Governi e imprese hanno sottoscritto la Dichiarazione di New York sulle Foreste i cui impegni, se attuati, darebbero un grosso contributo alla riduzione delle emissioni climalteranti. Il vero nodo, comunque, rimane la repressione dell’importazione, del commercio e dell’utilizzo di legname illegale. Solo la settimana scorsa, il Governo italiano ha adottato definitivamente lo schema di D.Lgs di attuazione del relativo Regolamento europeo di contrasto alle importazioni illegali, dopo 18 mesi dalla sua entrata in vigore.
In occasione del Summit sul Clima di New York (23 settembre 2014) i Governi, le Imprese, le ONG e le popolazioni indigene hanno sottoscritto una Dichiarazione con cui si impegnano a dimezzare la perdita delle foreste e ripristinare 150 milioni di ettari di territori degradati e boschivi entro il 2020 e a porre fine alla deforestazione e a recuperare altri 200 milioni di ettari entro il 2030. Al contempo, tutti i 155 firmatari si sono impegnati a contribuire alla crescita economica, alla riduzione della povertà, al mantenimento del principio di legalità, alla sicurezza alimentare, alla resilienza del clima e alla conservazione della biodiversità.
Le foreste supportano fino all’80% della biodiversità terrestre e dai loro servizi ecosistemici dipendono più di 1,6 miliardi di persone per cibo, acqua, carburante, medicine, culture e mezzi di sussistenza tradizionali, ma soprattutto svolgono un ruolo fondamentale nella salvaguardia del clima, sequestrando in modo naturale il carbonio.
Eppure, ogni anno mediamente scompaiono 13 milioni di ettari di foreste, con effetti devastanti sulle comunità e sui popoli indigeni. Metà della superficie forestale viene convertita per produrre materie prime come soia, olio di palma, cellulosa per carta, carne di manzo, il resto è dovuto all’espansione urbana, alle trivellazioni per l’estrazione di petrolio e gas, alle coltivazioni minerarie, e ai tagli per legna da ardere.
Ora, con gli impegni assunti dovrebbero essere evitati da 4,5 a 8,8 miliardi di tonnellate di anidride carbonica all’anno, costituendo così una tappa importante del cammino verso il vertice UNFCCC di Parigi nel dicembre 2015, data prevista per un Accordo globale per il Clima.
“La Dichiarazione di New York mira a ridurre ogni anno l’inquinamento climatico più di quanto emettono gli Stati Uniti nello stesso periodo – ha affermato soddisfatto per il risultato richiesto e conseguito, il Segretario ONU Ban Ki-moon – Non solo, le foreste costituiscono anche una parte fondamentale della soluzione climatica. Le azioni approvate oggi ridurranno la povertà, miglioreranno la sicurezza alimentare, assicureranno lo stato di diritto, garantiranno i diritti delle popolazioni indigene e favoriranno le comunità di tutto il mondo”.
Forest Trends, una ONG che mette insieme produttori, fornitori, governi, comunità, associazioni per affrontare le sfide per la conservazione delle foreste e il mantenimento degli ecosistemi naturali, ha appena pubblicato (11 settembre 2014) uno Studio in cui si afferma che quasi la metà (49%) di tutta la recente deforestazione tropicale è il risultato della compensazione illegale per l’agricoltura commerciale, rivelando inoltre che circa la metà di questa distruzione illegale è stata trainata dalla domanda estera di materie prime agricole, tra cui l’olio di palma, carne di manzo, soia e prodotti in legno. Oltre agli impatti devastanti sulle persone che dipendono dalla foresta e della biodiversità, la conversione illegale delle foreste tropicali per l’agricoltura commerciale è stata stimata pari alla produzione di 1,47 miliardi di tonnellate di carbonio ogni anno, pari al 25% delle emissioni a base di combustibili fossili annuale dell’UE.
Nell’ottobre 2010 l’Unione Europea approvò il Regolamento (EU) 995/2010 per prevenire il commercio di legname illegale, noto come EU Timber Regulation (EUTR), che si applica al legno e a tutti i prodotti da esso derivati, inclusa la carta, obbligando le aziende che introducono in Europa prodotti a base di fibre di legno, l’adozione di un sistema interno di “Dovuta Diligenza”.
Entrato in vigore nel marzo 2013, solo la settimana scorsa il Governo italiano ha approvato definitivamente uno schema di decreto legislativo per la sua attuazione. In verità, c’era stata una precedente adozione del Consiglio dei Ministri del 16 maggio, ma non ebbe seguito.
Solo dopo che la Commissione UE pubblicava una Tabella riguardante le informazioni sullo stato di attuazione del Regolamento al 30 luglio 2014 da parte degli Stati membri, vuoi per non fare una brutta figura nel corso della Presidenza italiana dell’UE rispetto ai 17 Paesi che l’avevano già implementata, vuoi per non incorrere in procedimenti di infrazione, l’iter legislativo si è finalmente sbloccato.
Rimane, comunque, l’incertezza in merito alle sanzioni che dovrebbero essere “efficaci, proporzionate e dissuasive”, come prevede la normativa europea e non limitarsi a semplici sanzioni amministrative. Verifica di conformità al testo del Regolamento che potrà essere effettuata solo dopo il via libera definitivo del Parlamento.
Comunque, riportiamo gli impegni previsti dalla Dichiarazione di New York sulle Foreste, sottoscritti anche dall’Italia.
– Dimezzare almeno il tasso di perdita delle foreste naturali a livello globale entro il 2020 e sforzarsi di porre fine alla perdita delle foreste naturali entro il 2030.
– Sostenere e contribuire a soddisfare l’obiettivo del settore privato di eliminare la deforestazione dalla produzione di prodotti agricoli di base come l’olio di palma, soia, carta e prodotti di carne bovina entro e non oltre il 2020, riconoscendo che molte aziende hanno anche obiettivi più ambiziosi.
– Ridurre significativamente la deforestazione derivante dagli altri settori economici entro il 2020.
– Supportare le alternative alla deforestazione guidate dai bisogni fondamentali (come l’agricoltura di sussistenza e la dipendenza dal legname combustibile per l’energia), in modo da alleviare la povertà e promuovere lo sviluppo sostenibile ed equo.
– Ripristinare 150 milioni di ettari di paesaggi degradati e di terreni boschivi al 2020 e aumentare significativamente in seguito il tasso di recupero, con il ripristino di almeno ulteriori 200 milioni di ettari entro il 2030.
– Includere ambiziosi obiettivi quantitativi conservazione delle foreste e recupero per il 2030 nel quadro dello sviluppo globale post-2015, come parte di nuovi obiettivi internazionali di sviluppo sostenibile.
– Accordo nel 2015 per ridurre le emissioni da deforestazione e degrado delle foreste nel quadro di un accordo globale sul clima post-2020, in conformità delle norme concordate a livello internazionale e in linea con l’obiettivo di non superare i 2 °C il riscaldamento.
– Fornire supporto allo sviluppo e all’attuazione di strategie per ridurre le emissioni delle foreste.
– Premiare i Paesi e e le amministrazioni che, agendo, riducono le emissioni, in particolare quelle forestali attraverso politiche pubbliche e pagamenti scale-up per riduzioni verificate delle emissioni e dell’approvvigionamento del settore privato nelle commodities.
– Rafforzare la governance, la trasparenza e lo stato di diritto nel settore forestale, ma potenziare il riconoscimento dei diritti delle comunità e dei popoli indigeni, in particolare di quelli relativi alle loro terre e risorse.