L’impegno di ridurre la disoccupazione giovanile e rilanciare l’economia, promosso dalla Commissione europea già nel 2013, si è concretizzato in Italia con il Piano di Azione per l’implementazione della Garanzia, ma la macchina burocratica istituzionale rischia di farlo diventare l’ennesimo flop.
Assume un valore simbolico che il portale italiano della Youth Guarantee (Garanzia Giovani), il programma europeo per favorire l’occupabilità e l’avvicinamento dei giovani al mercato del lavoro, sia divenuto operativo nella giornata dedicata al lavoro e a ridosso dati forniti dall’ISTAT sul drammatico tasso di disoccupazione giovanile ad oltre il 42%.
Il Consiglio dell’Unione europea con la Raccomandazione del 23 aprile 2013 aveva invitato tutti gli Stati membri ad assicurare che i giovani con meno di 25 anni, iscritti o meno ai servizi per l’impiego, possano ottenere un’offerta qualitativamente valida di lavoro, proseguimento degli studi, apprendistato, tirocinio o altra misura di formazione, entro 4 mesi dall’uscita dal sistema di istruzione formale o dall’inizio della disoccupazione.
Stante il basso tasso di occupazione nazionale in questa fascia di età, il Governo italiano nell’approvare il Piano Nazionale di Azione per l’implementazione della Garanzia ha ritenuto opportuno estendere la Garanzia fino ai 29 anni ad eccezione della Provincia di Bolzano, che presenta tassi di disoccupazione giovanile inferiore al 25%.
L’iniziativa è finanziata dal Fondo Sociale Europeo (FSE 2014-2020) e da Fondi nazionali. In tutta l’Unione europea, saranno circa 21 miliardi di euro all’anno i costi complessivi per la realizzazione del sistema di garanzia. Per l’Italia sono stati messi a disposizione ulteriori fondi perché, purtroppo, presenta un tasso di disoccupazione giovanile superiore al 25%, per complessivi 1,5 miliardi di euro (1 miliardo proveniente dal bilancio UE e 500 milioni dalle casse nazionali). Saranno le Regioni che gestiranno e coordineranno le risorse disponibili.
I cosiddetti Neet (persone che non studiano, non lavorano e che non stanno al momento seguendo alcun corso formativo) dovranno registrarsi sul sito o ad altri punti di contatto attivati dalle Regioni, comunque collegati in rete tra loro, scegliendo di fatto la Regione in cui intendono lavorare e dalla quale saranno presi “in carico” attraverso i Servizi per l’Impiego o le Agenzie private accreditate. Sportelli ad hoc saranno aperti anche presso gli Istituti di istruzione e formazione, e le Università, con l’obiettivo di rendere sistematiche le attività di orientamento al lavoro anche con il mondo dell’educazione.
Dopo la Registrazione, entro 60 giorni i giovani saranno contattati dalla Regione prescelta che li indirizzerà ad un Centro per l’impiego per un colloquio al fine di concordare un percorso personalizzato per l’inserimento lavorativo o di formazione professionale.
Entro 4 mesi dal momento dal colloquio, ai giovani tra i 15 e i 29 anni che presenteranno i requisiti verrà offerto un finanziamento diretto (bonus, voucher, ecc.) per accedere ad una gamma di possibili percorsi, tra cui: inserimento in un contratto di lavoro dipendente; avvio di un contratto di apprendistato o di un’esperienza di tirocinio; impegno nel servizio civile; formazione specifica professionalizzante; accompagnamento nell’avvio di una iniziativa imprenditoriale o di lavoro autonomo.
Ebbene, con circa 3 milioni di giovani, tra disoccupati e neet, secondo le notizie di stampa odierne, non sono neppure 10.000 le iscrizioni.
Su 20 Regioni, al momento solo 7 hanno firmato l’apposito strumento amministrativo della Convenzione con il Ministero del Lavoro, altre 5 dovrebbero ratificarla a breve, ma per le altre i tempi sono ancora lunghi. Nell’eventualità di ulteriori inadempienze da parte delle Regioni, sarà l’Agenzia Italia Lavoro ad intervenire.
C’è da osservare, inoltre, che la data del 1° maggio per l’avvio del Piano è successiva a quella prevista, dal momento che solo il 1° trimestre 2014 doveva essere utilizzato per la realizzazione della piattaforma tecnologica al fine di consentire la registrazione dei giovani al progetto. Di certo c’è tutto il tempo per recuperare, tuttavia con una situazione drammatica di disoccupazione giovanile qual è quella italiana, osservare che si spreca tempo e che la maggior parte del risorse rimangono bloccate dalla macchina burocratica non depone certamente a favore del nostro Paese.
Non casualmente l’ultimo Rapporto (Quaterly report on the euro area. April 2014) del Directorate General for Economic and Financial Affairs (ECFIN) della Commissione UE, indica che “Numerosi studi hanno collegato la scarsa produttività di un Paese alla qualità deteriorata delle sue Istituzioni e la qualità delle istituzioni, quale misurata dagli indicatori della Banca Mondiale, è stata davvero bassa nelle economie dell’Eurozona con scarsa produttività. Come sembra essere il caso dell’Italia”.