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Solo una città europea su tre ha un Piano per contrastare il global warming

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Il dato emerge dallo studio pubblicato su Climate Change, che ha esaminato i Piani di 200 città di 11 Paesi europei. Se le azioni previste dalle città studiate fossero rappresentative a livello nazionale, l’Unione europea al 2050 ridurrebbe solo del 20% le emissioni, ben al di sotto dell’obiettivo dell’80% fissato nella Comunicazione “Energy Roadmap 2050” adottata dalla Commissione UE. In Italia solo la città di Ancona ha un Piano di adattamento già operativo.

Le risposte delle città alle sfide dei cambiamenti climatici sono molto importanti, sia perché esse sono responsabili di gran parte delle missioni di gas ad effetto serra sia perché sono particolarmente sensibili ai rischi connessi al clima a causa della loro alta densità di popolazione, dei beni che vi sono ospitati e delle infrastrutture che vengono utilizzate.
Al contempo,  le aree urbane sono tenute fuori dai controversi negoziati internazionali dove si decidono le azioni a livello globale che devono contrastare gli effetti del global warming.
In tema di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici, le città europee hanno un ruolo chiave per conseguire gli obiettivi fissati dalla “Energy Roadmap 2050”, adottata il 15 dicembre 2011 dalla Commissione UE che prevede di ridurre le emissioni di gas serra di almeno entro il 2050, rispetto ai livelli base del 1990, per evitare l’aumento della temperatura media globale di 2 °C, rispetto ai livelli pre-industriali.

Uno Studio, finanziato dal Programma multidisciplinare europeo COST ha preso in esame le risposte al problema dei cambiamenti climatici che offrono 200 città medio-grandi di 11 Paesi europei, analizzando per la prima volta i documenti programmatici e quelli di pianificazione strategica, anziché basarsi, come avvenuto in passato, sulle indicazioni autoreferenziali, come le interviste e i questionari rilasciati dai rappresentanti delle città.

La ricerca, coordinata dalla germanica Diana Reckien che lavora attualmente al Centro di Ricerca sulle Decisioni Ambientali della Columbia University di New York , alla quale hanno preso parte anche 3 ricercatori italiani (Monica Salvia e Filomena Pietrapertosa dell’Istituto di Metodologie per l’Analisi Ambientale del Consiglio Nazionale delle Ricerche (IMMA-CNR) e Davide Geneletti del Dipartimento di Ingegneria Civile, Ambientale e Ingegneria Meccanica – Tecnica e Pianificazione Urbanistica dell’Università di Trento), è stata ora pubblicata dalla Rivista Climate Change (D. Reckien et al., “Climate change response in Europe: what’s the reality? Analysis of adaptation and mitigation plans from 200 urban areas in 11 countries”.

Sono stati esaminati i Piani di adattamento, comprendenti le azioni di pianificazione e sviluppo urbano, che riducono la vulnerabilità ai cambiamenti climatici, e i Piani di mitigazione che includono azioni quali il miglioramento dell’efficienza energetica e produzione di energia da fonti rinnovabili, per ridurre le emissioni di gas serra.
La gran parte delle città esaminate sono lontane dal fronteggiare le nuove sfide poste dai cambiamenti climatici, dal momento che complessivamente 130 città (65%) hanno un Piano di mitigazione, meno di 1/3 (28%), anche un Piano di adattamento, il 72% ha solo il Piano di mitigazione, mentre il 35% non ha alcun Piano.
Inoltre, la situazione è assai diversa da Paese a Paese: in Gran Bretagna, il 93% delle città ha approntato un Piano di mitigazione, nei Paesi Bassi e in Germania, l’80%; mentre, in Francia solo il 43% e in Belgio il 42%.

Anche per la redazione dei Piani di adattamento, le città del Regno Unito si segnalano per essere più solerti (80%) rispetto a quelle continentali, con Finlandia al 50% e Germania al 40%. La città più ambiziosa è Groningen (Paesi Bassi) che ha posto l’obiettivo di diventare “carbon neutral” entro il 2050, se non dovesse riuscire a conseguire l’obiettivo ancor prima.

In Italia, delle 32 città censite, 18 hanno un Piano di mitigazione (56%), ma il loro impegno si limita mediamente alla riduzione delle proprie emissioni del 12,5%, contro l’impegno medio del 58,5% delle città britanniche. Inoltre, secondo lo studio, solo Padova avrebbe un Piano di adattamento.
In merito, dobbiamo segnalare che mentre Padova non ha ancora portato a termine il percorso, Ancona è stata una delle prime città italiane che si è mossa in linea con le richieste e le strategie europee, tant’è che il 25 gennaio 2014 si è svolto nella città dorica un seminario dal titolo “Ancona e il clima che cambia” per presentare ai cittadini il Piano di adattamento. Così, a tutt’oggi, è la prima città italiana ad avere un Piano di adattamento ai cambiamenti climatici già operativo e che per questo ha ottenuto il riconoscimento Europeo assegnatole dalla DG Azione per il Clima della Commissione UE per essere stata tra le 21 Città partecipanti al percorso di definizione della Strategia Europea di Adattamento. Non solo Ancona  è diventata una peer city ovvero una città che ha condiviso e sostenuto le città “principianti” nel percorso verso l’adattamento ai cambiamenti climatici.

Ritornando allo studio, vi si osserva che la maggior parte dei Piani di mitigazione si basa su opzioni tecnologiche e azioni di settore per incrementare l’efficienza energetica, come il miglioramento della coibentazione degli edifici, piuttosto che su cambiamenti a scala urbana. L’Adattamento, invece, viene spesso affrontato in termini più sistemici, ma meno concreti, in termini di studi scientifici o cooperazione, e soprattutto a scala regionale (Italia e Francia) o nazionale (Paesi Bassi).
Se le azioni previste dalle città studiate fossero rappresentative a livello nazionale, l’Unione europea al 2050 ridurrebbe solo del 20% le emissioni, ben al di sotto dell’obiettivo fissato nel roadmap di cui sopra.
Per meglio comprendere le risposte globali ai cambiamenti climatici e le azioni di riduzione delle emissioni – scrivono gli autori della ricerca – si raccomanda l’istituzione di una banca dati internazionale delle opzioni di mitigazione e adattamento, partendo proprio dai risultati di questo studio europeo”.

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