Secondo lo Studio di Elettricità Futura, realizzato da Althesys con l’obiettivo di analizzare la configurazione attuale del sistema di permitting, evidenziandone le criticità e quantificandone i costi, per disegnare una più efficiente filiera autorizzativa per la decarbonizzazione e l’adeguatezza del sistema elettrico italiano, è di 6 anni il ritardo medio per l’autorizzazione di un impianto rinnovabile in Italia, con i più alti costi per le imprese in Europa.
L’Italia è in ritardo rispetto al target di decarbonizzazione al 2030 che, ai ritmi attuali di realizzazione delle rinnovabili, non sarà colto.
È quanto emerge dallo Studio “Il disegno del sistema autorizzativo per decarbonizzare e rilanciare gli investimenti”, presentato il 22 giugno 2021 da Elettricità Futura, la principale associazione delle imprese elettriche italiane realizzato in collaborazione con Althesys.
Lo sottolinea lo studio “Il disegno del sistema autorizzativo per decarbonizzare e rilanciare gli investimenti” presentato oggi da Elettricità Futura, la principale associazione delle imprese elettriche italiane realizzato in collaborazione con Althesys, il cui obiettivo è di analizzare la configurazione attuale del sistema di permitting, evidenziandone le criticità e quantificandone i costi, per disegnare una più efficiente filiera autorizzativa che possa consentire la realizzazione, in tempi e costi adeguati, degli impianti e delle infrastrutture necessari alla decarbonizzazione e all’adeguatezza del sistema elettrico italiano.
La nuova Direttiva europea Rinnovabili (RED II), che dovrà essere recepita entro giugno 2021, stabilisce il rispetto del limite di due anni per le procedure degli impianti rinnovabili. Secondo l’indagine, però, il ritardo medio nel nostro Paese raggiunge quasi i 6 anni, che si vanno ad aggiungere ai 2 anni previsti dalla legge. Inoltre, le imprese italiane sostengono i costi più alti d’Europa per ottenere l’autorizzazione di un impianto rinnovabile.
Il mancato raggiungimento degli obiettivi del Green Deal avrebbe impatti molto negativi sul sistema energetico ed economico italiano, in termini di competitività delle imprese, qualità della vita, oneri per i consumatori, oltre che sull’ambiente e sulla salute. I benefici a rischio sono stimati in circa 100 miliardi di euro al 2030, dati dall’insieme di ricadute dirette in Italia degli investimenti, dagli effetti netti sul sistema economico e dalla riduzione delle emissioni.
La molteplicità delle istituzioni coinvolte e la mancanza di un soggetto competente unico e centralizzato in grado di gestire interamente il procedimento genera un sistema farraginoso, complesso e stratificato, nel quale manca un adeguato coordinamento delle attività e un’unicità di indirizzo, che fanno sì che il 46% dei progetti presentati non venga realizzato.
“Una Pubblica Amministrazione più efficiente permetterà di avviare nuovi investimenti, ridurre le emissioni di CO2, creare posti di lavoro e tutelare il nostro Paese dall’emergenza climatica – ha dichiarato Agostino Re Rebaudengo, Presidente di Elettricità Futura – Il DL Semplificazioni in fase di conversione in queste settimane, se migliorato, sarà un passo importante per raggiungere gli obiettivi del Green Deal 2030, salvaguardando l’ambiente e il paesaggio”.
L’analisi del quadro attuale del settore, delle maggiori criticità e dei loro impatti evidenzia la necessità di una revisione profonda dell’attuale assetto normativo e di governance.
Occorre agire, dunque, sulle procedure autorizzative, emanando i decreti attuativi del D.L. «Semplificazioni» e del Codice degli Appalti, attuando la Direttiva Rinnovabili 2018/2001 e rivedendo la normativa VIA. Istituendo, inoltre, una fast track per determinati impianti di pubblica utilità (urgenti e indifferibili), estendendo l’utilizzo della Procedura Abilitativa Semplificata (PAS) e migliorando le misure e i percorsi specifici per il rinnovamento degli impianti esistenti.
La revisione delle procedure autorizzative
1. Rendere perentori tutti i termini già previsti per le PP.AA. preposte, nel rispetto della RED II. Prevedere l’esito positivo di tutti i procedimenti una volta decorsi i termini (silenzio-assenso).
