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Diritti umani: il rischio più grave viene dai cambiamenti climatici

diritti umani rischio piu grave viene dai cambiamenti climatici

“[…] Riconoscendo che i cambiamenti climatici costituiscono una preoccupazione dell’umanità intera, quando intraprendono azioni per affrontarli, le Parti dovrebbero rispettare, promuovere e tenere in considerazione i propri rispettivi obblighi in materia di diritti umani, diritto alla salute, i diritti dei popoli indigeni, delle comunità locali, dei migranti, dei bambini, delle persone con disabilità e quelle persone in situazioni vulnerabili, e il diritto allo sviluppo, così come la parità di genere, l’emancipazione femminile e l’equità tra generazioni; […]”.

Non era certo questo generico e non cogente “considerando” inserito nel preambolo dell’Accordo votato dai delegati alla Conferenza sul Clima di Parigi (COP21), l’obiettivo che si era posto il Programma Ambiente delle Nazioni Unite (UNEP), quando nella Giornata dedicata ai Diritti dell’Uomo (10 dicembre 2015) aveva presentato il Rapporto “Climate Change and Human Rights” che mette in evidenza come i cambiamenti climatici costituiscano il più grave rischio per i diritti umani del XXI secolo.

I cambiamenti climatici stanno già avendo riflessi pesanti sugli esseri umani e sui loro insediamenti per effetto del degrado degli ecosistemi e delle risorse, su cui tanti individui dipendono per la sopravvivenza e i mezzi di sussistenza, e a mano a mano che le condizioni ambientali peggioreranno, i diritti umani di milioni di persone saranno sempre più pregiudicati – ha affermato il Direttore esecutivo dell’UNEP, Achim Steiner – Questa nuova ricerca mette in luce il legame tra cambiamenti climatici e diritti umani e può servire come punto di riferimento per le azioni di contrasto ai cambiamenti climatici oltre il trampolino di lancio della Conferenza di Parigi”.

Il Rapporto è stato redatto da Michael Burger e da Jessica Wentz, rispettivamente Direttore esecutivo e Direttore associato del Sabin Center for Climate Change Law della Columbia University Law School di New York, un Centro nato nel 2009 per promuovere e implementare gli strumenti giuridici fondamentali nella lotta contro il global warming, formando i giuristi specializzati nella legislazione sui cambiamenti climatici.

Il Centro è stato presente con professori e alla COP21 attraverso la Legal Response Initiative (LRI) che ha per obiettivo una maggiore parità di condizioni tra i protagonisti dei negoziati, tant’è che il Direttore del Centro Michael B. Gerrard ha assistito gratuitamente alla COP21 la delegazione delle Isole Marshall, uno dei tanti piccoli stati insulari in via di sviluppo (SIDS) che più rischiano per gli impatti dei cambiamenti climatici.

Io penso in più occasioni che quando Eleanor Roosevelt mise a punto il testo della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo non avrebbe potuto mai immaginare che i cambiamenti climatici indotti dall’uomo avrebbero potuto mettere in pericolo l’esistenza di interi Paesi – ha dichiarato nel corso di una Conferenza stampa a Parigi l’8 dicembre 2015, l’ex Premier irlandese Mary Robinson, Inviato speciale delle Nazioni Unite per i Cambiamenti Climatici, che ha dato vita alla Fondazione Giustizia Climatica – Ma questa è la realtà che abbiamo oggi di fronte. A Ginevra all’inizio di marzo, ho partecipato ad una riunione del Consiglio delle Nazioni Unite per i Diritti Umani con Anote Tong, Presidente dello stato delle isole del Pacifico di Kiribati. Egli ha descritto con estrema efficacia la drammatica situazione del suo popolo che per effetto dei cambiamenti climatici rischia di dover abbandonare quelle isole. Egli è stato costretto, per precauzione, ad acquistare terreni alle isole Fiji, ma se i suoi concittadini saranno costretti all’esodo, che ne sarà della sovranità, dell’identità e del patrimonio culturale di un popolo di una piccola isola?”.

