Il dissenso viene alimentato più dai media social che da quelli tradizionali, con il rischio che ad essere contestati, per inadeguata comunicazione e scarso coinvolgimento, siano gli impianti più strettamente collegati alla green e circular economy.
di Nicoletta Canapa
Durante il “Convegno Nazionale Nimby Forum” del 21 novembre 2017s ono stati diffusi i dati del XII Rapporto dell’Osservatorio Media Permanente Nimby Forum ®, l’unico database nazionale che dal 2004 monitora in maniera puntuale la situazione delle opposizioni contro opere di pubblica utilità e insediamenti industriali in costruzione o ancora in progetto, che racconta lo stato dell’arte nel 2016 della sindrome Nimby, l’acronimo inglese che sta per “Not In My Backyard”, ovvero “Non nel mio giardino” per indicare un insieme di atteggiamenti tenuti da chi si oppone a determinate opere, monitorandone causa ed effetto.
Dal Report emerge che il 37,4% degli impianti contestati riguarda i rifiuti, ma il primato se lo aggiudica il comparto energetico (con il 56,7%) che vede le opposizioni orientarsi in maniera preponderante verso gli impianti da fonti rinnovabili (75,4%).
Ad essere nell’occhio del ciclone sono, in ordine:
– la centrale a biomasse (43 impianti);
– la struttura di compostaggio (20);
– il parco eolico (13).
Gli impianti più contestati sono quelli tradizionali, ovvero impianti di ricerca ed estrazione di idrocarburi che da soli ammontano a 81 opere censite.
C’è il rischio che la green e la circular economy tanto auspicate anche a livello internazionale, che presuppongono un aumento di investimenti nella filiera del recupero di materiali e risorse, moltiplicando iniziative progettuali da parte delle imprese, possano trovare ostacoli nell’erronea percezione dell’opinione pubblica sul reale ruolo di queste attività nel sistema economico e nella cattiva luce “proiettata” non solo dai mass-media tradizionali, ma anche e sempre più spesso, da social media e blog di informazione
“Il desiderio delle comunità locali di dire la propria è lo specchio di una consapevolezza che è ormai solida tra i cittadini. A disarmare questa consapevolezza è, tuttavia, il meccanismo dei social media, che mescola informazione e disinformazione, scienza e opinione, verità e post-verità – ha commentato Alessandro Beulcke, Presidente di Allea, Società che promuove l’Osservatorio Nimby Forum ®
“Che il Débat Public, introducendo nuove modalità di informazione e confronto pubblico, possa funzionare da antidoto possibile alle Fake News e al dilagare della sindrome Nimby è quanto da tempo auspichiamo. In questo senso, ci aspettiamo che il 2017 sia l’anno spartiacque: il banco di prova dell’efficacia di questo strumento, che in attuazione del codice degli appalti, entra finalmente nel nostro ordinamento e che avremo modo di vedere in azione”.
Se la partecipazione attiva dei cittadini ai temi che li riguardano da vicino, in special modo l’energia ed i rifiuti, è diventata, complice il dilagare dei social media, una vera esigenza delle comunità che pretendono di essere interpellate, nonché ascoltate, di fronte a temi di natura ambientale, c’è da annoverare anche la preoccupazione di un mancato coinvolgimento.
Se nel 2014 questo aspetto inquietava meno del 15% della popolazione, e nel 2015 il dato non superava il 19%, nel 2016 il timore per la mancanza di informazioni è salito al 21,3%. Un terzo dell’insieme dei soggetti contestatori corrisponde ai comitati cittadini che, spinti per oltre il 30% dei casi per ragioni ambientaliste, nel 2016 hanno dimostrato il loro scontento anche per carenze procedurali e mancato coinvolgimento nell’iter autorizzativo.
Molti sono stati i ricorsi alla giustizia amministrativa, tanto che nel 2015 un terzo degli impianti contestati hanno subito almeno una interruzione della procedura di autorizzazione. Quest’ultima, infatti, non veniva rilasciata a causa di ricorsi al TAR o al Consiglio di Stato.
Ma attenzione: non tutte le segnalazioni arrivano all’Osservatorio in maniera omogenea. Si assiste infatti ad una netta differenziazione geografica, in quanto Lombardia ed Emilia Romagna confermano il primato nazionale rispettivamente con 56 e 48 impianti contestati, mentre al Sud la Regione più attenta è la Basilicata, con 32 impianti contestati, a fronte dei soli 6 del 2014, superando nel giro di un paio di anni Regioni più importanti come il Lazio ed il Veneto, che rispettivamente annoverano 30 e 28 impianti contestati.
Nel 2016 gli impianti contestati sono saliti a quota 359, registrando un aumento del 5% rispetto al 2015. Ad essere cresciuto nel 2016 è, in generale, il numero di opere intercettate dal monitoraggio, con un incremento del 7,2% rispetto all’anno precedente, per un totale di 119 new entries.
Tuttavia, dal momento che un’opera può essere sia ecologicamente invasiva sia anche occasione di rilancio economico e di crescita infrastrutturale, c’è da osservare che rispetto al 2015 i soggetti favorevoli alle opere sono passati al 20% (rispetto al 15% del 2015).
Nel 2016 gli impianti contestati salgono a quota 359, registrando un aumento del 5% rispetto al 2015. Ad essere cresciuto è, in generale, il numero di opere intercettate dal monitoraggio, con un incremento del 7,2% rispetto all’anno precedente, per un totale di 119 new entries.
La partecipazione consapevole e ponderata dei cittadini passa soprattutto attraverso la possibilità che viene loro offerta di informarsi correttamente e di contribuire, sulla base di conoscenze solide, alle opere. Nel 2017 bisogna prendere atto che esse passano anche via Facebook e Twitter, ma pure attraverso Charge.Org.