Presentati al Forum CompraVerde-BuyGreen (18-19 ottobre) i dati ufficiali Osservatorio Appalti Verdi di Legambiente e Fondazione Ecosistemi, da cui emerge la necessità di rafforzare l’impegno per rendere “concretamente” obbligatoria l’applicazione del GPP.
Nel corso della XII edizione del Forum CompraVerde-BuyGreen (Roma, 18-19 ottobre 2018), l’appuntamento internazionale con gli Stati Generali degli Acquisti Verdi, promosso dalla Fondazione Ecosistemi con il partenariato del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Coordinamento Agende 21 Locali Italiane, di Unioncamere, Legambiente, Banca Etica e Regione Lazio, sono stati presentati i dati ufficiali di Osservatorio Appalti Verdi, costituito da Legambiente in collaborazione con la Fondazione Ecosistemi.
Gli Acquisti Verdi o Green Public Procurement (GPP) rappresentano una grande opportunità per la crescita, specie dopo l’adozione da parte della Commissione UE del Pacchetto sull’Economia Circolare, come pure, a livello nazionale, dalla piena applicazione del Capo IV della Legge 221/2015 (il cosiddetto “Collegato Ambientale”) che introduce l’obbligatorietà dei criteri ambientali minimi (CAM) per gli appalti pubblici. Tale obbligo è stato poi confermato dal D.lgs. 18 aprile il cosiddetto nuovo “Codice degli Appalti”, come integrato e corretto dalla Legge 21 giugno 2017, n. 96, che all’art. 34 (comma 1, comma 2 e comma 3) stabilisce che le Pubbliche Amministrazioni hanno l’obbligo di inserire, per affidamenti di qualunque importo, i CAM nelle categorie di forniture, di affidamenti di servizi e lavori in cui questi siano stati approvati.
“Abbiamo deciso di avviare come Legambiente, insieme alla Fondazione Ecosistemi una grande campagna di monitoraggio civico e di promozione del GPP – ha spiegato Enrico Fontana, coordinatore Osservatorio Appalti Verdi – È decisivo cambiare segno alla spesa pubblica, perché sia motore di sostenibilità ambientale e sociale”.
Sono stati interpellati tutti i Comuni capoluogo di provincia, in totale 104 amministrazioni di cui solo 54 hanno risposto. I CAM maggiormente utilizzati vanno da quelli relativi all’uso della carta (62,5%), all’attrezzatura elettronica (39,3%), alla gestione delle pulizie (41,1%), la cancelleria (26,8%) e la ristorazione collettiva (23,2%). Irrisoria la percentuale di amministrazioni che applicano i CAM nell’edilizia: 7,1%. Il Comune “medaglia d’oro” per l’applicazione dei CAM è Bergamo, seguito ex-aequo da Pavia e Vicenza. L’unico capoluogo di provincia del Sud in classifica è Palermo, mentre da citare per il Nord anche Bologna, Brescia, Mantova, Parma; al Centro si distinguono Firenze, Prato, Perugia, Macerata e Pesaro.
L’attenzione di Osservatorio Appalti Verdi si è poi spostata su cosiddetti “Comuni Ricicloni”, in totale 1.048 Amministrazioni comunali che hanno risposto al questionario. I dati che emergono indicano che il 30% dei comuni non applica i CAM in nessuna categoria merceologica, anche se il dato di chi ne applica almeno uno (70%) fa sicuramente ben sperare.
In questo caso i CAM maggiormente adottati risultano essere quelli relativi alla gestione dei rifiuti (27,48%), carta (24,42%), riscaldamento e illuminazione (18,51%), seguiti dagestione delle pulizie (18,41%) e ristorazione collettiva (15,93%).
Insufficienti, invece, le applicazioni nel settore edile, con solo il 5,82% dei casi di applicazione, per gli arredi interni (6,10%), apparecchiature elettriche e elettroniche (9,54%) earredo urbano (9,92).
Se a livello nazionale l’applicazione della normativa stenta a decollare, il panorama regionale appare diversificato e con esempi virtuosi. Nel complesso, le Regioni in cui i comuni risultano essere particolarmente attivi nell’attuazione del GPP, sono la Sardegna e il Trentino Alto Adige.
“In questo momento di discussione della Manovra finanziaria da parte del Governo – ha affermato Silvano Falocco, Direttore della Fondazione Ecosistemi –l’occasione del Forum CompraVerde-BuyGreen è più che mai fondamentale per ribadire quanto è importante convertire l’economia italiana in senso ecologico. Infatti ogni anno il nostro Paese vede realizzarsi 170 miliardi di appalti pubblici, quasi 5 volte tanto il valore della manovra stessa. Rafforzare l’impegno per rendere concretamente obbligatoria l’applicazione del GPP è doveroso, poiché rappresenterebbe una vera e propria rivoluzione economica”.
Grazie a Unioncamere, in collaborazione con il MATTM, è stato poi possibile sondare le abitudini di oltre 3.200 imprese per un totale di oltre 1.100 partecipanti. Ciò che viene fuori è un quadro abbastanza chiaro: in generale, il GPP non viene ancora percepito come uno strumento di orientamento del mercato alla sostenibilità. In poche parole, viene ancora guardato con un minimo di “diffidenza”. Infatti solamente il 47% delle aziende ha integrato la variabile ambientale nelle proprie strategie. Per quanto riguarda l’effettiva attuazione di una gestione ambientale sostenibile, il 55% sta adottando atteggiamenti attivi nei confronti dei propri fornitori, il 75% si è dotata di una certificazione ISO 14001.
Le aziende che hanno scelto di adeguarsi all’articolo 34 del nuovo Codice appalti, lo hanno fatto soprattutto per prevenire i rischi e rispettare la legge (70%).
“I dati pubblicati oggi dimostrano l’attenzione delle imprese alle prestazioni ambientali – ha aggiunto Falocco – ma la difficoltà a renderle concrete rimangono. Sul lato delle PA, la conferma del Ministro Costa circa l’impegno sul GPP è fondamentale. Ora però serve formare e assistere le Pubbliche Amministrazioni all’adozione dei CAM obbligatori”.
Intervenuto all’apertura del Convegno, il Ministro dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare, Sergio Costa oltre a ribadire l’impegno sul GPP, si è soffermato sull’Accordo di Parigi.
“Dobbiamo dare seguito a quell’Accordo e andare anche oltre – ha affermato il Ministro – Come Italia abbiamo chiesto il taglio delle emissioni di CO2 del 40% entro il 2030, eravamo solo noi la Francia e la Svezia. Alla fine ci siamo accordati sul 35%. In ogni caso, o si cambia atteggiamento subito o manca poco tempo prima che la situazione diventi ancor più critica”.
Il riferimento era al recente Consiglio Ambiente del 9 ottobre 2018 nel corso del quale si è raggiunto un accordo di compromesso per ridurre le emissioni delle auto del 15% al 2025 e del 35% entro il 2030.