Citando l’ultimo Emissions Gap Report che annualmente monitora se gli impegni assunti dai Paesi alla Conferenza di Copenhagen (2009) di mantenere entro i +2 °C il riscaldamento globale entro la fine del secolo, sono nella giusta traiettoria per cogliere il bersaglio, il Rapporto sottolinea come gli impegni sottoscritti dai singoli Paesi al 2030 (INDCs) siano in grado di ridurre le emissioni globali per un massimo di 6 Gtonn. di CO2 eq., quando per cogliere l’obiettivo al 2100 sarebbe necessario un taglio di 12 Gtonn.
Questo significa che il livello di riscaldamento conseguente potrebbe comportare impatti climatici e ambientali tali da incidere pesantemente sui diritti umani.

Questo rapporto arriva in un momento critico, in quanto le Parti della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici si stanno incontrando a Parigi per avviare un nuovo capitolo nello sforzo della nostra generazione di sconfiggere i cambiamenti climatici – ha scritto nell’introduzione, John H. Knox, Relatore speciale delle Nazioni Unite per i Diritti umani e l’Ambiente, che ha contribuito alla sua redazione – Il Rapporto fornisce una base indispensabile per la futura politica climatica, aiutandoci ad osservare nello specifico come i cambiamenti climatici minaccino la nostra capacità di godere dei nostri diritti umani, e anche come l’esercizio dei diritti umani possa informare e guidare le nostre politiche sul clima”.

Il rapporto elenca una serie di raccomandazioni specifiche relative alla tutela dei diritti umani da impatti dei cambiamenti climatici e le risposte da dare, tra cui:
– l’inserimento nell’Accordo di Parigi di un programma per la valutazione e revisione degli impegni dei Paesi con l’obiettivo di aumentare, nel corso del tempo, l’ambizione degli obiettivi di mantenere entro i 2 °C la temperatura globale;

– un riferimento nell’Accordo di Parigi degli effetti dei cambiamenti climatici sull’esercizio dei diritti umani e sulla necessità di rispettare, proteggere, promuovere e realizzare i diritti umani in tutte le azioni legate al clima;

– garantire l’attuazione delle tutele sociali nei vari finanziamenti per il clima per includere le considerazioni sui diritti umani.

Pur riconoscendo che molti Paesi hanno adottato misure per adempiere ai propri obblighi, il Rapporto conclude che solo attraverso l’aumento di ambizione e la cooperazione per contrastare i cambiamenti climatici la comunità internazionale può garantire la tutela dei diritti umani a tutti i cittadini del mondo.

I cambiamenti climatici sono il risultato di scelte fatte da esseri umani e hanno effetti devastanti su una vasta gamma di diritti umani garantiti a livello internazionale come il diritto al cibo, all’acqua, alla sanità, ad abitazioni decenti e alla salute di milioni di individui – ha affermato Zeid Ra ‘ad Al Hussein, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani – Le normative sui diritti umani impongono affermativamente a tutti gli Stati obblighi giuridici di protezione dei diritti umani dai danni del clima, in particolare i diritti delle persone in situazioni di vulnerabilità, e per assicurare la responsabilità, tra cui il risarcimento, a chi ha subito danni. Viviamo in un momento storico di diffusa violazione di questi obblighi”.

Purtroppo non è andata come auspicato. I diritti umani sono stati ancora subordinati a quelli economici, ma non sono scomparsi dal testo. Bisogna che il condizionale usato nel testo dell’Accordo venga modificato con il modo indicativo. Per questo obiettivo, la “leadership deve venire dal basso” come ha sottolineato, dopo la conclusione della COP21, Naomi Klein, la famosa attivista canadese i cui libri sono stati diffusi anche in Italia (l’ultimo proprio quest’anno “Una rivoluzione ci salverà”), dopo la conclusione della COP21.

Ricordava la Robinson che a New York, nel settembre 2014, in occasione della grandiosa Marcia per il Clima a cui hanno partecipato 400.000 persone, era rimasta favorevolmente impressionata da un gruppo di anziane signore che sfilavano dietro lo striscione: “Nonne arrabbiate”, alle quali avrebbe voluto accodarsi.

Ecco, bisognerebbe che i nonni, oltre a preoccuparsi, per effetto della crisi di alcune banche, della fine che faranno i risparmi che lasceranno presumibilmente, e augurabilmente, a figli e nipoti, cominciassero ad “incazzarsi” con la governance per le cattive condizioni ambientali e i rischi climatici con cui saranno costrette a vivere le future generazioni per le colpe di quelle trascorse e… attuali!

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