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Presidente Obama: un colpo al cerchio e uno alla botte

Presidente Obama un colpo al cerchio e uno alla botte

Dopo aver ottenuto il plauso delle associazioni ambientaliste per aver presentato all’UNFCCC l’impegno degli Usa per la riduzione delle emissioni climalteranti, il Presidente Obama si è subito attirato feroci critiche per aver dato il via libera al proseguimento delle trivellazioni nell’Artico.

Il Presidente USA Barack Obama nei giorni scorsi aveva attirato i titoli dei media per aver comunicato nell’ultimo giorno previsto (31 marzo 2015), ma uno dei pochi Paesi ad averlo fatto, alla Segreteria dell’UNFCCC il contributo nazionale (Intended Nationally Determineted Contributions) per la stabilizzazione delle concentrazioni di gas serra in atmosfera, secondo quanto concordato l’anno scorso tra le Parti della Convenzione nella Conferenza di Lima (COP19), in modo che tali impegni siano conosciuti da tutti con largo anticipo e trasparenza in vista della COP20 di Parigi di dicembre.
Gli USA taglieranno “al 2025 le proprie emissioni del 26-28% rispetto ai livelli del 2005 e di fare il possibile per raggiungere l’obiettivo del 28%”, sottolineando che tale target presuppone un’ulteriore riduzione del 9-11% rispetto al precedente obiettivo annunciato lo scorso anno durante la firma dell’Accordo climatico con la Cina e quasi il doppio del ritmo previsto nel periodo 2005-2020.
Tant’è che il Direttore esecutivo di Sierra Club, storica Associazione ambientalista statunitense, Michael Brune aveva dichiarato : “Ci complimentiamo con l’amministrazione Obama che prosegue nell’impegno ambizioso realizzato lo scorso novembre con la Cina, impegnandosi in modo trasparente in azioni significative per affrontare la crisi del clima e proteggere i nostri figli. Abbiamo constatato gli effetti calamitosi dell’inquinamento da carbonio in tutto il mondo, ma questo annuncio è un’ulteriore prova che gli Stati Uniti sta intensificando l’azione di leadership mondiale per perseguire le soluzioni”.

Qualche giorno dopo, viceversa, le Associazioni ambientaliste si sono infuriate con Obama per aver concesso alla società Shell di perforare l’Artico con lo scopo di esplorare le riserve di petrolio e gas.
È inconcepibile che il governo federale sia disposto a rischiare la salute e la sicurezza delle persone e della fauna che vivono vicino e nel Mare di Chukchi per la sconsiderata ricerca di petrolio da parte della Shell – ha affermato Marissa Knodel di Friends of the Earth – La Shell ha il triste primato di violazioni e incidenti per le condizioni di sicurezza, associate all’incapacità di ripulire o contenere una fuoriuscita di petrolio nelle acque isolate e  pericolose dell’Artico, che equivale ad un disastro annunciato“.
La decisione della trivellazione della regione era stata decisa dall’Amministrazione Bush nel 2008, ma l’Amministrazione Obama ha approvato la continuazione dell’esplorazione. Solo pochi anni fa, fanno osservare gli ambientalisti, il Governo degli Stati Uniti aveva stabilito che la Shell stava violando i limiti delle sue concessioni e aveva multato la Società per aver inquinato la regione, ma a quanto pare questi problemi non sono stati giudicati sufficienti per buttarla fuori dalla regione.

A seguito dell’incidente avvenuto a Capodanno 2013 con lo spiaggiamento della piattaforma mobile Kulluk di proprietà della Shell sulle coste dell’Alaska meridionale (Ocean Bay), incappata in una tempesta mentre veniva trainata a Seattle per il ricovero invernale con un carico di oltre 600.000 litri di diesel ed oli e fluidi perforanti, nel 2014 la Corte d’Appello statunitense del 9° Circuito, che ha la giurisdizione su tutti gli Stati della regione Nord Pacifica, su ricorso delle Associazioni ambientaliste, aveva stabilito che il Dipartimento degli Interni (DOI) dovesse riesaminare la decisione della concessione al fine di valutare adeguatamente i potenziali rischi connessi alla trivellazione dell’area.
Nonostante avesse riconosciuto il rischio del 75% di sversamenti in mare a seguito delle trivellazioni, lo stesso DOI ha sorprendentemente deciso il 31 marzo 2015 che le operazioni possono ripartire.
L’Artico è un componente importante della nostra strategia nazionale per l’energia – ha affermato Sally Jewell, Segretario del DOI – Pertanto, rimaniamo impegnati ad assumere un approccio ragionato e bilanciato alla concessione di licenze esplorative per gas naturale e petrolio offshore in Alaska. Questa unica e delicata sfida ambientale richiede una efficace supervisione per garantire che tutte le attività siano svolte in modo sicuro e responsabile”.
Ora manca solo il parere dell’Ufficio incaricato della gestione dell’energia negli oceani (Bureau of Ocean Energy Management).

Se l’obiettivo a lungo termine di Obama è quello di far uscire il Paese dalle fonti energetiche fossili per intraprendere un percorso verso soluzioni “pulite”, al contempo non tralascia di utilizzare le opzioni energetiche “sporche”.
L’Artico è diventato il campo di battaglia iconico per il movimento globale per il clima, tal che possiamo aspettarci di vedere una grande reazione negli Stati Uniti e in tutto il mondo contro questa decisione indifendibile – ha annunciato bellicosamente Ian Duff, portavoce di Greenpeace Arctic – Le condizioni ambientali estreme fanno sì che la questione non sia ‘se’ si verificherà uno sversamento, ma ‘quando‘ ”.
Che la questione dello sfruttamento delle risorse dell’Artico sia una questione in grado di sconvolgere i sistemi ambientali, sociali ed economici, lo attesta il suo inserimento tra le 8 principali minacce sottovalutate per un’economia sostenibile dello “State of the Word 2015” del Worldwatch Insitute, di imminente uscita.

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