degli Esteri e tenutosi lo scorso mese di luglio a Roma presso la Farnesina, la Direttrice dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (AIE) Maria van der Hoeven ha riassunto i dati contenuti nel Rapporto “Medium-Term Renewable Energy Market”(disponibile gratuitamente solo l’executive summary, secondo cui nel 2016 a livello globale le rinnovabili diventeranno la seconda fonte, dopo il carbone, per la produzione di energia elettrica ed entro il 2018 aumenterà ancora del 40% così da coprire quasi un quarto del totale della produzione elettrica. Andando un po’ più in là al 2020, l’Agenzia si sbilancia ad affermare che su un totale di 27.165 TWh, la produzione energetica da rinnovabili potrebbe essere superiore a 7.400 TWh.
Le stime del Rapporto tengono conto anche dell’aumento di competitività dell’energia pulita che guadagna lentamente, ma in modo costante, terreno e mercato rispetto alle tradizionali forme di approvvigionamento energetico. Anche le rinnovabili termiche in pochi anni saranno in grado di soddisfare il 10% del fabbisogno mondiale di calore, contro l’attuale 8%. “Molte rinnovabili non hanno più bisogno di alti incentivi – ha affermato la van der Hoeven – Ma hanno ancora bisogno di politiche di lungo termine che consentano la formazione di un mercato affidabile e di una cornice di regole compatibile con gli obiettivi pubblici”. Anche le rinnovabili termiche in pochi anni saranno in grado di soddisfare il 10% del fabbisogno mondiale di calore, contro l’attuale 8%.
Dai dati dell’AIE risulta che idroelettrico, geotermia e impianti di biomasse di grande taglia sono già competitivi nei luoghi in cui queste risorse esistono in grande quantità. L’eolico, in particolare, in Paesi come l’Australia, la Nuova Zelanda, la Turchia e in alcune aree del Cile e del Messico tiene testa ai nuovi impianti a carbone o a gas, mentre il fotovoltaico è già competitivo, se si confronta il costo del consumo sul posto ai prezzi dell’energia distribuita in rete, in Spagna, Italia, Germania del Sud, California del Sud, Australia e Danimarca.
Nel Capitolo dedicato all’Italia, il Rapporto indica che le rinnovabili hanno fornito nel 2012 il 31% della produzione elettrica lorda, un terzo della quale derivata dal fotovoltaico (6%) e dall’eolico (4,5%). Secondo il Rapporto, il loro ulteriore sviluppo è legato a due fattori:
– il miglioramento della rete di trasmissione in modo da collegare adeguatamente Nord e Sud, permettendo uno sfruttamento più efficiente del potenziale eolico;
– il superamento delle difficoltà che oggi frenano il consumo dell’energia prodotta sul posto con il fotovoltaico.
“L’autoconsumo – ha sottolineato, tuttavia, la Direttrice AIE – sarà un fattore chiave per la distribuzione nel medio termine”.
Per le economie dei Paesi di più vecchia industrializzazione sarà fondamentale inserirsi con successo nelle filiere energetiche emergenti, per non rischiare di essere messi fuori gioco in un settore strategico, stante la concorrenza sempre più forte dei Paesi di più recente sviluppo e la crescita delle rinnovabili nei prossimi 5 anni concentrata nell’area dei Paesi non OCSE. Al riguardo, la van der Hoeven ha osservato che la tecnologia italiana nel settore energetico offre ottime opportunità alle aziende italiane di internazionalizzarsi.
In un’intervista rilasciata nell’occasione al periodico del GSE “Elementi”, la Direttrice esecutiva AIE ha avuto occasione di parlare anche di gas e del suo maggior consumo per la riduzione delle emissioni rispetto alle altre fonti tradizionali e della possibilità per l’Italia di assumere un ruolo di hub europeo per tale fonte energetica, argomento che in questi ultimi giorni ha costituito argomento su cui si è appuntata l’attenzione dei media, specie dopo l’incontro tra il Presidente del Consiglio Enrico Letta e quello dell’Azerbaijan Ilham Aliyev per decidere i prossimi passi strategici a seguito della scelta azera di accedere alla rete di distribuzione europea attraverso il gasdotto Trans Adriatic Pipeline (TAP), che convoglierà il gas del Caucaso verso la Puglia, passando da Grecia e Albania.
“Il gas naturale può giocare un ruolo nel contribuire a ridurre le emissioni di gas a effetto serra, specie se rimpiazza combustibili a maggiore intensità di carbonio. Ma dobbiamo essere chiari: il gas non è una panacea per tutti i problemi climatici – ha sottolineato Maria van der Hoeven – Una maggior quota del gas naturale nel mix energetico globale, da sola, è ben distante dal porci in un percorso coerente con la limitazione dell’aumento medio della temperatura globale entro i 2 °C. Per raggiungere questo obiettivo occorre un mutamento ben più sostanziale nell’uso dell’energia a livello globale, includendo miglioramenti nell’efficienza energetica, maggiori sforzi nella diffusione e implementazione di fonti energetiche ‘low carbon’ e una vasta applicazione di tecnologie a basso tenore di carbonio. Nel rapporto tra gas e rinnovabili, l’AIE ritiene che il metano possa avere un ruolo di facilitatore per le fonti rinnovabili, soprattutto quando queste raggiungono un’alta penetrazione nei sistemi energetici: la flessibilità del gas può aiutare il bilanciamento delle tecnologie intermittenti come eolico e fotovoltaico”.
In merito al ruolo, per il nostro Paese, di hub energetico del gas, la Direttrice AIE è stata piuttosto lapidaria: “L’Italia ha la potenzialità di fungere da punto di ingresso del gas. Ma c’è del lavoro da fare nell’assetto regolatorio italiano per facilitare l’introduzione di nuovi fonti di gas e di nuovi competitor” (“Elementi”, agosto-novembre 2013, pagg. 10-12).