2. Ridurre alcuni termini di legge attuali, in coerenza con le prassi delle nazioni UE più virtuose e con lo scenario Green Deal. In particolare, tempi di legge dello screening VIA e della VIA.
3. Modificare le modalità applicative della disciplina del PAUR, per renderlo realmente strumento autorizzatorio «Unico», superando i conflitti di competenze tra le varie aree degli enti coinvolti.
4. Approvare i decreti attuativi del Codice degli Appalti. Stilare l’elenco delle infrastrutture prioritarie per il sistema elettrico e FER nominando commissari.
5. Digitalizzare le procedure per assicurare velocità e tracciabilità della documentazione, introducendo formati standard uniformi, invio e gestione delle pratiche solo online, possibilità di tracking online.
6. Introdurre fast track autorizzativa per le opere strategiche, a tutt’oggi ancora assente. In attuazione del D.L. «Semplificazioni», individuare le opere riconosciute come necessarie per il PNIEC, prevedendo una corsia preferenziale sulle procedure di valutazione ambientale.
7. Introduzione del principio di «legittimo affidamento» secondo il quale, una volta concluso il procedimento autorizzativo, non è possibile riaprire la fase istruttoria e richiedere agli operatori ulteriore documentazione.
8. La VIA statale deve essere rivista sotto vari profili, tra i quali:
– Non coinvolgimento di tutte le PP.AA. nella AU se già consultate nella VIA.
-Accorpare in unico iter VIA o PUA e AU sotto l’egida MiTE (come si fa a livello regionale con PAUR).
– Recepimento norme tecniche per lo studio di valutazione ambientale (art. 50.3-bis D.L. 76/2020).
– Il decreto attuativo per questa misura non è ancora stato adottato.
– Commisurare le regole per le valutazioni di impatto ambientale all’entità degli interventi.
– VIA semplificata per rinnovamenti.
– Prevedere un unico soggetto centrale responsabile dell’approvazione e rilascio della VIA.
– Decisione sulla VIA di esclusiva competenza della Commissione VIA, facente capo al MiTE, con parere non vincolante del MiC.
– Prevedere che la pianificazione nazionale consideri delle linee guida del MiC (da aggiornare sulla base delle buone pratiche). MiTE deve mantenere la competenza esclusiva sulle decisioni sui singoli impianti. La decarbonizzazione e le FER sono «attività di interesse pubblico […] a salvaguardia di interessi ambientali e indirettamente a quella dei valori paesaggistici» (Sentenza CdS n. 2983/2021).
– Per i procedimenti già avviati, va data all’operatore la facoltà di scegliere, laddove l’opera rilevi ai fini PNIEC, l’adozione dei termini abbreviati e delle diverse procedure previste dal D.L. «Semplificazioni».
9. Prevedere l’intervento delle Soprintendenze nell’iter autorizzativo soltanto per le proposte riguardanti aree sottoposte a vincoli, sulla base del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio.
10. Rendere coerenti i criteri d’impatto paesaggistico con i target di nuova potenza rinnovabile al 2030.
Sul fronte governance e istituzioni, occorre garantire il coordinamento tra procedure ed enti, l’uniformità dei procedimenti regionali e istituire un organismo centrale per attuare il PNIEC. Un’accelerazione delle procedure deve, poi, venire dalla digitalizzazione e dalla disponibilità di maggiori competenze e risorse umane.
Nel rapporto con il territorio, serve un potenziamento del quadro relativo al burden sharing e agli obiettivi regionali, definendo in modo chiaro quali siano le aree non idonee alla realizzazione degli impianti. Fondamentale è anche aumentare il consenso verso le rinnovabili attraverso il coinvolgimento delle comunità locali.
“Lo studio evidenzia che va ripensato l’intero sistema di governance, garantendo il coordinamento tra i diversi enti e l’uniformità dei procedimenti regionali, anche con un organismo centrale per attuare il PNIEC – ha sottolineato l’economista Alessandro Marangoni, Amministratore delegato di Althesys – Serve poi un potenziamento del burden sharing, definendo quali siano le aree non idonee per la costruzione degli impianti. Infine, va aumentato il consenso verso le rinnovabili, coinvolgendo le comunità locali”.
Fabio Bastianelli