Dal Rapporto di Unioncamere e Symbola emerge che il 61,2% di tutte le assunzioni destinate alle attività di ricerca e sviluppo delle nostre aziende saranno lavori e servizi verdi, confermando che la green economy è il motore propulsivo della nostra produzione.
Unioncamere (Camere di Commercio d’Italia) e Symbola (Fondazione delle Qualità italiane) hanno presentato a Milano il 4 novembre 2013, presso la sede EXPO 2015, il Rapporto Green Italy 2013, dal titolo “Nutrire il Futuro” che riprende, non casualmente, il tema generale scelto per la prossima Esposizione Universale: “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”.
La green economy, secondo Symbola e Unioncamere, è un nuovo paradigma produttivo che esprime, nel nostro Paese, la parte propulsiva dell’economia: “dall’inizio della crisi, nonostante la necessità di stringere i cordoni della borsa, più di un’impresa su cinque ha scommesso sulla green economy. Che è stata, quindi, percepita come una risposta alla crisi stessa, e non ha deluso le aspettative”.
L’assunto del Rapporto, giunto alla IV edizione, trova puntuale conferma nei numeri:
– sono quasi 328 mila le imprese dell’industria e dei servizi con dipendenti che hanno investito nel periodo 2008-2012 e/o investiranno entro la fine del 2013 in tecnologie green in grado di assicurare un maggior risparmio energetico e/o un minor impatto ambientale: più di una su cinque, esattamente pari al 22% dell’intera imprenditoria extra-agricola con dipendenti;
– il 17,5% delle imprese (57.500) che investono in eco-efficienza (quelle che hanno investito nel 2008-2012 e/o investiranno nel 2013 in prodotti e tecnologie a maggior risparmio energetico o a minor impatto ambientale) sono esportatrici (anno 2012, tendenza che sale al 42% nel manifatturiero, con 34 mila imprese), contro il 10% di quelle che non investono;
– circa il 23% delle imprese che hanno fatto nel 2008-2012 o faranno nel 2013 eco-investimenti hanno effettuato innovazioni di prodotto/servizio nel corso del 2012 (74 mila imprese), contro le 11 circa su 100 nel caso delle imprese non investitrici;
– il 61,2% di tutte le assunzioni previste nel 2013 e destinate alle attività di ricerca e sviluppo (R&S) delle nostre aziende sarà coperto da green jobs;
– circa il 17% delle imprese che investono nell’eco-efficienza ha visto crescere, in maniera moderata o elevata, il fatturato nel 2012 (rispetto al 2011); solo nel 12% tale situazione è riscontrabile tra le imprese non investitrici;
– più del 38% delle assunzioni programmate da tutte le imprese dell’industria e servizi (con dipendenti) per il 2013 proviene proprio dalle aziende che investono nella sostenibilità (sempre con riferimento alle imprese che hanno investito nel 2008-2012 e/o investiranno nel 2013): in valori assoluti si tratta di circa 216.500 assunzioni sul totale delle 563.400 previste;
– gli occupati “verdi” – i cosiddetti green jobs – sono 3.056,3 mila, corrispondenti al 13,3% dell’occupazione complessiva nazionale, accanto ai quali si possono annoverare altre 3 milioni e 700 mila figure ‘attivabili’ dalla green economy: occupati con le carte in regola per lavorare in settori e filiere green;
– il 42% del totale delle assunzioni under 30 programmate quest’anno verrà fatto proprio da quel 22% di aziende che fanno investimenti green;
– il valore aggiunto, in termini nominali, prodotto nel 2012 dalla green economy (calcolato a partire dallo stock dei green jobs) è pari a 100.762,3 milioni di euro ovvero al 10,6% del totale della ricchezza prodotta, esclusa la componente imputabile al sommerso.
