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Acque reflue urbane: migliora il trattamento nell’UE

acque reflue urbane

Le città e gli agglomerati urbani dell’Unione europea sono tenuti a raccogliere e trattare le loro acque reflue urbane ai sensi della Direttiva 91/271/CEE relativa al Trattamento delle acque reflue urbane che prevede che gli Stati membri si dotino di sistemi di raccolta delle acque reflue urbane e garantiscano che l’acqua che entra nei sistemi di raccolta subisca un opportuno trattamento “secondario” volto a rimuovere le sostanze inquinanti. Le acque reflue che arrivano in aree sensibili (quali i siti di balneazione o le riserve di acqua potabile, ad esempio) sono sottoposte a un’ulteriore forma di trattamento più rigorosa. Le acque reflue non trattate possono essere contaminate da batteri e virus dannosi, rappresentando, pertanto, un rischio per la salute pubblica.

Esse contengono tra l’altro nutrienti come l’azoto e il fosforo che possono danneggiare le acque dolci e l’ambiente marino favorendo la crescita eccessiva di alghe che soffocano le altre forme di vita, processo conosciuto come eutrofizzazione. Per gli Stati membri dell’UE-15 tutti i termini stabiliti dalla direttiva sono scaduti, ma  i nuovi Stati membri dell’UE-12 hanno beneficiato di termini più ampi, l’ultimo dei quali scadrà nel 2018.

Per l’attuazione della Direttiva svolgono un ruolo di primo piano il Fondo di Coesione e il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR). Al primo possono attingere gli Stati membri che hanno un reddito nazionale lordo (RNL) pro-capite inferiore al 90% della media comunitaria al fine di recuperare il proprio ritardo economico e sociale e a stabilizzare la propria economia (Bulgaria, Romania, Cipro, Estonia, Grecia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia e Slovenia e la Spagna che fruisce di un regime di sostegno transitorio), mentre con il secondo è possibile finanziare le infrastrutture per la salvaguardia dell’ambiente. Per l’intero periodo di programmazione 2007-2013, il contributo dell’UE a favore degli investimenti delle acque reflue è stimato a circa 14,3 miliardi di Euro.

Il 7 agosto 2013, ai sensi della Direttiva stessa, la Commissione UE ha rilasciato il 7° Rapporto sulla sua implementazione che copre il periodo 2009-2010, dove si evidenzia che la maggior parte (91%) del carico inquinante proveniente dalle grandi città dell’Unione europea beneficia di un trattamento più rigoroso, con un notevole miglioramento rispetto alla situazione descritta nella relazione precedente (77%). Inoltre, il migliore trattamento delle acque reflue e la minor quantità di scarichi di acque reflue non trattate nell’ambiente hanno indubbiamente consentito di migliorare la qualità delle acque di balneazione. All’inizio degli anni ’90, solo il 60% circa dei siti di balneazione vantava acque di qualità eccellente, mentre oggi tale cifra è pari al 78%.

Il trattamento delle acque reflue è un test fondamentale per la società: eliminiamo i rifiuti che produciamo o stiamo rovinando l’ambiente da cui dipendiamo? – ha dichiarato il Commissario per l’Ambiente Janez Potočnik – Sono soddisfatto di vedere che le tendenze vanno nella direzione giusta e sono lieto di constatare che l’azione della Commissione, che associa misure di sostegno finanziario a, se necessario, azioni legali, sta dando i suoi frutti a vantaggio dei cittadini europei”.

Tuttavia, in un Allegato che accompagna il Rapporto (Annex accompanying the document), in cui si confronta la situazione delle 27 capitali europee, si lancia un monito: solo 11 delle 27 città sono dotate di un adeguato sistema di raccolta e di trattamento, nonostante il fatto che le norme siano state fissate più di 20 anni fa.

La Commissione sta promuovendo il rispetto delle norme nell’ambito di un dialogo permanente e, laddove necessario, mediante i procedimenti di infrazione, alcuni dei quali risalgono al 1997. Sono ancora in corso procedimenti di infrazione nei confronti di 10 Stati membri, tra i quali quelli nei confronti dell’Italia che è stata deferita, tra l’altro, alla Corte di Giustizia dell’UE lo scorso giugno. Secondo Bruxelles, sarebbero almeno 50 i centri urbani italiani non collegati a un idoneo sistema fognario oppure sprovvisti di impianti di trattamento secondario. Per altri non ha previsto che le acque reflue urbane che confluiscono in reti fognarie siano sottoposte, prima dello scarico, a un trattamento secondario o a un trattamento equivalente. Per altri ancora non ha disposto che le acque reflue urbane siano sottoposte, prima dello scarico, a un trattamento più spinto di un trattamento secondario o equivalente. Inoltre, secondo la Commissione, l’Italia non ha neanche previsto le disposizioni necessarie affinché la progettazione, la costruzione, la gestione e la manutenzione degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane siano condotte in modo da garantire prestazioni sufficienti nelle normali condizioni climatiche locali ed, eventualmente, tener conto delle variazioni stagionali di carico.

Ecco di seguito quali sono i principali risultati del Rapporto:

– Il tasso di raccolta è molto elevato, con 15 Stati membri che raccolgono il 100% del loro carico inquinante totale. Tutti hanno mantenuto o migliorato i risultati già ottenuti, sebbene il tasso di conformità sia tuttora inferiore al 30% in Bulgaria, Cipro, Estonia, Lettonia e Slovenia.

– I tassi di conformità per il trattamento secondario sono pari all’82%, con un aumento di 4 punti rispetto alla relazione precedente. Tuttavia vi sono enormi differenze tra l’UE-15, dove i tassi erano compresi tra il 90 e il 100% e l’UE-12, dove in media la conformità era del 39%.

– I tassi di conformità per il trattamento più rigoroso destinato a contrastare l’eutrofizzazione o ridurre l’inquinamento batteriologico che potrebbero avere ripercussioni sulla salute umana, sono, complessivamente, pari al 77%. Gli Stati membri dell’UE-12 hanno raggiunto in media solo il 14%, mentre l’Austria, la Germania, la Grecia e la Finlandia registrano una percentuale di conformità del 100%.

– La parte del territorio UE designata come “area sensibile” registra un aumento di due punti rispetto alla relazione precedente, raggiungendo quasi il 75%. L’aumento maggiore si è registrato in Francia e in Grecia.

I tassi di conformità sono più elevati nei casi in cui i costi sono stati recuperati ed è stato applicato il principio “chi inquina paga”, ha dovuto ammettere nel comunicato la Commissione UE.

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