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EUROSTAT: diminuisce consumo energia aumenta dipendenza dalle fossili

EUROSTAT diminuisce consumo energia

Con un Comunicato del 20 febbraio 2017 l’Ufficio Statistico dell’Unione europea (EUROSTAT) ha reso noto il consumo interno lordo di energia, che corrisponde alla quantità di energia necessaria per soddisfare l’insieme dei consumi interni nell’UE, riferito al 2015.

Dai dati riportati emerge l’aumento dell’incidenza dell’importazione di combustibili fossili nell’UE che soddisfa il 73% della domanda, a fronte di consumo di 1.626 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (Mtep), il 2,5% in meno rispetto ai consumi del 1990, quando però le importazioni pesavano per il 53%: “in altre parole, mentre nel 1990 per ogni tonnellata di fossili importata se ne produceva una in Europa, nel 2015, il rapporto è stato di 3:1“.

Ha un bel dire il Commissario UE di Azione per il Clima e l’Energia, Miguel Arias Cañete che twittando il Comunicato ha sintetizzato che ne conseguono due notizie: una buona, costituita dalla riduzione dei consumi; l’altra cattiva, determinata dall’aumento di dipendenza dalle fonti fossili.
Nelle Marche abbiamo un detto: “Tant’èssma e tant’ fossma, mort babb
nat’ n vitell
” ovvero “Tanti eravamo e tanti siamo, è morto il babbo ma è nato un vitello“.
Le statistiche quali quelle rilasciate da EUROSTAT mettono in evidenza che l’UE negli ultimi decenni è riuscita a produrre di più con meno (decoupling), ma gli sforzi per decarbonizzare i sistemi energetici e i trasporti sono troppo lenti e di questo passo non permetteranno di tenere sotto controllo il riscaldamento globale e i cambiamenti climatici.

È vero che la riduzione delle emissioni ha raggiunto il 22% rispetto ai livelli del 1990, prima di quanto previsto, e che la quota delle rinnovabili ha raggiunto il 16% con buone prospettive di raggiungere il target del 20% al 2020, ma il percorso ad ogni anno che passa è sempre più in salita e raggiungere il 40 % di riduzione delle emissioni al 2030 non sarà agevoleL’UE dovrà muoversi molto più rapidamente di quanto non abbia in passato per implementare sistemi energetici nazionali a basse emissioni, al fine di evitare ulteriori la destabilizzazione climatica, e l’aumento delle importazioni di combustibili fossili costituisce un motivo in più per accelerare su sistemi nazionali di energia pulita, spingendo al contempo sull’efficienza energetica del patrimonio edilizio e sulla decarbonizzazione dei trasporti.

La Danimarca è il Paese europeo che ha fatto, in tal senso, i maggiori progressi per ridurre le importazioni di fonti fossili (4%), grazie soprattutto all’introduzione di grandi impianti eolici e all’attenzione prestata al’efficienza energetica delle abitazioni, mentre la maggior parte degli Stati membri dell’UE ha visto aumentare la propria dipendenza tra il 1990 e il 2015. Questo è stato in particolare il caso del Regno Unito (da un tasso di dipendenza del 2% nel 1990 al 43% per cento nel 2015), dei Paesi Bassi (dal 22% al 56%), Polonia (dall’1% al 32%) e della Repubblica Ceca (dal 17% al 46%). L’Italia, pur avendo diminuito progressivamente l’uso di carbone, gas e petrolio nel mix, ha aumentato, la sua dipendenza dall’import, passando dall’88% al 91% del 2015.

Il Paese che consuma più energia è Germania (19%), ma è anche tra i leader nell’uso delle energie rinnovabili, seguita da Francia (16%), Regno Unito (12%) e Italia (10%). Hanno dato un forte taglio alla domanda di energia gli Stati baltici (Lituania, Estonia, Lettonia), al contrario, i maggiori incrementi sono stati registrati a Cipro, in Irlanda, Spagna e Austria. Ci sono, poi, 3 Paesi dove la maggior parte dell’energia consumata è a zero emissioni: Svezia (70%), Finlandia (54% ) e Francia (51%).

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