“GreenItaly – ha osservato Ferruccio Dardanello, Presidente Unioncamere – ci racconta di un’Italia che sa essere più competitiva e più equa, perché fondata su un modello produttivo diverso. In cui tradizione e innovazione, sostenibilità e qualità si incrociano realizzando una nuova competitività. L’Italia non è una delle vittime della globalizzazione ma, anzi, un Paese che ne ha approfittato per modificare profondamente la propria specializzazione internazionale, modernizzandola, proprio grazie alla green economy. Creando valore aggiunto in settori in cui ci davano per spacciati e creando nuove specializzazioni in altri settori, in cui siamo oggi leader. L’Expo 2015 è un’occasione unica per presentare al mondo questo modello di sviluppo e l’Italia come suo autorevole paladino. Se vogliamo che questo modello vincente contagi tutto il nostro sistema produttivo, dobbiamo sostenerlo. Anzitutto liberandolo dagli ostacoli che incontra lungo il cammino, primo fra tutti l’eccesso di burocrazia. E poi con politiche industriali e fiscali più green: nelle tecnologie, nella formazione, nella tassazione del lavoro, nel credito, negli investimenti”.
La GreenItaly è diffusa in modo piuttosto uniforme lungo tutto lo Stivale. Tuttavia, vista la diversa concentrazione delle imprese nelle diverse regioni del Paese, trova nel Nord d’Italia il suo punto di forza con il 52% del totale.
Analogamente, scendendo a livello delle singole regioni, spicca il numero di imprese lombarde che hanno fatto o faranno ecoinvestimenti: più di 60 mila, ovvero il 18% delle imprese green di tutto il Paese. Nulla da stupirsi, dunque, se è la Lombardia a guidare la classifica regionale per numero delle imprese che tra il 2008 e il 2013 hanno investito o investiranno in prodotti e tecnologie verdi. Segue il Veneto con 30.670 imprese che puntano sull’eco-efficienza (9,4%), terza posizione a pari merito l’Emilia-Romagna e il Lazio, dove sono presenti, in ciascun territorio, poco più di 28 mila imprese (8,6%). Seguono Piemonte, Campania, Toscana e Puglia, rispettivamente con 23.690, 22.540, 21.440 e 20 mila imprese attente alle loro performance ambientali. E quindi troviamo la Sicilia, a quota 19.760, e le Marche, che si attestano a 9.830 imprese green.
Passando dalle Regioni alle Province, Roma non rinuncia al suo ruolo di Capitale e guida la classifica provinciale per numero di imprese investitrici nell’eco-efficienza con 20.450 imprese green (pari al 6,2% del totale nazionale delle imprese verdi). Sul podio anche Milano, seconda, a quota 18.400 imprese (pari al 5,6% del totale nazionale), e Torino, terza, con 11.090 imprese (3,4%).
Non è un caso, dunque, se nel 2012 siamo stati tra i soli 5 Paesi al mondo (con Cina, Germania, Giappone e Corea del Sud) ad avere un saldo con l’estero superiore ai 100 miliardi di dollari (per i manufatti non alimentari), mentre sul mercato domestico domanda e produzione crollavano per la crisi e l’austerità.
“Non sarà certo la politica economica dell’Adda passà ‘a nuttata, per dirla con De Filippo, a tirarci fuori dalla crisi – ha dichiarato Ermete Realacci Presidente Fondazione Symbola – L’Italia deve affrontare i suoi mali antichi, che vanno ben oltre il debito pubblico e che la crisi ha reso ancora più opprimenti: le disuguaglianze sociali; l’economia in nero; l’economia criminale; il ritardo del Sud; una burocrazia spesso persecutoria e inefficace. Deve rilanciare il mercato interno, stremato dalla recessione, dall’austerità e dalla paura. E deve saper fare tesoro della crisi per cogliere le sfide, e le opportunità, della nuova economia mondiale. Lo deve fare scommettendo sull’innovazione, la ricerca, la qualità, la green economy, per rinnovare il suo sapere fare, la sua vocazione imprenditoriale e artigiana. L’Italia, insomma, deve fare l’Italia. La prossima Expo di Milano, pensata dopo la crisi, può essere anche la prima esposizione mondiale della green economy”.