Il 10 Agosto è stata celebrata la Giornata Mondiale del Leone, e per l’occasione il WWF ha fotografato la situazione del re della savana. Al 2018 in Africa sarebbero rimasti meno di 20.000 esemplari. La caccia, sia quella autorizzata sia quella di frodo, è da sempre la minaccia più pericolosa, insieme alla scomparsa di habitat.
di Nicoletta Canapa
Un tempo l’areale del leone (Panthera leo) si estendeva dall’Africa settentrionale al Sud-est asiatico e dall’Europa al Medio Oriente fino all’India. Oggi si trovano solo in alcune regioni dell’Africa a sud del Sahara e in un piccolo territorio dell’India occidentale.
“I tre quarti delle popolazioni studiate soffrono una condizione di declino e in soli 21 anni (tre generazioni per l’animale) il mondo ha perso il 42% dei leoni che popolavano il continente africano – si legge nel Comunicato del WWF diramato in occasione della Giornata Mondiale del Leone (10 agosto), la Campagna di sensibilizzazione che si propone di mettere in evidenza la difficile situazione in cui versa il “re degli animali” – Secondo le stime dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUNC) è probabile che in Africa sopravvivano meno di 20 mila leoni: negli ultimi decenni si sono estinti in ben dodici Paesi sub-sahariani“.
A mettere a repentaglio la sopravvivenza del leone è una serie di cause legate correlate alle attività umane: dalla perdita dell’habitat per l’estendersi delle pratiche di allevamento e colturali, ai conflitti che continuano a coinvolgere le comunità di molti Paesi dell’Africa, alla caccia e al bracconaggio.
Passato rapidamente da animale da salvaguardare a trofeo di caccia da esibire, il leone può essere cacciato legalmente, arrivando a pagare anche 45 mila dollari per ucciderne un esemplare. Lo scorso anno, un cacciatore è stato autorizzato nello Zimbabwe, a sparare letalmente ad un leone, purché avesse raggiunto l’età adulta e dietro un lauto corrispettivo. L’esemplare di leone maschio di 6 anni si chiamava Xanda che aveva avuto il torto di essersi spinto appena al di fuori del Parco nazionale Hwange. Il suo destino è stato simile a quello di quasi tutti quelli della sua specie. Il padre Cecil era stato decapitato nel 2013 da un dentista del Minnesota, rimasto impunito perché in possesso di regolare licenza di caccia. Anche Cecil, come suo figlio Xanda, era monitorato dal team di “Hwange Lion Research Project” che però non ha autorità sul territorio esterno alla riserva naturale, e non può intervenire contro i cacciatori appostati al di fuori di quell’area.
Oltre alla caccia per farne dei trofei, esiste anche un’altra forma di crudeltà nei confronti dei leoni: quella della loro uccisione per prelevare le ossa.
“Vista la drammatica situazione della tigre di cui sopravvivono meno di 4mila individui in natura in tutto il mondo – spiega il WWF – anche il leone è diventato vittima sempre più frequente di bracconieri per soddisfare la crescente domanda di prodotti per la medicina tradizionale nel mercato asiatico, nonostante la stretta regolamentazione internazionale imposta dalla Convenzione di Washington (CITES)”.
Un fattore legato al rischio di estinzione dei leoni è quello relativo al loro habitat. Come se non bastassero cacciatori e bracconieri, l’habitat del leone si riduce di anno in anno, insieme alla conseguente diminuzione delle sue prede. La presenza di bufali, gazzelle e zebre, infatti, sta diventando sempre più esigua, privando i felini dei “prodotti tipici” delle proprie diete.
Non mancano, peraltro, le malattie che incidono sullo stato di conservazione della specie. Le difese immunitarie dei felini selvatici non sono in grado di opporsi al virus responsabile del cimurro, che nel 1994 ha ucciso quasi un terzo dei leoni del Serengeti, la florida pianura compresa fra Kenya e Tanzania. Un anno dopo, inoltre, si scoprì che i leoni in Sudafrica morivano di tubercolosi, trasmessa da bovini domestici. Un’ulteriore minaccia per i grandi felini selvatici e il FIV, il virus dell’immunodeficienza felina, caratterizzato da un comportamento analogo al virus dell’HIV.
Ci sono, poi, i conflitti locali che hanno imperversato, e in molti casi, purtroppo, proseguono, in molte aree del continente africano, che non hanno risparmiato le aree protette, come ha testimoniato lo Studio condotto da ricercatori della Priceton University, che ha scoperto che il 71% delle aree protette dell’Africa ha subìto uno o più conflitti dal 1946 al 2010, e per un quarto di queste, le guerre si sono verificate per una media di nove o più anni. Molte grandi animali, icone della biodiversità africano, periscono tuttora per mano di guerriglieri e cittadini affamati che cacciano gli animali per sfamarsi o commerciare le loro parti più richieste.
A volte sono gli allevatori che, stanchi di vedere decimato il bestiame dai leoni, non esitano ad ucciderli non appena si avvicinano alle mandrie e alle greggi. Per risolvere il problema, il WWF si impegna nell’incoraggiare iniziative come quella di Richard Turere, un masaai che in Kenia ha ideato un sistema di luci e suoni in grado di disturbare i leoni, prevenendone efficacemente gli attacchi.
Seppure in declino, anche la cattura dei leoni per le attività circensi non ha certamente favorito la conservazione della specie. Quand’anche vengono sottratti a questa forma di spettacolarizzazione, come accaduto due anni fa quando 33 leoni sono stati sottratti da circhi in Sudamerica e riportati in Africa, dopo le esperienze traumatizzanti vissute, difficilmente riescono a reinserirsi nel loro habitat naturale.
Unica luce in fondo al tunnel sembra essere rappresentata dalla crescita del turismo eco sostenibile, con nuove proposte di viaggio per l’osservazione da vicino e nel suo ambiente, imparando a conoscere e a promuovere la tutela di questo mammifero che non casualmente è assurto a simbolo di virtù e qualità positive come forza, fierezza, maestosità, nobiltà e coraggio.