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Individuata la faglia sorgente del terremoto del 24 agosto 2016

Individuata la faglia sorgente del terremoto del 24 agosto 2016

I rilevamenti satellitari hanno permesso ai ricercatori del CNR e dell’INGV di mappare i movimenti del suolo (abbassamento a forma di cucchiaio di circa 20 cm e spostamento Est-Ovest di 16 cm) e di localizzare il piano di frattura (circa 25 km) che si immerge a pochi chilometri di profondità tra Norcia e Amatrice, dati fondamentali per il Dipartimento della Protezione Civile al fine di gestire efficacemente l’emergenza post-terremoto e redigere mappe di pericolosità sismica.

Il meccanismo all’origine del terremoto di magnitudo 6, che ha colpito l’Italia centrale alle 03:36 del 24 agosto 2016 con numerose repliche in una zona di circa 30 chilometri compresa fra Lazio, Marche e Umbria, è lo “stiramento” dell’Appennino, ovvero il processo di estensione da Est a Ovest.
La Rete Sismica Nazionale dell’INGV ha localizzato dall’inizio della sequenza al 28 agosto complessivamente 2.002 eventi: 121 i terremoti di magnitudo compresa tra 3.0 e 4.0, 12 quelli localizzati di magnitudo compresa tra 4.0 e 5.0 ed uno di magnitudo maggiore di 5.0.

Il tipo di movimento osservato dai dati sismici indica una faglia estensionale, simile a quella all’origine dei terremoti più recenti e vicini, ossia quello de L’Aquila del 2009 e quello di Colfiorito del 1997 – ha dichiarato all’ANSA il sismologo Alessandro Amato, dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) – In sostanza, la parte adriatica e la parte tirrenica si allontanano lentamente, a causa di rotazione di blocchi geologici, con una velocità di 3,4,5 millimetri per anno, che è una cosa piccola ma in realtà se ragioniamo in tempi geologici dopo cento o duecento anni i millimetri son diventati dei metri. Questo significa che c’è abbastanza energia, lungo le faglie che abbiamo in Appennino, per farle muovere. Le faglie resistono fino a che possono e poi devono sbloccarsi, scattano e fanno un terremoto“.

Nell’emergenza post terremoto il Dipartimento della Protezione Civile, fin dalle primissime ore dopo il sisma, ha attivato i suoi centri di competenza nei settori della sismologia e dell’elaborazione dei dati radar satellitari – Consiglio Nazionale delle Ricerche – Istituto per il Rilevamento Elettromagnetico dell’Ambiente di Napoli (CNR-IREA) e dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) – per un’analisi di dati satellitari volta alla misura dei movimenti del suolo innescati dalle scosse ed allo studio delle sorgenti sismiche.
Utilizzando i dati del satellite giapponese ALOS 2, ottenuti tramite progetti scientifici, un team di ricercatori di CNR e INGV ha misurato con alta precisione i movimenti permanenti del suolo originati durante il terremoto, utilizzando la tecnica dell’Interferometria Differenziale – ha spiegato Riccardo Lanari, Direttore del CNR-IREA – Essa consente, confrontando immagini radar acquisite prima dell’evento con immagini successive al sisma, di rilevare deformazioni della superficie del suolo con accuratezza centimetrica. In particolare, è stato evidenziato un abbassamento del suolo a forma di cucchiaio che si estende per circa 20 Km in direzione Nord ed ha un valore massimo di circa 20 centimetri in corrispondenza dell’area di Accumoli”.
Successivamente, combinando le informazioni ottenute dalle immagini acquisite dai due satelliti Sentinel del Programma europeo Copernicus, uno con orbita ascendente, l’altro discendente tra i due poli della Terra, Nord e Sud, è stato possibile rilevare anche la componente orizzontale della deformazione del suolo, nella direzione Est-Ovest fino a 16 cm.
A seconda dell’apertura, della direzione e e dello spostamento della faglia, sono stati misurati gli spostamenti orizzontali – ha spiegato il Lanari – Ad esempio, nella zona di Accumoli, vicina all’epicentro del sisma è stata calcolata una decina di centimetri di spostamento verso est“.

La mappa dei movimenti del suolo è stata poi utilizzata per sviluppare dei modelli fisico-matematici della faglia che ha originato il terremoto. Le faglie possono essere visualizzate come dei piani di frattura lungo i quali si ha lo scorrimento dei due blocchi di crosta terrestre: quando il movimento è molto rapido si genera un terremoto.
La faglia sorgente del terremoto di Amatrice si colloca a pochi chilometri di profondità nella zona compresa tra Amatrice e Norcia, passando sotto Accumuli. Si tratta di un piano di frattura lungo circa 25 km che si immerge verso sud ovest (verso Rieti) con una inclinazione di 50°.  Tale piano corrisponde ad una faglia in parte già nota da studi geologici di superficie – ha precisato Stefano Salvi dell’INGV – La conoscenza di dettaglio della posizione e delle caratteristiche delle sorgenti sismiche è un elemento fondamentale per la gestione dell’emergenza ed è importante anche per la redazione di mappe di pericolosità sismica sempre più affidabili”.

Localizzazione preliminare del piano di faglia che ha generato il terremoto di Amatrice. Il rettangolo rappresenta la proiezione in superficie del piano di frattura, i colori indicano la quantità di scorrimento avvenuto durante la frattura (valori in metri). Sono mostrati anche i due eventi maggiori della sequenza al 25/8 (pentagoni rossi) e tutte le repliche fino al 25/8 (cerchi bianchi).

L’obiettivo del Dipartimento della Protezione Civile, durante un’emergenza sismica, è quello di ottenere in tempi brevi un quadro sinottico delle deformazioni e degli spostamenti del suolo causati dal sisma nell’area epicentrale. Questi risultati, ha sottolineato il Comunicato stampa congiunto CNR-DPC-INGV, sono frutto della lunga e consolidata collaborazione promossa dal Dipartimento tra i propri Centri di Competenza – in questo caso CNR-IREA e INGV. Sulla base delle loro competenze, questi centri supportano il DPC nell’utilizzo dei dati e delle informazioni satellitari e nella loro integrazione con i dati in situ; quest’attività ha permesso lo sviluppo di prodotti, metodi e procedure che hanno migliorato le capacità del sistema nazionale di allertamento e di risposta all’emergenza. I risultati da questo primo monitoraggio interferometrico sono disponibili per l’intero Sistema Nazionale di Protezione Civile attraverso il Dipartimento della Protezione Civile, impegnato nel coordinamento della gestione dell’emergenza.

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