Sostenibilità

Indice di Sostenibilità Ambientale 2016: l’Italia continua a perdere posizioni

indice di sostenibilita ambientale 2016

Come da consuetudine, in occasione del World Economic Forum (WEF) di Davos, è stato lanciato il Rapporto relativo all’Indice di Sostenibilità Ambientale (Environmental Performance Index), un metodo per quantificare numericamente le prestazioni ambientali dei Paesi in merito a 2 grandi settori pubblici: la protezione della salute umana da danni ambientali e la tutela degli ecosistemi.

Progettato da Pilot Environmental Performance Index e pubblicato per la prima volta nel 2002, per integrare gli obiettivi ambientali delle Nazioni Unite, questo indice è stato sviluppato poi da Yale University e Columbia University, in collaborazione con il WEF e il sostegno della canadese “The Samuel Family Foundation” e della svizzera “The Call MacBain Foundation”.

L’Indice quest’anno classifica le prestazioni ambientali di 180 Paesi, attraverso il calcolo e l’aggregazione di oltre 20 indicatori che riflettono i dati ambientali a livello nazionale, raggruppati in 9 categorie che costituiscono gli aspetti principali delle questioni ambientali, anche se non esaustive.

Il calcolo dell’EPI inizia con la trasformazione della raccolta dei dati grezzi in indicatori di sostenibilità comparabili e standardizzati. A tal fine vengono standardizzati i valori grezzi in funzione della popolazione, del prodotto interno lordo o di altri denominatori, che rendono i dati confrontabili tra i vari Paesi. I dati trasformati vengono poi utilizzati per calcolare gli indicatori di sostenibilità EPIche utilizzano una metodologia “proximity-to-target” (quanto un determinato Paese si avvicina a un obiettivo politico prefissato). A sua volta, tale punto di riferimento di elevata sostenibilità è definito principalmente da obiettivi politici internazionali o nazionali o da soglie scientifiche predeterminate. Ad esempio, i parametri di riferimento per le aree protette sono determinate da obiettivi di politica internazionale stabiliti dalla Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD) e gli andamenti degli indicatori di intensità del carbonio nella categoria Clima ed Energia sono ponderati in base a quale indicatore è più pertinente sulla base dello sviluppo economico e degli obblighi politici di un Paese rispetto alla mitigazione dei cambiamenti climatici.

I punteggi vengono poi convertiti in una scala da 0 a 100 attraverso un semplice calcolo aritmetico, con 0 che rappresenta il valore più lontano dall’obiettivo (peggior valore osservato) e 100 il più vicino all’obiettivo (miglior valore osservato). In questo modo, i punteggi hanno un’accezione simile per tutti gli indicatori, per le tematiche politiche e per l’EPI in generale. Le categorie e gli obiettivi generali sono egualmente ponderati per ottenere un valore unico per ciascun Paese (il punteggio EPI).

Di seguito riportiamo i criteri di selezione dei dati per l’EPI.

Rilevanza: l’indicatore segue la tematica ambientale in un modo che sia applicabile a Paesi con un’ampia gamma di elementi.

Orientamento delle prestazioni: l’indicatore fornisce dati empirici sulle condizioni ambientali o sui risultati sul posto per la tematica di riferimento ovvero introduce i “migliori dati disponibili” per tali parametri di valutazione.

Metodologia scientifica riconosciuta: l’indicatore si basa su dati scientifici sottoposti a valutazione inter pares o su dati delle Nazioni Unite o di altre Istituzioni incaricate di raccogliere i dati.

Qualità dei dati: i dati rappresentano la migliore misura disponibile. Tutte le raccolte di dati potenziali sono revisionate per qualità e verificabilità, quelli che non soddisfano gli standard di qualità di riferimento vengono eliminati.

Disponibilità di serie storiche: i dati sono stati costantemente misurati attraverso il tempo e sono in corso degli sforzi per continuare con una misura consistente in futuro.

Completezza: l’insieme di dati deve avere una copertura globale e temporale adeguata per essere preso in considerazione.

Il podio dell’EPI 2016 è costituito da:
– 1° posto alla Finlandia (punteggio 90.68);
– 2° posto all’Islanda (90,51);
– 3° posto alla Svezia (90,43).
Merita comunque segnalazione l’ascesa di Paesi come la Slovenia (5° posto), Spagna (6°) e Portogallo (7°) che in 10 anni hanno incrementato le loro prestazioni di oltre il 10%.

L’Italia con un punteggio di 84,48, occupa la 29a, con un andamento storico “decrescente”, perché retrocede in classifica rispetto ai precedenti ranking, pur avendo incrementato il punteggio conseguito:
– nel 2014 occupava la 22a posizione (74,36);
– nel 2012 era 8a (68,90).

penalizzare la performance ambientale del nostro Paese sono i soliti due indicatori:
– Qualità dell’aria (124° posto, con addirittura al 167° per l’esposizione al biossido di azoto (NO2) e al 144° per il PM2,5;
– Pesca (117°).

Le migliori performance del nostro Paese sono registrate in:
– Acqua e Servizi igienici (15° posto);
– Biodiversità e Habitat (14°).

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