Concluse senza grandi progressi le due settimane di lavoro, viene riposta grande aspettativa di accelerazione al processo negoziale che deve predisporre il testo del nuovo Trattato da sottoscrivere alla Conferenza sul Clima di Parigi alla fine dell’anno, nell’impatto mediatico e morale che deriverà dalla pubblicazione il 18 giugno dell’Enciclica di Papa Francesco, temuta dai conservatori statunitensi, legati tradizionalmente agli interessi delle grandi compagnie petrolifere.
Nella Conferenza stampa al termine dei negoziati sui Cambiamenti Climatici che si sono svolti a Bonn (1-11 giugno 2015), con scarsa copertura mediatica, ma anche senza grandi progressi per la messa a punto del Trattato da approvare alla fine dell’anno alla Conferenza di Parigi, Christiana Figueres ha affermato che il processo in corso “è per molti versi senza precedenti nella storia della cooperazione internazionale in termini di complessità e coinvolgimento che giustificano il cammino lento, passo dopo passo, della redazione del testo condiviso sul quale si sono avuti progressi molto interessanti”.
La Segretaria esecutiva dell’UNFCCC, ha anche aggiunto che la prossima enciclica di Papa Francesco sull’ambiente avrà un effetto di stimolo sul processo negoziale, perché aggiungerà la dimensione morale alla necessità di combattere i cambiamenti climatici.
“Io credo che l’enciclica avrà un grande impatto. Papa Francesco si sta impegnando in prima persona sul problema, come nessun altro Papa prima di lui. La trasformazione epocale sta arrivando e sarà irreversibile – ha affermato la Figueres – Deve solo prendere velocità”.
Resta il fatto che delle 89 pagine con cui il testo negoziale per il nuovo patto globale è entrato nel meeting, dopo due settimane ne sono state sfoltite sole 4. Ora la palla passerà ai Ministri-chiave che si incontreranno a Parigi il 20-21 luglio 2015, prima del 3° turno di Colloqui di Bonn, previsti dal 31 agosto al 4 settembre 2015, in una riunione annunciata dal Ministro degli Esteri della Francia, Fabius con lo scopo di dirimere le questioni rimaste in sospeso.
La Segretaria UNFCC Christiana Figueres ha firmato il banner della petizione per fermare i cambiamenti climatici proposta da uno scolaro di 10 anni della Bonn International School (fonte: IISD/reporting services).
Durante i colloqui di Bonn, ha sollevato polemiche, ma anche consensi, il tentativo di Laurent Fabius di convincere i delegati a non insistere sull’inserimento nel Trattato di limiti nazionali “vincolanti” alle emissioni di gas ad effetto serra, perché non avrebbe alcuna possibilità di essere ratificato dal Congresso degli Stati Uniti.
“Conoscendo la situazione politica statunitense, se deve passare per il Congresso, che ci piaccia o no, il trattato verrà rifiutato – ha ammonito il Ministro degli Esteri francese – Dobbiamo trovare una formula che sia valida per tutti e per gli USA, senza che debba intervenire il Congresso”.
E il Congresso, a maggioranza repubblicana, è già sul piede di guerra.
In aprile, molti Deputati e Senatori conservatori avevano espresso critiche per lo svolgimento del Convegno della Pontificia Accademia delle Scienze, “Proteggere la Terra, Nobilitare l’Umanità. La dimensione morale dei Cambiamenti Climatici e dello Sviluppo Sostenibile”, in cui avevano intravisto una “svolta verde” del Vaticano, pericolosa per gli interessi per le lobby energetiche statunitensi a cui i repubblicani sono assai sensibili.
Che le big oil statunitensi non vogliano avere limitazioni alle trivellazioni, nonostante sollecitazioni del mondo accademico e della ricerca che invitano a lasciare sottoterra le riserve fossili se si vogliono evitare i rischi di disastrosi cambiamenti climatici, lo denuncia la loro indisponibilità a sottoscrivere la lettera inviata a Fabius e alla Figures dagli Amministratori delegati delle maggiori compagnie petrolifere europee.
Alla vigilia dei Climate Talks di Bonn, Royal Dutch, Shell, BP, Eni, Total, Statoil hanno rivolto un appello ai Governi di tutto il mondo e all’UNFCCC per introdurre sistemi di tariffazione del carbonio, introducendo un sovrapprezzo sui consumi dei combustibili fossili che contribuiscano al global warming, al fine di “migliorare l’efficienza energetica, sostituire il carbone con il gas, investire nella cattura e stoccaggio del carbonio e nelle energie rinnovabili, dar vita a nuovi modelli di trasporto e assumere nuovi comportamenti”.
I repubblicani al Congresso avevano criticato anche gli incontri che la Presidente dell’Agenzia per la protezione ambientale statunitense (EPA) Gina McCarthy aveva avuto con le personalità impegnate nella stesura dell’enciclica papale e sulla quale hanno già aperto un fuoco di sbarramento per limitarne le conseguenze mediatiche, prima ancora di conoscerne i contenuti, nel timore che possa avere effetti sullo sfruttamento delle riserve di combustibili fossili.
Soprattutto paventano quel che il Papa potrà dire il 24 settembre 2015, in occasione della sua visita al Congresso, quando la campagna per elezioni presidenziali sarà entrata nel vivo, per cui stanno cercando di limitare la portata morale del messaggio, per sottolinearne l’aspetto politico che è assai più riduttivo e soggetto anche a valutazioni contrastanti.
“Si tratterà di una sua opinione politica – ha dichiarato il Deputato Peter King – Il papa non è più qualificato a parlare di ambiente di quanto lo sia quando dice che bisogna riconoscere la Palestina”.