Seppur non esaustivi, gli indicatori utilizzati per le categorie considerate dei focus di protezione della salute umana e della tutela degli ecosistemi, confermano che a primeggiare sono per lo più i Paesi ad alto reddito. La posizione dell’Italia (22° posto su 178 Paesi considerati) risente delle cattive prestazioni degli indicatori sulla Qualità dell’Aria e Agricoltura.
Il 25 gennaio 2014 è stato lanciato in occasione del World Economic Forum (WEF) di Davos l’annuale Rapporto relativo all’Indice di Sostenibilità Ambientale (Environmental Performance Index), un metodo per quantificare numericamente le prestazioni ambientali dei Paesi in merito a 2 grandi settori pubblici: la protezione della salute umana da danni ambientali e la tutela degli ecosistemi.
Progettato da Pilot Environmental Performance Index e pubblicato per la prima volta nel 2002, per integrare gli obiettivi ambientali delle Nazioni Unite, questo indice è stato sviluppato poi da Yale University e Columbia University, in collaborazione con il WEF e il supporto della canadese “The Samuel Family Foundation”.
L’Indice classifica le prestazioni ambientali di 178 Paesi, attraverso il calcolo e l’aggregazione di 20 indicatori che riflettono i dati ambientali a livello nazionale, raggruppati in 9 categorie che costituiscono gli aspetti principali delle questioni ambientali, anche se non esaustive, come riconoscono gli stessi autori: “Dopo oltre 15 anni di lavoro sulla misurazione delle performance ambientali e 6 iterazioni dell’EPI, i dati globali sono ancora mancanti di una serie di questioni ambientali, quali: qualità delle acque; esposizioni ad elementi chimici tossici; gestione dei rifiuti solidi urbani; sicurezza nucleare; perdita di zone umide; qualità e degrado dei suoli agricoli; tassi di riciclaggio; adattamento, vulnerabilità e resilienza ai cambiamenti climatici; desertificazione”.
Il calcolo dell’EPI inizia con la trasformazione della raccolta dei dati grezzi in indicatori di sostenibilità comparabili e standardizzati. A tal fine vengono standardizzati i valori grezzi in funzione della popolazione, del prodotto interno lordo o di altri denominatori, che rendono i dati confrontabili tra i vari Paesi.
I dati trasformati vengono poi utilizzati per calcolare gli indicatori di sostenibilità EPI che utilizzano una metodologia “proximity-to-target” (quanto un determinato Paese si avvicina a un obiettivo politico prefissato). A sua volta, tale punto di riferimento di elevata sostenibilità è definito principalmente da obiettivi politici internazionali o nazionali o da soglie scientifiche predeterminate. Ad esempio, i parametri di riferimento per le aree protette sono determinate da obiettivi di politica internazionale stabiliti dalla Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD).
I punteggi vengono poi convertiti in una scala da 0 a 100 attraverso un semplice calcolo aritmetico, con 0 che rappresenta il valore più lontano dall’obiettivo (peggior valore osservato) e 100 il più vicino all’obiettivo (miglior valore osservato). In questo modo, i punteggi hanno un’accezione simile per tutti gli indicatori, per le tematiche politiche e per l’EPI in generale.
Ogni indicatore viene ponderato all’interno di ogni tematica politica, dando un punteggio ad ogni categoria. Tali coefficienti sono generalmente impostati in base alla qualità dell’insieme di dati di base, nonché dalla rilevanza o dalla misura dell’indicatore nel valutare la tematica politica. Se i dati globali di base per un particolare indicatore è meno affidabile o rilevante di altri nella tematica politica, hanno una minor considerazione.
Ad esempio, gli andamenti degli indicatori di intensità del carbonio nella categoria Clima ed Energia sono ponderati in base a quale indicatore è più pertinente sulla base dello sviluppo economico e degli obblighi politici di un Paese rispetto alla mitigazione dei cambiamenti climatici.
Le categorie e gli obiettivi generali sono egualmente ponderati per ottenere un valore unico per ciascun Paese (il punteggio EPI).
L’EPI 2014 “penalizza” il Paese quando gli esperti o le analisi statistiche ritengono che i dati riportati a livello nazionale siano inadeguati ai fini della valutazione degli obiettivi. Comunque, le penalità sono state assegnate solo nelle categorie Pesca e Agricoltura. Ad esempio, qualora un Paese abbia offerto dati all’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO), che gli esperti del settore ittico hanno ritenuto inadeguati, gli viene assegnato il punteggio medio più basso per l’anno di riferimento, sia per gli indicatori degli stock ittici sia per quelli della pressione della pesca costiera.
Il sito web EPI 2014 fornisce i punteggi degli indicatori storici, a partire dal 2002, affinché ogni singolo Paese possa verificare come sono cambiate le proprie prestazioni di anno in anno per ogni indicatore e quali erano i punteggi e le classifiche degli anni passati. Ovviamente, non tutti gli indicatori nell’EPI 2014 si prestano per verificare la serie storica o le tendenze. Ad esempio, l’indicatore Cambiamento della Copertura Forestale è già una misura del cambiamento in atto, in quanto rappresenta un calcolo delle perdite o degli aumenti netti delle foreste dal 2002 al 2012. Inoltre, poiché l’EPI 2014 presenta tutti gli indicatori della categoria Clima ed Energia come tendenze, i punteggi “a ritroso” o i calcoli di tendenza non sono stati rilevanti.
Ove possibile, i calcoli di tendenza per tutti gli altri indicatori sono presentati grosso modo come una differenza di percentuale in termini di prestazioni di 10 anni (ad esempio, il 10% di miglioramento), dai livelli del 2002 al 2012, l’ultimo anno di dati disponibili per la maggior parte degli indicatori. I Paesi che mostrano un miglioramento maggiore del 100% rispetto al 2002 vengono considerati al 100%.
Di seguito riportiamo i criteri di selezione dei dati per l’EPI.
Rilevanza: l’indicatore segue la tematica ambientale in un modo che sia applicabile a Paesi con un’ampia gamma di elementi.
Orientamento delle prestazioni: l’indicatore fornisce dati empirici sulle condizioni ambientali o sui risultati sul posto per la tematica di riferimento ovvero introduce i “migliori dati disponibili” per tali parametri di valutazione.
Metodologia scientifica riconosciuta: l’indicatore si basa su dati scientifici sottoposti a valutazione inter pares o su dati delle Nazioni Unite o di altre Istituzioni incaricate di raccogliere i dati.
Qualità dei dati: i dati rappresentano la migliore misura disponibile. Tutte le raccolte di dati potenziali sono revisionate per qualità e verificabilità, quelli che non soddisfano gli standard di qualità di riferimento vengono eliminati.
Disponibilità di serie storiche: i dati sono stati costantemente misurati attraverso il tempo e sono in corso degli sforzi per continuare con una misura consistente in futuro.
Completezza: l’insieme di dati deve avere una copertura globale e temporale adeguata per essere preso in considerazione.
L’Italia occupa attualmente la 22a posizione, con un andamento storico “stabile”, avendo incrementato il punteggio conseguito del 2,72%, ma retrocedendo in classifica rispetto al 2002, quando occupava la 19a posizione. A penalizzare la performance ambientale del nostro Paese sono soprattutto gli indicatori della categoria Qualità dell’aria, in particolare quelli dell’Inquinamento atmosferico relativi all’esposizione media a PM2.5 (144a posizione) e superamenti dei limiti al PM2.5 (135a posizione) e quelli della Categoria Agricoltura relativi a Sovvenzioni agricole (118a posizione) e Regolamentazioni nell’uso dei pesticidi (97a posizione).