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L’influenza umana sugli eventi meteorologici estremi

influenza umana sugli eventi meteorologici estremi

La devastazione della città di Mocoa in Colombia a seguito dell’anomala intensità delle piogge che si sono riversate sulla regione andina settentrionale è solo l’ultimo di una serie di condizioni climatiche estreme che si sono verificate negli ultimi 4 decenni e che, secondo uno Studio appena pubblicato, sarebbero correlate a situazioni di stallo delle correnti a getto per effetto dei cambiamenti climatici in atto.

Mocoa, nel Dipartimento di Putumayo nel sud della Colombia, al confine con l’Ecuador e il Perù è stata devastata nella notte tra il 31 marzo e il 1° aprile 2017 da una valanga di fango, dopo che l’omonimo fiume che lambisce la città di 42.000 abitanti e due suoi affluenti sono straripati per effetto delle piogge intense che si sono riversate sull’area nei giorni precedenti e che nella sera di venerdì 31 marzo hanno raggiunto un picco di 130 mm.
Nei giorni precedenti le piogge torrenziali avevano colpito il Perù, causando quasi 100 morti.
Secondo i meteorologi le precipitazioni, eccezionali in questo periodo, dovute all’insorgenza anomala del fenomeno El Niño sulle coste del Pacifico Centro-occidentale, che ha determinato questa nuova “catastrofe della natura e dei cambiamenti climatici” come l’ha definita il Presidente della Colombia, Juan Manuel Santos, provocando oltre 250 vittime, ma sono altrettanti i dispersi, tra cui due italiani, per cui c’è da attendersi che il numero dei morti si avvicinerà a 500.

Gli eventi meteorologici estremi si verificano sempre più spesso, ma ora un gruppo di ricercatori della Penn State University e del PIK (Istituto di Potsdam per la ricerca sull’impatto climatico) hanno trovato una loro connessione con l’impatto che i cambiamenti climatici stanno determinando sulle correnti a getto, quella circolazione longitudinale dell’atmosfera che si verifica tra 8-12 km. di altezza e la cui velocità è determinata dal gradiente termico ovvero dalle differenze di temperature tra le arre tropicali e quelle polari.

Lo studio “Influence of Anthropogenic Climate Change on Planetary Wave Resonance and Extreme Weather Events“, pubblicato il 27 marzo 2017 su “Scientific Reports“, dopo aver esaminato oltre 50 modelli climatici di tutto il mondo, analizzando le condizioni climatiche e meteorologiche di una serie di recente formazione di eventi meteorologici estremi, “Siamo ora in grado di coglierne le connessioni con i cambiamenti climatici indotti dall’uomo“, come ha affermato Michael Mann dell’Università di Pennsylvania e principale autore dello studio.

Secondo i ricercatori, le situazioni in cui si verificano e persistono le condizioni meteorologiche estreme sono determinate da una posizione di blocco delle correnti a getto, la grande circolazione globale dell’atmosfera determinata dalle differenze di temperatura tra l’equatore ed i poli.
Se lo stesso tempo meteorologico persiste per settimane in una regione – ha spiegato Stefan Rahmstorf, del PIK e uno dei co-autori dello studio – le giornate di sole possono trasformarsi in un grave ondata di caldo e di siccità, o le piogge possono provocare inondazioni“.

Poiché la regione artica si sta riscaldando più rapidamente rispetto ad altre, questa differenza di temperatura è in diminuzione. Inoltre, le masse continentali si stanno riscaldando più rapidamente degli oceani, soprattutto in estate.

Le simulazioni hanno mostrato che l’effetto combinato di questi fenomeni fa sì che le correnti d’aria che spostano le aree cicloniche e anticicloniche (le aree di alta e bassa pressione) finiscano in stallo.
Anche le rilevazioni effettuate con i satelliti avrebbero confermato tali conclusioni, per cui i dati di cui si dispone non sono in grado di coprire un arco temporale tale da offrire una valida controprova, comunque c’è da osservare che gli effetti correlati allo stallo delle correnti a getto si sono verificati negli ultimi 40 anni .
Le ondate di calore in Europa nel 2003, le inondazioni in Pakistan e le temperature eccezionalmente elevate in Russia nel 2010, l’estate torrida nel Texas del 2011 sarebbero da ricondurre, secondo i ricercatori, non solo dall’effetto diretto del riscaldamento globale, ma da queste situazioni di stallo delle correnti a getto.
Attualmente abbiamo osservato solo simulazioni storiche – ha concluso Mann – La prossima fase è di proiettare le simulazioni modellistiche sul futuro per vedere quel che ci potrebbe riservare per quanto concerne l’eventuale aumento delle condizioni meteorologiche estreme“.

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