Il Rapporto di Fondazione Symbola, Unioncamere e Fondazione Edison, giunto alla IV edizione, racconta di un’Italia di cui essere orgogliosi, ma di cui spesso non c’è piena consapevolezza.
In occasione dello svolgimento a Treia (MC) del XVII Seminario estivo di Symbola (5-6 luglio 2019), nella sessione di apertura è stato presentato il Rapporto “I.T.A.L.I.A. 2019. Geografie del nuovo made in Italy”, acronimo e racconto dell’identità produttiva e sociale italiana dall’Industria al Turismo, dall’Agroalimentare al Localismo, dall’Innovazione all’Arte e alla Cultura.
Il Rapporto, giunto alla IV edizione, è stato realizzato da Fondazione Symbola, Unioncamere e Fondazione Edison, e con il sostegno di Intesa Sanpaolo, con l’obiettivo di raccontare un’Italia appassionata e apprezzata nel mondo, che produce ricchezza puntando su qualità e innovazione, un’Italia di cui essere orgogliosi della quale spesso, però, non c’è piena consapevolezza.
La crisi climatica, le diseguaglianze sociali, le migrazioni, i nuovi assetti geopolitici e le frontiere dell’innovazione richiedono visioni e politiche lungimiranti. Non si affrontano queste sfide senza una missione condivisa che mobiliti le energie più vitali, a partire dai territori e dalle comunità.
C’è bisogno di una società e di un’economia più empatiche in cui creatività, ricerca e tecnologia diano vita a nuovi processi di produzione di beni e servizi, si incrociano con il patrimonio di mestieri e saperi tradizionali e si alimentano di bellezza, relazioni e valori.
Scorrendo le pagine della ricerca si scopre che spesso l’Italia non sa di essere innovativa, versatile, creativa, reattiva, competitiva e vincente. L’indagine condotta da Ipsos, all’interno del Rapporto, è proprio sulla percezione e consapevolezza delle capacità del Bel Paese.
L’Italia è tra i primi 10 Paesi al mondo per investimenti in ricerca e sviluppo, ma solo: il 13% degli italiani ne è consapevole, e addirittura quasi uno su due (45%) la ritiene una notizia poco attendibile.
Siamo il primo Paese europeo per riciclo di rifiuti col 76,9% del totale di quelli prodotti: ma solo un italiano su 10 lo sa e addirittura il 51% ritiene questa notizia non credibile.
Al tema della consapevolezza si aggiunge insomma quello della fiducia. Eppure all’estero cresce la domanda di Italia. In base all’analisi svolta sulle ricerche effettuate su Google, il numero di quelle legate al made in Italy e alle parole chiave ad esso riconducibili – un fondamentale indicatore della notorietà e del desiderio dei prodotti italiani nel mondo – è cresciuto del 56% tra il 2015 e il 2018.
Da record il surplus commerciale manifatturiero, quello dell’Italia è infatti il 5° al mondo – con 106,9 miliardi di dollari – dietro alla Cina, alla Germania, alla Corea del Sud e al Giappone.
Queste performance sono sostenute da migliaia di imprese medio-grandi, medie e piccole che ci fanno competere sui mercati globali grazie alle capacità di essere flessibili, attive in tanti campi diversi. I fattori vincenti del made in Italy si confermano essere l’innovazione, il design, i settori hi-tech come la meccanica o i mezzi di trasporto, ma anche arte e cultura con oltre 400.000 imprese.
“C’è un’Italia in grado di parlare al mondo con i suoi talenti, la sua creatività, il suo territorio, la sua bellezza – ha commentato Ermete Realacci, Presidente della Fondazione Symbola – Capace con le sue energie migliori di affrontare a testa alta le sfide per il futuro a partire dalla crisi climatica, da un’economia più sostenibile e più a misura d’uomo. Una sfida essenziale anche per ridare forza all’Europa. Troppo spesso questo Paese non ha piena coscienza delle proprie potenzialità. Tanto che è una delle nazioni al mondo in cui è maggiore la forbice tra percezione interna, spesso negativa, e percezione esterna positiva e favorevole. Un’Italia che fa l’Italia può essere protagonista se trova una visione comune, se non lascia indietro nessuno, se non lascia solo nessuno”.