Al monito dei Nobel di Hong Kong per il rischio che “facciamo più danni alla Terra nei prossimi 35 anni di quanti non ne abbiamo fatti negli ultimi 1.000”, risponde la risoluzione al Workshop della Pontificia Accademia delle Scienze che “I cambiamenti climatici indotti dall’uomo sono una realtà scientifica e la sua decisiva mitigazione costituisce un imperativo morale e religioso per l’umanità”.
Nei giorni scorsi si sono conclusi due importanti eventi che hanno avuto per tema gli effetti dei cambiamenti climatici in corso e la necessità di contrastarli:
– il 4° Simposio Internazionale dei Premi Nobel sulla Sostenibilità Globale (Hong Kong, 22-25 aprile 2015);
– il Convegno della Pontificia Accademia delle Scienze (Città del Vaticano, 28-29 aprile 2015).
Mentre quest’ultimo ha goduto di una certa risonanza mediatica, sia per la partecipazione dei leader religiosi di tutto il mondo e di importanti uomini di scienza e della politica, tra cui il Segretario dell’ONU Ban Ki-moon e il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il primo, almeno in Italia, non ha avuto la dovuta considerazione, anche se ha affrontato questioni intrinsecamente correlate.
“Stiamo per fare più danni alla Terra nei prossimi 35 anni di quanti non ne abbiamo fatti negli ultimi 1.000”, ha affermato l’astrofisico Brian Schmidt, Premio Nobel per la fisica 2011, nella sessione di apertura del Symposium dei Nobel che si svolge ogni 4 anni e che quest’anno ha avuto per tema “4 °C: Changing Climate, Changing Cities”, in riferimento al fatto che il riscaldamento globale, se non mitigato da azioni di contrasto efficaci, raggiungerà i +4 °C già alla fine del secolo, un aumento così rapido che non ha precedenti nella storia della civiltà umana, e che saranno proprio le città a subire gli effetti più devastanti come le ondate di calore e le inondazioni.
“I Paesi spendono somme enormi per difendersi da altre Nazioni, dimenticando che il cambiamento climatico è il nostro più grande e comune nemico – ha sottolineato Yuan T. Lee, Premio Nobel per la Chimica 1986 – Le città sembrano aver compreso meglio di essere parte importante per combattere i cambiamenti climatici, essendo la principale fonte di emissioni di CO2, e alcune di loro hanno assunto un ruolo pionieristico di contrasto”.
“Io sono ottimista, perché non ho alcun diritto di essere pessimista – ha proseguito Lee – La mia nipotina mi ha chiesto una volta: ‘Può la tua vita di scienziato fare attualmente la differenza?’. Se insieme lavoriamo duro per il cambiamento, io sarò in grado di dirle, che ci abbiamo provato e ci siamo riusciti”.
Entro 30 anni, secondo le previsioni ben 21 delle 37 mega-città con oltre 10 milioni di abitanti saranno in Asia, hanno affermato gli organizzatori del Symposium, tra i quali il prestigioso Istituto Potsdam per la ricerca sull’impatto climatico (PIK), dove già oggi sono ospitate 9 delle 10 più grandi aree metropolitane del mondo. Bisogna, perciò, progettare città più verdi, con edifici ad alta efficienza energetica e con i trasporti pubblici, per le città
“Le città di domani si formano oggi – si legge nell’Hong Kong Memorandum, sottoscritto a conclusione dell’evento – Sia che vengano rigenerati i vecchi siti storici sia che siano previsti nuovi insediamenti o assemblate le baraccopoli sorte quali fallimenti politici ed economici, queste aree urbane dovranno ospitare altri 1-2 miliardi di individui al 2050. Gestire questa grande trasformazione, in modo che supporti lo sviluppo sostenibile e si adatti ai cambiamenti, e comprendere che è questa è una sfida centrale della prima metà del nostro secolo. Mentre è fondamentale che tutte le città nel mentre che continuano a crescere impieghino pratiche sostenibili e di adattamento, facciamo un appello speciale affinché lo sforzo innovativo, le risorse e le leadership politiche si indirizzino sul miglioramento delle infrastrutture che servono ai poveri che vivono nelle città e che sono i più vulnerabili… Noi sfidiamo i Paesi ad adottare e rispettare obiettivi nazionali coerenti con il limite di + 2 °C internazionalmente concordato”.
Già, perché come si legge nella Dichiarazione finale degli oltre 100 tra Leader Religiosi, Politici, Imprenditoriali, Scienziati e Operatori per lo Sviluppo diffusa al termine del Workshop “Proteggere la Terra, Nobilitare l’Umanità. La dimensione morale dei Cambiamenti Climatici e dello Sviluppo Sostenibile”, tenutosi presso la Pontificia Accademia delle Scienze e delle Scienze Sociali e citato in premessa, “I cambiamenti climatici indotti dall’uomo sono una realtà scientifica e la sua decisiva mitigazione costituisce un imperativo morale e religioso per l’umanità […] Il mondo ha alla sua portata le conoscenze tecnologiche, i mezzi finanziari e le competenze per mitigare i cambiamenti climatici, ma anche per porre fine alla povertà estrema attraverso l’applicazione di soluzioni di sviluppo sostenibile, tra cui l’adozione di sistemi energetici a basse emissioni di carbonio supportate dalle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Il mondo deve prendere atto che il vertice sul Clima di Parigi entro la fine dell’anno (COP21) potrebbe essere l’ultima possibilità effettiva di negoziare accordi che mantengano l’umanità entro i +2 °C di riscaldamento indotto, e per sicurezza sarebbe opportuno ambire ben al di sotto, mentre l’attuale traiettoria indica che si potrebbe raggiungere un devastante +4 °C e ancor di più”.
Non è improbabile che Papa Francesco annunci la sua attesa Enciclica sull’Ambiente in occasione della Giornata Mondiale dell’Ambiente (5 giugno 2015) che quest’anno ha per tema “Sette miliardi di sogni. Un Pianeta. Consumare con cautela”, che l’ONU celebrerà all’EXPO di Milano il cui sito per l’occasione ne assumerà i colori.