Il ruolo del gas fossile nel processo di decarbonizzazione dell’economia europea a lungo termine proposto dalla Commissione UE divide al momento in due blocchi (UE occidentale e UE centro-orientale) i Paesi membri.
La Commissione UE ha adottato lo scorso novembre una Strategia a lungo termine per un’economia prospera, moderna, competitiva e a impatto climatico zero entro il 2050 (Un pianeta pulito per tutti).
Tale visione, secondo la Commissione UE, è in linea con l’obiettivo dell’Accordo di Parigi di mantenere l’aumento di temperatura ben al di sotto di +2 °C e di fare gli sforzi per mantenerlo a +1,5°C.
In vista del Consiglio europeo del 9 maggio 2019 di Sibiu (Romania) sono iniziate le riunioni informali dei Ministri per vagliare gli scenari proposti nella Strategia che, seppure non sia vincolante per i Paesi membri che sono lasciati liberi di aderire o meno a tale vision, costituisce pur sempre un punto di riferimento per le misure politiche da adottare.
In tale contesto si è svolto a Bucarest (1-2 aprile 2019), sotto la Presidenza di turno della Romania, un Consiglio informale energia che ha messo in evidenza una spaccatura tra i Paesi membri che lascia preoccupati circa la condivisione della Strategia e dei sui riferimenti temporali.
Il documento finale di intenti “Sustainable and Smart Gas Infrastructure for Europe” Declaration è stato votato da 17 Stati membri e altri 3 Paesi del SEE (Norvegia, Svizzera e Liechtenstein), mentre la Commissione UE ed altri 11 Paesi (Francia, Germania, Paesi Bassi, Belgio, Lussemburgo, Italia, Spagna, Portogallo, Svezia, Danimarca e Irlanda) non hanno firmato da Dichiarazione, perché al suo interno non veniva fatto cenno obiettivo di emissioni zero da raggiungere entro il 2050, come invece è proposto nella Strategia.
“Purtroppo, a livello europeo, non c’è ancora una visione comune sul processo di decarbonizzazione – ha dichiarato il Sottosegretario al Ministero dello Sviluppo Economico, Davide Crippa che ha partecipato alla riunione – Invece di velocizzare il percorso di abbattimento dei gas climalteranti, impegnandoci su temi come power to hydrogen o power to gas, discutiamo ancora di progetti antistorici come la cattura della CO2 oppure il blue hydrogen, ovvero l’impiego del metano per fare idrogeno”.
In verità, fin dalla pubblicazione della Strategia i Paesi che fanno ancora uso massiccio di fonti fossili per la loro economia avevano manifestato una certa insoddisfazione per l’indicazione temporale al 2050 per conseguire emissioni zero.
Ha gettato acqua sul fuoco il Presidente di turno romeno: “La dichiarazione sulle infrastrutture intelligenti e sostenibili per il gas rappresenta una base importante per la modernizzazione delle infrastrutture gasifere con l’obiettivo di accogliere percentuali maggiori di idrogeno e altri gas rinnovabili al fine di supportare la transizione energetica e l’Accordo di Parigi”, sottolineando che il nodo cruciale del disaccordo sembra essere stato “un problema di forma”.
Il nodo vero, però, sembra: dopo il 2050 ci sarà ancora un ruolo per il gas naturale di origine fossile?
Nella Dichiarazione, i firmatari si dicono “convinti che le infrastrutture del gas dovranno svolgere il loro importante ruolo nella decarbonizzazione del sistema energetico, preparandosi a trasportare quote crescenti di altri gas rispetto a quello gas naturale, come l’idrogeno, il biometano, il metano sintetico, e affrontando il problema delle emissioni convogliate e fuoruscite di metano”.
Anche se il fronte del no alla Dichiarazione non sembra essere compatto sulle ragioni della mancata adesione al Documento, il principale sarebbe da ricondurre alla preoccupazione che, cancellando ogni riferimento al 2050, si voglia avere le mani libere per continuare a sfruttare gas fossile anche oltre tale data, precludendo alla possibilità di raggiungere la neutralità climatica entro tale termine.
Lascia perplessi, pertanto la presenza della Germania in questo Gruppo di dissenzienti, stante che assieme a tutti gli altri Paesi dell’Europa dell’Est ha sempre rifiutato di collegare specificamente l’azione climatica dell’UE con l’obiettivo di +1,5 °C, opponendosi finora a qualsiasi impegno a scadenza prevista per l’obiettivo di neutralità climatica dell’UE, eliminando qualsiasi riferimento al 2050 per raggiungere tale obiettivo.
Da parte sua, la Commissione UE tramite la sua portavoce per la politica energetica e climatica che ribadito che non sosterrà nuovi investimenti nelle infrastrutture del gas senza un’analisi dettagliata sulla riduzione del carbonio che possono apportare.
“Intendiamo analizzare il potenziale ruolo delle infrastrutture del gas nel futuro sistema energetico – ha dichiarato Anna-Kaisa Itkonen ad EurActiv – al fine di trasportare e immagazzinare idrogeno e gas rinnovabili a carbonio zero“.
Molto più espliciti al riguardo i Parlamentari europei del Gruppo Greens/EFA che in un Documento, redatto lo stesso giorno delle Conclusioni del Consiglio Energia hanno ribadito che “Per un’economia decarbonizzata non ci può essere un futuro per il gas fossile“.