Circular economy Risorse e rifiuti

Dal Rapporto Cave di Legambiente: canoni irrisori e rilevanti ricavi

Rapporto Cave Legambiente

La sfida dell’economia circolare riguarda anche al mondo delle attività estrattive, perché è possibile ridurre il prelievo di materiale e l’impatto delle cave nei confronti del paesaggio, dare una nuova vita ad una cava dismessa e percorrere la strada del riciclo degli aggregati.
A dimostrarlo sono tanti Paesi europei che hanno deciso di puntare sul riciclo degli inerti, ma anche diversi esempi italiani anche se per l’Italia la strada è ancora lunga e in salita. Nella Penisola si continua a scavare troppo e con impatti devastanti sull’ambiente (dalle Alpi Apuane alle colline di Brescia, da Trapani a Trani) e la strada del riciclo, malgrado la spinta delle Direttive europee, è ancora molto indietro.

È quanto emerge dal Rapporto Cave 2017 che Legambiente ha presentato il 14 febbraio 2017 nel corso di una Conferenza stampa e che dal 2009 scatta una fotografia puntuale della situazione delle attività estrattive, degli impatti economici e ambientali, delle regole in vigore nelle diverse Regioni, individuando anche le opportunità che esistono puntando sull’economia circolare.

La sfida dell’economia circolare riguarda anche il mondo delle attività estrattive, perché è possibile ridurre il prelievo di materiale e l’impatto delle cave nei confronti del paesaggio, dare una nuova vita ad una cava dismessa e percorrere la strada del riciclo degli aggregati. A dimostrarlo sono tanti Paesi europei che hanno deciso di puntare sul riciclo degli inerti, ma anche diversi esempi italiani, anche se per l’Italia la strada è ancora lunga e in salita, come testimonia la presenza all’iniziativa quale best practice gestionale di attività estrattiva della Fassa srl.

Occorre promuovere una profonda innovazione nel settore delle attività estrattive, dove non è utopia pensare di avere più imprese e occupati nel settore, proprio puntando su tutela del territorio, riciclo dei materiali e un adeguamento dei canoni di concessione ai livelli degli altri Paesi europei – ha affermato Edoardo Zanchini, Vicepresidente di Legambiente – La sfida per i materiali di pregio è di mantenere in Italia le lavorazioni dei materiali, dove il tasso di occupazione è più alto. Mentre per gli inerti l’obiettivo è di spingere la filiera del riciclo, che garantisce almeno il 30% di occupati in più a parità di produzione, e che può garantire prospettive di crescita molto più importanti e arrivare a interessare l’intera filiera delle costruzioni. Ma per realizzare ciò servono delle scelte e delle politiche chiare da parte di Governo e Regioni“.

Il Rapporto evidenzia che, nonostante la crisi che ha fatto registrare una riduzione del numero di cave attive (-20,6% rispetto al 2010), sono ben 4.752 le cave attive e 13.414 quelle dismesse nelle Regioni in cui esiste un monitoraggio. Se a queste aggiungessimo anche quelle delle regioni che non hanno un monitoraggio (Friuli Venezia Giulia, Lazio e Calabria), il dato potrebbe salire ad oltre 14mila cave dismesse.
Sono poi 53 milioni di metri cubi di sabbia e ghiaia estratti ogni annomateriali fondamentali nelle costruzioni, 22,1 milioni di metri cubi di calcare e oltre 5,8 milioni di metri cubi di pietre ornamentali.
In 9 Regioni italiane non sono in vigore Piani cava e le regole risultano quasi ovunque inadeguate a garantire tutela e recupero delle aree.
Rilevanti sono, invece, i guadagni per i cavatori3 miliardi di euro l’anno il ricavato dai cavatori dalla vendita di inerti e pietre ornamentali a fronte di canoni di concessione irrisori (2,3% di media per gli inerti e Regioni in cui è gratis). 
Si è registrata una crescita record per il prelievo e le vendita di materiali lapidei di pregio, con esportazioni in aumento (2 miliardi di Euro nel 2015), ma si riduce il lavoro in Italia nel settore.

Nel Rapporto, realizzato con il contributo di Fassa Bortolo, sono raccolte non solo storie da tutta Italia, che raccontano l’impatto sul paesaggio italiano, ma anche buone pratiche realizzate nella Penisola ed esempi virtuosi riguardanti la gestione dell’attività estrattiva (in sotterraneo e con contestuale recupero delle aree) e il recupero delle cave dismesse per creare parchi e ospitare attività turistiche, ma anche di cantieri dove si sono usati materiali provenienti dal riciclo invece che sabbia e ghiaia (in autostrade e persino nello Stadio della Juventus).

Unico territorio ospitato alla presentazione del Rapporto, il Trentino è stato preso come esempio virtuoso all’interno di un quadro nazionale che presenta luci, ma molte ombre. La nuova Legge provinciale di settore, una delle prime in Italia, costituisce un punto di riferimento per una pianificazione in grado di agire su più livelli, promuovendo un rapporto virtuoso tra ambiente, lavoro, politiche di sviluppo e trasparenza amministrativa “Alcune delle decisioni contenute nella normativa rappresentano per il settore cave una svolta radicale – ha dichiarato l’Assessore provinciale allo Sviluppo economico e Lavoro, Alessandro Olivi, presentando le linee guida della Legge – In particolare, è stato fissato il principio e l’obbligo della prima e seconda lavorazione in cava, sono state introdotte precise clausole sociali per l’occupazione, è stata imposta la tracciabilità del materiale grezzo, sono stati impostati i futuri bandi di gara su criteri che premiano investimenti e lavoro. Ci siamo dati una legge coraggiosa, che guarda oltre gli equilibri esistenti ed il corto respiro della mera sopravvivenza, che guarda con coraggio e lungimiranza all’interesse di un settore strategico per l’economia trentina“.

Nel Dossier l’Associazione ambientalista sottolinea anche il grave problema costituito dalla mancanza di piani cava in VenetoAbruzzoMoliseSardegnaFriuli Venezia GiuliaCalabria, Provincia autonoma di BolzanoBasilicata e Piemonte (dove sono previsti Piani Provinciali), mentre nella maggior parte delle Regioni sono inadeguati i vincoli di tutela e mancano obblighi di recupero contestuale delle aree.

Per Legambiente le 3 scelte per rilanciare il settore sono:
– rafforzare tutela del territorio e legalità attraverso una Legge quadro nazionale che stabilisca le aree in cui l’attività di cava è vietata e obblighi il recupero contestuale delle aree e la valutazione di impatto ambientale, ecc.);
– stabilire un canone minimo nazionale per le concessioni di Cava per equilibrare i guadagni pubblici e privati e tutelare il paesaggio;
– ridurre il prelievo da cava attraverso il recupero degli inerti provenienti dall’edilizia, per andare nella direzione prevista dalle Direttive Europee e riuscire così ad aumentare il numero degli occupati e risparmiare la trasformazione di altri paesaggi.

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