Green economy Sostenibilità

GreenItaly 2014: crescono fatturati e posti di lavoro

GreenItaly 2014 crescono fatturati e posti di lavoro

L’annuale Rapporto di Unioncamere e Fondazione Symbola mostra come che le imprese che hanno scommesso sulla green economy siano quelle che riescono a conseguire le migliori performance in termini di innovazione di prodotto, conquista di nuovi mercati e livelli occupazionali.

Le imprese che hanno imboccato con convinzione la via della green economy e investono in tecnologie green per ridurre l’impatto ambientale e risparmiare energia sono quelle che, nella crisi, non arretrano, ma anzi riescono a spuntare migliori performance in termini di innovazione, export, fatturato e prospettive occupazionali. È questa in estrema sintesi l’istantanea che viene restituita da “GreenItaly” di Unioncamere e Fondazione Symbola, presentato il 4 novembre 2014 a Roma, il rapporto che “misura” la rilevanza economica delle nostre imprese green e il contributo che danno alla ricchezza e al benessere del Paese.

Per molti decenni – si legge nel Rapporto – lo sviluppo economico ha seguito una strada diametralmente opposta a quella della sostenibilità. L’obiettivo di accrescere la quantità di beni disponibili e favorire l’accesso ai mercati delle popolazioni ha determinato una pressione antropica crescente. Ciò ha prodotto una serie di effetti sull’ambiente che, in questi anni, iniziano a manifestarsi con sempre maggiore evidenza, così come attestato da numerosi studi su scala internazionale. Questo processo ancora oggi trova linfa vitale nello squilibrio dei livelli di sviluppo dei vari Paesi. Soprattutto per quelli che si trovano nella fase di transizione verso un’economia avanzata, la strada della produzione di massa sembra ineludibile, e con essa anche gli effetti negativi in termini di inquinamento. La dicotomia che caratterizza il modello di sviluppo internazionale, tuttavia, ha creato una grande occasione per quei Paesi che già negli scorsi decenni hanno raggiunto il progresso e la ricchezza, e che oggi si trovano in una fase di transizione, costretti a completare il difficile passaggio dal ‘competere sulla quantità’ al ‘competere sulla qualità’, convertendo un modello di sviluppo inquinante in uno sostenibile. Ciò vale ancor di più se si considera come una quota importante di consumatori abbia iniziato a ritenere la sostenibilità dei materiali e dei processi produttivi un elemento imprescindibile della qualità di un prodotto. È in questo passaggio che la green economy acquisisce valore economico, assumendo un nuovo significato per il nostro sistema produttivo, da mero vincolo in antitesi con l’efficienza di costo a opportunità di mercato e di profitto”.

I dati completi di GreenItaly 2014, comprensivi anche di disaggregazioni regionali, indicano che più di un’impresa su cinque dall’inizio della crisi ha scommesso su innovazione, ricerca, conoscenza, qualità e bellezza ovvero sulla green economy.
Sono infatti 341.500 le aziende italiane (circa il 22%) dell’industria e dei servizi con dipendenti che dal 2008 hanno investito, o lo faranno quest’anno, in tecnologie green per ridurre l’impatto ambientale, risparmiare energia e contenere le emissioni di CO2, percentuale che sale al 33% nell’industria manifatturiera. Un orientamento che si rivela strategico, tanto che proprio alla nostra green economy si devono 101 miliardi di euro di valore aggiunto, pari al 10,2% dell’economia nazionale, esclusa la componente imputabile al sommerso.

Questa propensione abbraccia tutti i settori della nostra economia – da quelli più tradizionali a quelli high tech, dall’agroalimentare all’edilizia, dalla manifattura alla chimica, dall’energia ai rifiuti – e sale nettamente nel manifatturiero, comparto in cui quasi un’impresa su tre punta sull’economia verde. Una scelta che paga visto che nella manifattura il 25,8% delle imprese eco-investitrici ha visto crescere il proprio fatturato nel 2013, mentre tra le non investitrici è successo solo per il 17,5% dei casi. Inoltre, le imprese manifatturiere che fanno eco-investimenti sono anche più forti all’estero: il 44% esporta stabilmente, contro il 24% di quelle che non investono.

Green economy significa anche innovazione: lo scorso anno il 30% delle aziende che puntano sul verde ha sviluppato nuovi prodotti o nuovi servizi, contro il 15% di quelle che non hanno imboccato la via della green economy.
Innovazione, export e maggiore redditività si traducono anche in occupazione e maggiori assunzioni. Ad oggi, nell’intera economia italiana sono presenti quasi 3 milioni di green jobs, che corrispondono al 13,3% del totale nazionale, a cui si aggiungono le 50.700 figure professionali “verdi” e 183.300 figure che hanno competenze green previste nelle assunzioni programmate dalle aziende dell’industria e dei servizi per il 2014.
Nell’insieme si tratta di 234 mila assunzioni, equivalenti al 61% della domanda di lavoro.
Il “fattore green” è determinante anche nello stimolare nuove assunzioni: il 26,6% delle imprese eco-investitrici prevedono di assumere nel 2014, contro il 12,1% delle non investitrici.
Grazie anche alle realtà che puntano sull’efficienza, l’Italia vanta importanti primati sul fronte dell’ambiente a livello europeo:
siamo, ad esempio, una delle economie a minore intensità di carbonio dell’UE; siamo campioni europei nell’industria del riciclo; siamo, assieme alla Germania, il Paese che vanta un surplus commerciale con l’estero di prodotti manifatturieri superiore ai 100 miliardi di dollari.

Lungi dal soccombere alla globalizzazione, quindi, il nostro Paese ha reagito conquistando nuovi mercati e diversificando la propria specializzazione per intercettare nuove richieste di mercato. La green economy è stato uno dei driver di questa evoluzione, permettendo a molte imprese del nostro made in Italy di tornare ad essere competitive e di riposizionarsi su nicchie ad alto valore aggiunto e di competere efficacemente con i paesi emergenti. Un driver valido tanto all’estero quanto in casa, vista la sempre maggiore sensibilità dei consumatori verso il tema ambientale, come testimonia il sondaggio condotto da SWG per questo rapporto, secondo cui il 78% di cittadini italiani è disposto, nonostante la crisi dei consumi, a spendere di più per prodotti e servizi eco-sostenibili. Se, all’inizio del nuovo secolo, più della metà degli italiani definiva il green una moda, oggi questo dato ha mutato completamente di colore. Per il 74% dell’opinione pubblica, la green economy è un reale nuovo modo di fare impresa, economia e società.
Non usciremo dalla crisi come ci siamo entrati, non ci metteremo alle spalle questa tempesta perfetta se non cambiando e imboccando con convinzione la via della green economy, che è anche la strada maestra per contrastare i mutamenti climatici – ha sottolineato Ermete Realacci Presidente Fondazione Symbola – L’Italia deve affrontare i suoi mali antichi, che vanno ben oltre il debito pubblico e che la crisi ha reso ancora più opprimenti: le diseguaglianze sociali, l’economia in nero, quella criminale, il ritardo del Sud, una burocrazia spesso persecutoria e inefficace. Deve rilanciare il mercato interno, stremato dalla mancanza di lavoro, dalle politiche di rigore e dalla paura. E deve saper fare tesoro della crisi per cogliere le sfide, e le opportunità, della nuova economia mondiale. Scommettendo sull’innovazione, la qualità, la bellezza, la green economy, per rinnovare il suo saper fare, la sua vocazione imprenditoriale e artigiana. L’Italia, insomma, deve fare l’Italia”.

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