In 100 anni la velocità con cui il ghiaccio si sta sciogliendo è almeno raddoppiata rispetto agli ultimi 9.500 anni. La denuncia viene da uno studio della Columbia University che evidenzia anche l’estrema sensibilità dei ghiacciai alle variazioni di temperatura.
Uno studio della Columbia University lancia l’allarme: nell’ultimo secolo i ghiacciai sono diventati estremamente sensibili alle variazioni di temperatura e la velocità con cui si stanno sciogliendo è almeno raddoppiata rispetto agli ultimi 9.500 anni.
Per monitorare la crescita e la relativa riduzione, gli scienziati hanno estratto dei campioni di sedimento da un lago alimentato da ghiacciai nella Groenlandia sudorientale e in seguito hanno confrontato le analisi di questo estratto con quelle di simili sedimenti presi in Islanda e nell’isola di Baffin in Canada.
“Accadono due cose – ha spiegato il co-autore della ricerca William D’Andrea, paleoclimatologo dell’Osservatorio terrestre Lamont-Doherty della Columbia University – La prima è che c’è una graduale diminuzione della quantità di luce solare alle alte latitudini in estate. Ma se questa fosse l’unica cosa, ci aspetteremmo un avanzamento lento dei ghiacciai. Invece, a un certo momento, si è inserita anche l’azione umana che ha iniziato a bruciare combustibili fossili e ha provocato l’aggiunta di anidride carbonica in atmosfera. Così i ghiacciai, che starebbero altrimenti crescendo, cominciano a sciogliersi perché le temperature estive sono sempre più alte”.
“Se paragoniamo il tasso con cui i ghiacciai si sono ritirati negli ultimi 100 anni a quello con cui si ritirarono quando scomparvero tra 8-7mila anni fa – ha aggiunto D’Andrea – si evince che la velocità del ritiro negli ultimi 100 anni è stata di circa il doppio”.
Anche i governi della Groenlandia e della regione canadese del Nunavut, insieme all’Inuit Circumpolar Council, sono preoccupati per la situazione: “L’Artico sta subendo acuti impatti legati al cambiamento climatico, tra cui fusione del permafrost, estremi aumenti di temperatura, perdita di ghiacciai e ghiaccio marino, eventi meteorologici gravissimi e danni alla fauna selvatica. Per evitare ulteriori distruzioni, legate in gran parte ad attività che hanno luogo fuori dalla regione, chiediamo all’ONU un accordo per il clima che prenda misure atte a: certificare che l’aumento di temperatura globale resti tra 1,5 e 2 gradi; riconoscere e proteggere i diritti delle popolazioni indigene garantendo uguale accesso allo sviluppo; ma soprattutto non imporre ulteriori oneri finanziari alle regioni artiche”.
I tre governi chiedono, inoltre, che l’accordo promuova il bisogno di misure di adattamento in aree toccate in modo sproporzionato dal cambiamento climatico come l’Artico e riconosca l’importanza delle tradizioni indigene e il loro significativo contributo alle ricerche sulle evoluzioni del clima in corso.
Anche gli artisti scendono in campo
Per sensibilizzare l’opinione pubblica e i governi di tutto il mondo sulla grave situazione che si sta verificando in Groenlandia, non ci sono solo studi scientifici e approfondimenti delle più prestigiose Università e dei più importanti Centri di Ricerca diffusi nei vari continenti.
In occasione della COP21, la Conferenza internazionale ONU sui cambiamenti climatici appena conclusasi a Parigi, anche gli artisti sono scesi in campo con l’obiettivo di denunciare lo scioglimento dei ghiacciai causato dal global warming e dai cambiamenti climatici.
Uno su tutti, lo scultore danese Olafur Eliasson che ha depositato 12 enormi blocchi di ghiaccio artico sulla piazza del Panthéon, sulla rive gauche della capitale francese durante l’evento. Un’installazione provocatoria con veri e propri pezzi di iceberg nel cuore di Parigi del peso di circa 100 tonnellate, trasportati all’interno di container refrigerati che sono rimasti in loco fino a quando il ghiaccio non si è sciolto. “A quel punto l’acqua ha invaso la piazza e le vie circostanti, creando disagio ai cittadini di Parigi. Non è stato un inconveniente però – ha concluso Eliasson – In questo modo le persone hanno aperto realmente gli occhi sugli effetti provocati dal riscaldamento globale, compreso lo scioglimento dei ghiacciai artici”. L’installazione intitolata Ice Watch è stata concepita con il supporto del geologo danese Minik Rosing e dell’organizzazione inglese no profit Julie’s Bicycle, da sempre impegnati nel creare un dialogo tra arte e ambiente.